FIRENZE- Anche in Toscana si fa sempre più nutrito l’esercito degli atipici. Una ricerca della Regione stima che lavoro part-time, lavoro a tempo determinato, contratti di formazione-lavoro, apprendistato, lavoro interinale, parasubordinato, collaborazioni, tirocinii, borse di lavoro diano lavoro, complessivamente, nella nostra regione, qualcosa come 220-230.000 persone. Nell’universo delle professioni che gli esperti hanno battezzato come atipiche, i curatori della ricerca hanno compreso tutte quelle forme di lavoro che si allontanano dal contratto di lavoro dipendente a tempo pieno o dal lavoro autonomo nelle sue componenti tradizionali.
Ne risulta un quadro estremamente composito, sul quale non è ancora facile avere dati articolati, tali da consentire un’analisi più appronfondita. Resta il fatto che il lavoro cosiddetto atipico continua ad essere caratterizzato da una evoluzione normativa rapidissima che provoca, di anno in anno, ondate mutevoli di ricorso a differenti strumenti. Facendo riferimento ai dati disponibili, la Toscana sembra emergere particolarmente in alcuni settori piuttosto che in altri. Per avere un parametro di riferimento si ricorda che la Toscana incide sul livello nazionale degli occupati per un 6,7 per cento.
Fra le forme di lavoro atipico più utilizzate troviamo, in primo luogo, l’apprendistato (12,3 % del totale nazionale), forma che si attaglia particolarmente alla tradizionale struttura manifatturiera ad alta concentrazione artigiana come la Toscana. Più presente della media nazionale anche il lavoro parasubordinato (le collaborazioni di persone non iscritte ad albi professionali) con il 7,9 per cento del totale e il part-time (7,8 5 %). Elevata anche la quota di part-time (7,8%), in particolare di quello femminile (8,5 per cento), fenomeno probabilmente legato, secondo i curatori, a un maggiore tasso di attività femminile, a una maggiore presenza di attività terziarie che assorbono più part-time rispetto all’industria, nonché alla piccola dimensione delle imprese.
Meno diffuse, rispetto alla media nazionale, altre forme di lavoro atipico come il lavoro temporaneo (5,3%), il part-time maschile (5,9%), gli avviamenti con contratto di formazione-lavoro (6%). Da sottolineare che questo quadro configura una realtà del mercato del lavoro migliore della media nazionale, dove le forme di flessibilità più precarie ed emarginanti appaiono in misura minima. In attesa di avere dati e rilevazioni più adeguate ad inquadrare un fenomeno nuovo e in continua evoluzione, la ricerca ipotizza qualche numero: circa 95.000 dipendenti part-time (di cui 25-30.000 a tempo determinato e circa 60.000 a tempo indeterminato).
Gli apprendisti sono invece 53.000 (fonte Ministero, 1999), mentre i contratti di formazione lavoro sono 13.000. Più modesta (circa 5.000 persone) l’incidenza numerica di borse di lavoro, tirocinii e piani di inserimento professionale. In totale si raggiunge una quota di circa 100.000 atipici dipendenti, cui vanno aggiunti i 65.000 part-time e circa 70.000 parasubordinati, per un totale di 220-230.000 lavoratori atipici. “I dati dimostrano che la flessibilità è ormai una realtà anche nel mercato del lavoro toscano - commenta l’assessore all’istruzione, formazione e lavoro Paolo Benesperi - e che questa flessibilità, che consente al mercato di adattarsi alla struttura del sistema economico regionale, ha permesso anche l’aumento dell’occupazione nella misura consistente cui, nella nostra regione, si assiste dal 1999.
Naturalmente occorre dare ai lavoratori atipici gli strumenti, in particolare la formazione professionale per avere più diritti e più competenze. Per questo la Regione, oltre a portare avanti le proprie azioni, del resto già sperimentate (si pensi alla formazione generale esterna per gli apprendisti), sarà interlocutore propositivo di governo e parlamento”. (bc)