“L’uranio impoverito -spiega a NOVE il Professor Regge- è meno radioattivo di quello naturale perché è privo di radio e di altri prodotti di decadimento e non interessa più l’industria nucleare, inoltre emette raggi alfa che hanno uno scarsissimo potere di penetrazione. L’uranio depleto dell’isotopo U-235 è ancora meno radioattivo rispetto a quello naturale, ma per il suo alto peso specifico lo fa utilizzare al posto del piombo nei proiettili e come zavorra nelle chiglie delle imbarcazioni.
L’uranio è pericoloso più come tossico chimico che per la sua radioattività”.
L’industria nucleare estrae l’isotopo fissile U-235 dal metallo naturale che alimenta i reattori. L’uranio impoverito infatti ha una radioattività pari al 50% rispetto all’uranio naturale e ha una densità pari a 1.7 volte a quella del piombo, bruciando nell’impatto. I proiettili all’uranio impoverito possono penetrare corazze altrimenti impenetrabili e furono usati per la prima volta nella Guerra del Golfo.
I veterani della NATO, che hanno operato in Kosovo nel 1999, hanno raggiunto insoliti livelli della malattia e 17 di loro sono morti di leucemia. I sospetti sono concentrati sull’uranio impoverito che gli Stati Uniti hanno utilizzato nella fabbricazione di armi anti-carro. La NATO, gli US e la Gran Bretagna hanno affermato che l’uranio impiegato allora era innocuo. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, lo scorso mese ha reso noto che dei 33 soldati esposti alle esplosioni dell’uranio impoverito soltanto 15 di essi avevano nei loro corpi schegge di granata e inoltre avevano nelle loro urine quantità non trascurabili di uranio, ma nonostante tutto non avevano problemi di salute.
In ogni caso la pericolosa contaminazione non poteva essere evidenziata dalle urine, occorreva un’analisi chimica dei linfonodi dei membri delle forze armate che morirono, ma non sono state fatte autopsie. “Nessuna vittima chimica - sottolinea il Professor Regge- è stata finora identificata e neppure ci si è posto il problema. Oltre alle leucemie la radioattività provoca anche tumori solidi di altra natura e non segnalati. La leucemia può essere causata da inalazioni di idrocarburi aromatici o anche da virus.
Le cause di circa il 40% dei tumori sotto del tutto ignote e potrebbero nascondersi sotto mentite spoglie. Inoltre la leucemia indotta da radiazione ha un lungo periodo di latenza in contrasto con il sorgere immediato della malattia nei casi considerati”.
Il Professor Gianni Fochi, chimico alla Scuola Normale Superiore di Pisa, sostiene che: “Sembra difficile che uranio in dose significativa sia stato respirato da chi è giunto sul posto un bel po’ di tempo dopo l’impatto dei proiettili che lo contenevano.
Le polveri di questo elemento e dei suoi composti sono molto pesanti e finiscono nel suolo. Inoltre le conoscenze accumulate in molti anni, su chi, per motivi professionali, con l’uranio è stato in contatto prolungato, o anche breve ma intenso in seguito a vari incidenti, potrebbero semmai fargli attribuire altre patologie, non leucemie o linfomi ... Ma anche altre sostanze sono sospettabili, perché spesso usate dai militari - magari quando è difficile seguire la cautela ordinaria - o comunque verosimilmente presenti nel teatro delle operazioni e sicuramente più rischiose dell’uranio: residui e prodotti di decomposizione d’esplosivi, carburanti, solventi (compreso il benzene, notoriamente causa di leucemie), vernici, insetticidi e composti difficilmente precisabili, finiti nell’aria - questi ultimi - dalle aziende chimiche bombardate”.
Il crescente allarmismo causato dai media ha confuso parecchio le idee dei lettori.
“La lista - continua il Professor Regge- è stata raddoppiata includendo decessi di militari che non sono mai stati in Bosnia.
Alcune di queste vittime avrebbero inalato polveri di uranio prodotte dall’esplosione dei proiettili e altre invece sarebbero semplicemente entrate nei locali dove venivano custodite le munizioni”. Gli aeroplani A-10 “Worthog” hanno sparato in Kosovo circa 31.000 munizioni contenenti 8.4 tonnellate di uranio. La vicenda dei militari italiani in Kosovo ha innescato la miccia delle polemiche riguardanti la pericolosità dell’uranio impoverito e il livello di informazione che di questi rischi è stata (o non è stata) fatta dalle autorità militari impegnate nella guerra del Kosovo.
Sulla pericolosità dell’uranio impoverito non c’è concordia nel mondo scientifico semplicemente perché non esiste ancora uno studio epidemiologico sistematico sull’essere umano che possa dimostrarne la tossicità. Le patologie che si riscontrano a breve termine possono essere: nausea, indebolimento e diarrea. Quelle a lungo termine possono invece essere: danni ai reni o al fegato, cancro osseo, leucemia, decadimento dei tessuti, anemia, danni genetici, sterilità e difetti neonatali. Sulle vicende del Kosovo occorrevano più trasparenza e una migliore valutazione perché una guerra non dura in eterno e perché non si può più affidare alla scienza la risoluzione di ogni problema.
[R.
A.]