E' uno dei capolavori di Annibale Ruccello, uno fra i migliori autori italiani contemporanei. E' la storia grottesca e tragicomica di un travestito imprigionato in un quartiere ghetto abitato solo da travestiti che vivono in un clima di paura per un maniaco omicida. Jennifer è oppressa da continue interferenze telefoniche, da una radio che non si spegne mai e dalle incursioni di un altro omosessuale che potrebbe essere il suo potenziale assassino. E' un thriller "en travesti", uno dei capolavori di un autore di "culto" scomparso a solo 30 anni, è un piccolo gioiello di scrittura nella nuova versione creata dal Teatro Stabile di Calabria.
Nel ruolo di Jennifer l'impegnata prova d'attore di Geppy Gleijeses, in quello di Anna, Gennaro Cannavacciuolo (indimenticabile protagonista di Cabaret, Il bacio della donna ragno, Le notti di Cabiria).
Annibale Ruccello è stato tra i protagonisti di una fervida stagione di rinascita e di rinnovamento della drammaturgia italiana che lo ha visto affacciarsi sulla scena, alla soglia degli anni ottanta, con una intensa attività di regista, autore e attore: a Napoli principalmente ma poi, confortato da improvvisi consensi, nel panorama nazionale.
Un'attività stroncata sul nascere da un tragico incidente che a Ruccello costò la vita e che giunse proprio all'inizio di tali riconoscimenti nazionali faticosamente conquistati dall'autore napoletano.
Quando scomparve nel 1986, all'età di trent'anni, Ruccello era un autore "emergente", segnalato da un premio IDI per il suo testo "Ferdinando" che aveva da poco debuttato a Napoli con vasta eco sulla stampa e una calorosissima accoglienza. Dopo i primi incerti passi nei teatrini napoletani, dal Na Babele Theatre al Sancarluccio, dopo le precarie produzioni fatte per la cooperativa Il Carro, di cui era fondatore e animatore, Ruccello era riuscito a conquistare un clamoroso successo, e proprio in quei giorni, alla vigilia della morte, piovevano su di lui offerte di lavoro, richieste di regie e testi, e il delinearsi di numerosi progetti: la collaborazione con il Teatro Nuovo di Napoli con cui formare un centro di produzione napoletano dedicato alla ricerca e ala drammaturgia; la regia di "La fiaccola sotto il moggio" di Gabriele D'Annunzio per il Teatro popolare di Roma e, inoltre, collaborazioni con altri registi, con attori, produttori, compagnie.
Era iniziato per Ruccello un meritato periodo di fortuna e il giovane autore cominciava già a preoccuparsi della gestione di una svolta così positiva senza perderne in identità. A Napoli era già ampiamente conosciuto. Aveva conquistato la critica locale con "Le cinque rose di Jennifer", da lui scritto, diretto e interpretato nel 1980 in un piccolo teatro della città. Abbiamo un travestito, un transessuale che indossa abiti femminili, che si atteggia a donna fatale, che ascolta le canzoni di Mina e Patty Pravo e che, ingombro di pseudo-cultura, insegue disperatamente un suo misero sogno d'amore: la telefonata di un certo Franco.
Nel frattempo la radio ci avverte, alternando brani di canzoni e messaggi con dediche ad avvisi sul maniaco omicida del quartiere, che vi è realmente nel luogo una situazione di pericolo. La signorina che arriva (e che nella messa in scena era interpretata da un altro attore, Francesco Silvestri) potrebbe essere l'omicida camuffato da vicino di casa. Come in un labirintico incubo, anche la signorina ha paura di qualcosa e ha ricevuto strani segnali di morte: la sua gatta trovata sgozzata sul tavolo.
Arrivano anche continue telefonate che accrescono ulteriormente l'ansia, sia per la 'telefonata' che Jennifer aspetta, sia per il clima di interferenza continua, di violazione della privacy vissuto nel quartiere. Sono il caos e il disordine che interferiscono con il delirio amoroso. Ma quando la signorina andrà via, quando sarà giunto l'ultimo messaggio della radio, Jennifer punta contro di sé una pistola e si uccide, così come l'avrebbe uccisa il vero - o presunto - maniaco. Giungiamo ben presto alla conclusione che l'intero percorso del dramma è fittizio e illusorio, che il fuori è alterato dalla visione e dal delirio della protagonista, che forse nessuna signorina è mai esistita, come nessun maniaco, che il malessere interiore è suscitatore del dramma, e che la radio è soltanto uno strumento della narrazione.
Annibale Ruccello nasce a Castellammare di Stabia nel 1956.
Nel '78 da' vita alla Cooperativa Il Carro con la quale mette in scena numerosi testi. Si segnala nell'80 con Le cinque rose di Jennifer, di cui e' anche interprete, e che riscuote molto successo sulle scene napoletane. Nell'83 mette in scena Notturno di donna con ospiti, e nell'85 Week-end, testi che insieme rappresentano una trilogia. Nell'85 vince il Premio Idi con Ferdinando. Ultimo suo lavoro e' Piccole tragedie minimali, monologo con il quale partecipa al Festival di Montalcino nell'86, anno della sua morte per un terribile incidente stradale (12 settembre).
Poco prima della sua scomparsa, Ruccello stava curando la regia de La fiaccola sotto il moggio di Gabriele D'Annunzio per il Teatro Popolare di Roma e stava inoltre lavorando alla fusione della sua Cooperativa con il Teatro Nuovo di Napoli, allo scopo di dar vita ad un Centro di Produzione napoletano.