Inaugurata nella Sala D’Arme di Palazzo Vecchio la mostra ‘Vedute e paesaggi italiani dell’800’, organizzata dall’assessorato alla cultura in collaborazione con il ‘Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari’, e ‘Federico Motta Editore’.
All’inaugurazione era presente l’assessore alla cultura Simone Siliani, il presidente degli Alinari, Claudio de Polo e Virginio Motta, presidente della Casa editrice.
La mostra sarà aperta tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 19.00 fino al 16 aprile.
Il Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari e Federico Motta Editore in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Firenze presentano, in prima nazionale a Firenze presso la Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, la mostra “Vedute e paesaggi italiani dell’800” a cura di Diego Mormorio.
Subito dopo l’invenzione della fotografia, un numero considerevole di fotografi stranieri si spinse in Italia e, insieme ad altri colleghi italiani, prese d’assalto quelle che erano le tappe fondamentali del Grand Tour. Antichi ruderi, chiese, piazze e palazzi vennero così fissati dalla fotografia, che si fece testimonianza inequivocabile di quella bellezza italiana raccontata da molti viaggiatori e descritta da pittori e acquafortisti.
Attraverso queste immagini l’Italia conquistò a sé nuovi ammiratori e cominciò ad esser maggiormente nota agli occhi degli stessi italiani.
Per buona parte dell’Ottocento, infatti, l’Italia rimase ignota a gran parte dei suoi abitanti. Lo si vide in modo emblematico, nel 1860, in occasione dello sbarco di Garibaldi a Marsala. In seguito alla trionfale avanzata dell’esercito garibaldino, cominciò a circolare una considerevole serie di litografie che rappresentavano i momenti salienti della spedizione dei Mille e che erano realizzate da famosi litografi che non avevano conoscenza diretta dei luoghi descritti e, dunque, basandosi sul fatto che la Sicilia è una regione eminentemente montuosa, credettero verosimile che il porto di Marsala fosse circondato dalle montagne.
Sicché la città dello sbarco, situata tra il mare e l’estesa Piana di Mazara, nell’immaginario collettivo italiano divenne simile a una città del litorale ligure. In realtà, intorno alla metà dell’Ottocento, molti tedeschi, francesi ed inglesi conoscevano alcuni luoghi d’Italia – e fra essi quelli in cui avvenne lo sbarco dei Mille – assai meglio degli italiani. Diversi fotografi vedutisti che operarono in Italia nell’Ottocento, divenendo con le loro immagini ricchi e famosi, erano stranieri che avevano scelto di vivere in Italia, come Maurizio Lotze, Giorgio Sommer, Edmondo Behles, Alfredo Noack, Robert Rive, James Anderson e Robert Macpherson.
Quest’ultimo, oggi considerato uno dei più grandi fotografi paesaggisti in assoluto, si avvicina alla fotografia nel 1851, casualmente, a trentasei anni, quando un suo amico venne in visita a Roma con una macchina fotografica. Subito dopo i primi tentativi MacPherson capì che quello era lo strumento col quale avrebbe potuto cogliere quella bellezza che lo aveva trattenuto nella città. Usando lastre di grande formato (40x45 e 45,5x56), MacPherson riusciva quasi sempre a scegliere l’inquadratura e la condizione di luce ideali, che gli permettevano di realizzare delle vedute in cui veniva a cristallizzarsi tutta la bellezza dei luoghi.
Un successo analogo ebbero fra i fotografi italiani solo le immagini dei Fratelli Alinari, che giunse subito alla notorietà internazionale attraverso cinque vedute di Pisa e Firenze, riprese nel 1850 e inserite, l’anno dopo, fra le 255 tavole del volume Italie monumentale di Eugene Piot, archeologo e amico di Théophile Gautier. Accanto alle fotografie di Robert Macpherson e ai primi rari esemplari della produzione Alinari, la mostra presenta bellissime fotografie degli altri autori già citati, nonché molte immagini di autori italiani che furono fra i principali artefici della fotografia del primo periodo, come Giacomo Caneva, Tommaso Cuccioni, Giacchino Altobelli, Giacomo Brogi, Pompeo Molins, Carlo Naya, Antonio Fortunato Perini, Ludovico Tuminello e Enrico Verzaschi.
Ne risulta un quadro affascinante: di paesaggi naturali, di piazze e monumenti che, grazie anche ai richiami letterari che il curatore Diego Mormorio propone nel libro-catalogo che accompagna la mostra, ci restituiscono l’irripetibile suggestione di un’epoca, in cui lusso, povertà e bellezza convivevano.