RELAZIONE ALLA PROPOSTA DI DELIBERAZIONE N. C.C.1548
"Ringraziamenti
La delibera che oggi porto alla vostra attenzione di consiglieri, è il frutto di oltre tre mesi di lavoro di una pluralità di soggetti, i cui contributi sono rinvenibili nei diversi passaggi dell’articolato proposto. Voglio ringraziare anzitutto il collega Giacomo Billi, che insieme a me vi presenta la delibera, i consiglieri comunali che hanno contribuito a questo lavoro, l’Azienda, con il suo management, il suo consiglio di amministrazione ed i suoi dipendenti, così come i rappresentanti dei lavoratori, dei pensionati, dei consumatori, i funzionari e i dirigenti e i consulenti coinvolti, i rappresentanti delle associazioni di categoria, le forze sociali e politiche, i giornalisti, così come gli amministratori di molte altre città italiane che ci hanno esposto le ragioni delle loro scelte e condiviso le loro esperienze.
Ringrazio anche gli amministratori di due importanti città italiane, che già oggi stanno prendendo spunto dalla nostra esperienza per condurre un percorso simile. I lavoratori hanno vissuto tutto questo percorso con grande professionalità, ed oggi noi dobbiamo a loro la definitiva delineazione di un percorso che riguarda innanzitutto loro stessi. Non si tratta di ringraziamenti formali, ma dell’enunciazione di un modo di lavorare che, nella chiarezza dell’obiettivo che l’Amministrazione intende perseguire, trova momenti di confronto e di condivisione con tutti i soggetti legittimamente interessati, in modo da pervenire ad un risultato finale grazie al contributo di tutti.
Aldo Moro diceva che è meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli. 32 soggetti sono stati coinvolti nel nostro percorso in questi mesi. Questo ha permesso di ricondurre il dibattito ed il confronto pur acceso delle idee nelle sedi naturali di questo percorso, dove ognuno ha potuto portare il proprio contributo. La città ha capito questo e ritengo lo abbia apprezzato, “digerendo” questo percorso con naturalezza e, se pensiamo a quanto successo anche recentemente in altre città su vicende simili, dimostrando di essere pronta alle trasformazioni cui ci apprestiamo.
Dopo la quotazione dell’Aeroporto, con l’Afam continua il percorso intrapreso dal Comune di Firenze di dismissioni di quote azionarie di alcune società partecipate. Per questa vicenda come per le altre che seguiranno personalmente auspico il massimo della condivisione degli obiettivi fra le forze politiche. A livello di maggioranza ho costituito una commissione tecnico politica per sviluppare una progettualità articolata, strategica e condivisa relativamente al futuro delle nostre aziende.
E’ mio personale impegno trovare momenti di arricchimento delle nostre proposte anche grazie a un costruttivo confronto con le forze di opposizione. Confido che nei prossimi mesi avemo modo di dedicare sedute del nostro consiglio comunale ad approfondire il futuro delle nostre principali aziende, all’interno di un percorso strutturato.
Obiettivo
Da tutto il percorso svolto si evince l’impossibilita di individuare un obiettivo unico che caratterizza la proposta di cessione della maggioranza dell’AFAM.
In realtà il nostro obiettivo è stato quello di individuare un punto di equilibrio evoluto in grado di contemperare la fuoriuscita parziale del comune dalla gestione diretta di una attività economica non più strategica, laddove diviene strategica l’attività di indirizzo e controllo, le esigenze economiche di rispetto degli obiettivi di dismissioni legate al patto di stabilità approvate da questo Consiglio Comunale, in modo da garantire il piano di investimenti programmato per la città, l’esigenza di tutelare i dipendenti in modo particolarmente articolato e, last but not least, la volontà di offrire ai cittadini servizi sempre più evoluti.
Vendita della maggioranza delle azioni quindi, cioè anche economicamente massima valorizzazione, ma contemperata da un accordo sindacale particolarmente garantista, da una procedura di selezione basata sulla offerta economicamente più vantaggiosa, anziché sull’asta, importanza data al piano industriale di sviluppo del servizio, contratto di servizi ricco e articolato, contratto di cessione delle azioni dettagliato, durata dell’affidamento trentennale, clausole di blindatura e di garanzia del ruolo del Comune nel nuovo statuto.
Ciò permetterà al Comune di svolgere il proprio ruolo di indirizzo e controllo, attraverso una presenza qualificata nel capitale dell’azienda e attraverso l’articolazione dei documenti allegati, ma aprirà anche la strada alla ricerca di un partner che proprio per quanto enunciamo oggi non dovrà essere un partner qualunque, ma un soggetto in grado di esprimere un elevato grado di imprenditorialità sociale. Essere quindi un imprenditore capace, ma anche in grado di interpretare le clausole sociali che noi poniamo come opportunità per qualificare sempre più il servizio ed il rapporto con cittadini e dipendenti, continuando a tenere le farmacie comunali all’interno del sistema socio-sanitario locale, elemento che potrebbe essere in prospettiva più una opportunità che un vincolo.
Su cosa significhi essere ruolo di indirizzo e controllo riflettevo in questi giorni e vi accenno telegraficamente a tre spunti: la settimana scorsa sono stato per un sopralluogo al PEP di Mantignano Ugnano. Non c’ero mai stato Di giorno è pressochè disabitato, centinaia di appartamenti, abitati prevalentemente da famiglie giovani, in un insediamento che si ripopola ogni sera. In quel PEP non vi sono di fatto ad oggi negozi, tranne una farmacia comunale e un alimentari. Se la farmacia non ci fosse sarebbe necessario andare molto lontano per trovare un servizio simile.
Ruolo di indirizzo e controllo vuol dire per il Comune tenere la farmacia al PEP e continuare a garantire questo presidio. C’è bisogno della maggioranza dell’Afam per questo? Le esperienze più avanzate in Italia di Aziende di farmacie comunali stanno integrando servizi a monte e a valle, quali esperienze di assistenza domiciliare. Se a noi interessa sviluppare una progettualità di questo tipo lo strumento è il contratto di servizio e il piano industriale o la maggioranza dell’Afam? Nei prossimi anni assisteremo ad una prepotente entrata della new economy nella distribuzione del farmaco.
Di nuovo se vogliamo coglierne tutte le opportunità dovremo lavorare sulla proprietà dell’Azienda o sulla carta dei servizi e sulla valutazione dei piani industriali quinquennali?
Perché la cessione della maggioranza nel percorso prescelto
La cessione della maggioranza del pacchetto azionario è la scelta che meglio soddisfa le diverse istanze contemperate: valorizzazione dell’azienda, tutele per i lavoratori, garanzie di servizio per i cittadini, oltre ad essere quella che meglio risponde alla impostazione descritta.
E’ anche il tipo di procedura che ha sollevato fino a oggi l’interesse del massimo numero di concorrenti interessati, un elemento non secondario per un comune reduce dalle esperienze della gara sulla tramvia e sul Centro d’Arte Contemporanea. Il limite della cessione del 49% è la valorizzazione meno che proporzionale dell’azienda, a causa anche dell’assenza del premio di maggioranza, minore interesse sul mercato, incertezze della evoluzione normativa, nel caso si intendesse successivamente procedere a vendite di ulteriori tranches.
Si tratta di una posizione difensiva forse eccessiva a fronte di un settore iper-regolamentato. Viene inibita altresì la potenzialità di sviluppo apportabile dal partner privato, che non è tenuto alla presentazione di alcun piano industriale integrativo al contratto di servizio, come nel caso di Grosseto. Quale idea di sviluppo sta dietro alla cessione di una minoranza senza piano industriale preventivo? D’altra parte il socio privato di minoranza si tutela dal pubblico attraverso patti parasociali che gli garantiscano ampi poteri gestori, a partire dalla nomina dell’amministratore delegato.
La gestione, per essere più espliciti, non trattandosi di partners finanziari, passa al socio privato sia col 49% che con l’80%, riducendo di molto i presunti vantaggi della cessione della sola minoranza. La quotazione in borsa della società è stata scartata a causa della limitata valorizzazione, una volta svolta l’analisi comparata dei multipli, dello scarso interesse degli investitori istituzionali, incertezze normative e scarso interesse del mercato rispetto allo sviluppo del settore, oltre a rischi elevati di staticità del titolo in fase di post-collocamento.
L’opzione avrebbe comunque richiesto tempi assai lunghi per essere costruita, dovendo quantomeno passare per un sostanziale raddoppio del fatturato attraverso fusioni e acquisizioni. La cessione di una farmacia alla volta, caso intrapreso solo dalla Città di Torino, che ha poi mutato orientamento a causa della difficoltà e lunghezza di gestione del processo, oltre a ridurre intrinsecamente il valore dell’azienda, essendo il valore della stessa maggiore della somma delle sue parti, avrebbe reso complessa la gestione di settori come l’amministrazione e il magazzino, oltrechè pressochè impossibile l’accordo sindacale, almeno stando a quanto riscontrato dall’esperienza di altre grandi città.
Se aveste dubbi sulla cosa basta guardare il giornale di oggi.
Inquadramento
Le aziende farmaceutiche comunali sono nate alcuni decenni fa, spesso per opera di sindaci illuminati che interpretavano i bisogni della loro gente ed in particolare dello sviluppo delle periferie e delle zone disagiate. Oggi la situazione è evoluta, e le urgenze sociali del tempo non sono più presenti allo stesso modo. I comuni quindi stanno procedendo con percorsi e modalità diverse a ritirarsi dalla gestione diretta di questo servizio, per lasciarlo a chi lo fa di mestiere, pur riservandosi la regolazione complessiva del sistema.
Le risorse che si liberano possono venire più utilmente impiegate sulle urgenze dell’oggi e del domani. Le aziende di distribuzione del farmaco nel frattempo sono divenute solide realtà aziendali e possono camminare con le loro gambe.
Negli amministratori che vi propongono la cessione della maggioranza dell’Afam non vi è quindi niente di freddo o tecnocratico, bensì il cuore di un ragionamento tutto politico relativo alla redistribuzione delle risorse della collettività: smobilizzare risorse dove hanno già egregiamente assolto al loro scopo per immobilizzarle su nuove necessità della città di oggi, sapendo che quanto realizzato nel primo settore ha le gambe per camminare da solo.
Questa impostazione si fonda peraltro anche sul principio di sussidiarietà. Non a caso le farmacie comunali nacquero dove i privati non avevano interesse a investire, quindi dove non vi era spazio di applicazione del principio di sussidiarietà. Oggi il Comune dovrebbe, come per le farmacie di allora, focalizzare le proprie risorse scarse sugli investimenti che il privato non ha interesse a compiere. Un comune che sappia assolvere al proprio ruolo continuamente dovrebbe gestire le proprie risorse disinvestendole dalle iniziative nelle quali non è più necessaria la propria presenza, per investire in aree nuove in modo da fare fronte ai bisogni emergenti della collettività.
Il problema non è di aumentare o ridurre la presenza del pubblico, quanto di focalizzarla dove è più necessario.
Illustrazione tecnica della delibera
Il Comune di Firenze è socio unico della società Farmacie Fiorentine (AFAM) che come noto è la società di gestione delle 21 farmacie comunali e del relativo magazzino, risultante dalla trasformazione della preesistente Azienda Speciale Afam ai sensi dell'art 17 co 51 e segg L 127/97, oggi art. 115 del D.Lgs 267/00 (T.U. EE.LL.). La trasformazione è stata deliberata da questo Consiglio Comunale il 17 luglio 2000 e la Società per Azioni è iscritta nel registro delle imprese dal 2 ottobre 2000.
Il Consiglio di Amministrazione della società, ai sensi dell'art 115 co 3 D.Lgs 267/00, ha tempestivamente richiesto al Presidente del Tribunale la nomina di un perito per asseverare il valore del capitale della società trasformata. Il Perito ha reso in questi giorni la propria perizia e gli Amministratori e i Sindaci della società si sono impegnati ad effettuare la verifica della stessa, dovuta ai sensi del citato art. 115 entro breve tempo, comunque prima della eventuale pubblicazione del bando di gara.
Al fine di esaminare la fattibilità, i vantaggi e gli svantaggi delle diverse alternative di privatizzazione l'A.C.
ha affidato un incarico di consulenza ad un importante studio legale con una significativa esperienza in materia. Analogo incarico, riguardante gli aspetti strategici aziendali è stato conferito dall'Afam alla società leader nel settore in Italia.
Con la deliberazione n.1548 oggi in discussione, si propone dapprima una nuova disciplina dei rapporti tra il Comune di Firenze e l'AFAM a mezzo di un contratto di servizio, e successivamente si propone l'adozione della procedura ritenuta più opportuna per la cessione di azioni della società stessa.
Il sistema delle garanzie si articola quindi su una pluralità di documenti:
- il rapporto fra Comune e Afam è regolato dal Contratto di servizio
- il rapporto fra Comune e Partner è regolato dal contratto di cessione delle azioni, dal bando di gara, dallo statuto e dal piano industriale di sviluppo dell’azienda
- il rapporto fra dipendenti Afam, Comune e Partner sono regolati dall’accordo sindacale.
Per quanto riguarda i rapporti con la società, viene appunto proposta l'approvazione di un contratto di servizio (e della relativa carta dei servizi che ne costituisce parte integrante), il cui schema di base è stato verificato con lo studio legale sopra richiamato.
Detto contratto è stato oggetto di approfondimenti con diversi soggetti interessati alla materia: consiglieri comunali, associazioni sindacali, associazione di categoria dei farmacisti privati, e ovviamente con il CdA della società.
La durata del contratto, e quindi dell'affidamento della gestione del servizio farmaceutico è fissata in 30 anni, termine ritenuto congruo, da un lato alla luce della più avanzata giurisprudenza in materia e dall'altro tenendo in considerazione un intervallo di tempo che permetta alla società una certa programmazione delle proprie politiche e dei propri investimenti.
Perché 30 anni
L’affidamento trentennale oltre ad avere un valore politico, nel qualificare concretamente , anche a costo di scontarlo nella valorizzazione economica, il rapporto che il comune vuole costituire con il partner, così come rendere la natura dell’operazione più comprensibile agli occhi della città e con le OO.SS., del cui accordo è parte integrante, trova anche fondamento quantomeno analogico in giurisprudenza.
La legge non stabilisce quale debba essere la durata massima dell’affidamento del servizio alle società miste.
Esistono tuttavia alcune disposizioni che – pur non essendo attinenti direttamente al tema delle società di gestione dei servizi pubblici – possono essere tenute in considerazione al fine di determinare la durata massima dell’affidamento del servizio a società mista. In particolare, l’art. 19 della legge 18 novembre 1998, n.415 (“Merloni-ter”), che modifica la legge quadro sui lavori pubblici, n. 109 del 1994, nel disciplinare le concessioni per la progettazione ed esecuzione dei lavori pubblici o di pubblica utilità, nonché la loro gestione funzionale ed economica, prevede che “la durata della concessione non può essere superiore trenta anni”.
Sebbene nel caso della società mista a maggioranza privata il servizio sia affidato direttamente dall’ente e non sia oggetto di vera e propria concessione, tale disposizione potrebbe applicarsi in via analogica.
Inoltre, l’art. 979 cod.civ. prevede che la durata dell’usufrutto a favore di persona giuridica non possa eccedere 30 anni. Ancora, l'’rt. 1573 cod.civ. stabilisce che la locazione non possa stipularsi per un termine superiore a trenta anni.
In sintesi, la ratio che pare essere sottesa alle norme che precedono porta a ritenere ammissibile la scissione tra titolarità del bene ed il suo godimento qualora essa sia compresa in un periodo di tempo non superiore a 30 anni; in tal senso una durata eccedente tale termine potrebbe essere considerata inammissibile, poiché troppo a lungo limitativa delle prerogative del proprietario.
Sul piano civilistico, un accordo preso in violazione di detto limite comporterebbe la nullità per la sola eccedenza (salva l’esigenza di ricondurre ad equità il corrispettivo). Rispetto quindi agli affidamenti per 50 o 99 anni (quest’ultima durata in particolare fortemente sconsigliataci dai nostri legali) l’affidamento trentennale è quello che minimizza il riscio d’impugnativa della deliberazione consiliare.
Il modello proposto per la gestione delle farmacie comunali di Firenze è quindi quello a mezzo di società per azioni ad oggi di maggioranza pubblica, ed in futuro a maggioranza privata.
La titolarità del servizio rimane in ogni caso in capo al Comune di Firenze, in specie nella persona del Sindaco. Senza approvazione del Comune, per esempio, non è possibile non solo alienare ma neanche spostare una farmacia. Alla scadenza del rapporto contrattuale, estinto il diritto di gestione, si potrà procedere ad affidare la gestione del servizio ad altro soggetto, a prorogare l'affidamento all'AFAM, o a riacquisirlo in capo all'Amministrazione, naturalmente nel rispetto delle normative vigenti al momento.
In caso di mancata prosecuzione del rapporto con l'AFAM il contratto di servizio prevede l'obbligo per la società, di consegnare al Comune, ovvero al nuovo gestore, i beni fisici oggetto della attività economica. In particolare il contratto di servizio contiene l'obbligo per la società di vendere tutti i beni utilizzati a quel momento per la gestione delle farmacie, e la facoltà per il Comune di rifiutare di acquistare i beni diversi da quelli necessari ed utili all'espletamento del servizio.
Il contratto disciplina inoltre nello specifico le modalità per stabilire il prezzo di cessione dei diversi beni, che poi sostanzialmente consistono nelle sedi delle farmacie comunali, in caso di mancato accordo tra le parti. Nessun altro obbligo vincola il Comune di Firenze nei confronti della società.
Il contratto di servizio che si propone all'approvazione del C.C. tende a rafforzare la vocazione sociale del servizio svolto dalle farmacie pubbliche, anche dopo il passaggio del pacchetto di maggioranza della società in mano privata.
Vi si ritrovano quindi una serie di attività che caratterizzano il contenuto sociale della attività svolta, anche con riferimento alla carta dei servizi, parte integrante del contratto di servizio. Vi sono quindi norme di tutela per l'Amministrazione in caso di irregolarità più o meno gravi nella gestione della società, quali il controllo da parte di organismi di diverso tipo fino alla previsione di una clausola risolutiva espressa, a fronte di una serie di possibili inadempienze, tra cui subappalto delle attività, chiusura non autorizzata di una farmacia per oltre 5 giorni, reiterate disfunzioni nell’erogazione del servizio, ricorso all’abusivismo professionale, etc.
Il contratto di servizio introduce un importante principio di concertazione fra Afam e farmacie private, con particolare riferimento ai turni di apertura delle farmacie. Significativa anche la collaborazione con l’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze per la distribuzione di farmaci orfani.
Ogni anno il Comune riceve il piano programmatico di gestione del servizio, cui può fare controdeduzioni che devono essere accolte tranne casi di motivata impossibilità.
Il controllo sul funzionamento del servizio è triplice: il/i consiglieri nominati dal Comune nel CdA, L’Osservatorio sui servizi locali costituendo, e le commissioni miste ASL/farmacisti per la parte più operativa.
La seconda parte della delibera si riferisce alla cessione del pacchetto di maggioranza della società.
E' proposta infatti la cessione dell'80% delle azioni AFAM a mezzo di procedura di evidenza pubblica.
La scelta dell'80% dal punto di vista giuridico è supportata dal disposto degli artt. 113 e 116 del Dlgs 267/00 (ex L498/92) e dal relativo decreto di attuazione: il DRP 533/96. Il combinato disposto del comma 1 del citato articolo 113 e quello del comma 1 dell'art 116 attribuiscono all'Ente locale la facoltà di partecipare a "società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga a disposizioni di legge specifiche".
Il Dpr 533 sopra citato, indica nel 20% la percentuale minima di partecipazione dell'EE.LL. in tali società. Ed è proprio l'espressa deroga a norme specifiche, contenuta appunto nell'art 116 D.Lgs 267/00, che permette di ovviare al vincolo imposto dalla legge 362/91 "Norme di riordino del settore farmaceutico", che tra le modalità di gestione delle farmacie annovera, altrimenti, esclusivamente la gestione in economia, quella a mezzo di azienda speciale o a mezzo di consorzi tra comuni e quella di società di capitali costituite tra il Comune ed i farmacisti che al momento della costituzione della società prestino servizio presso farmacie di cui il Comune abbia la titolarità.
La procedura che l'Amministrazione si propone di seguire per la cessione di azioni AFAM, è della massima trasparenza. Si prevede infatti l'emissione di un bando di gara (i cui titoli essenziali sono riportati in delibera), al quale faranno seguito delle manifestazioni di interesse da parte dei potenziali concorrenti, ai quali a sua volta l'Amministrazione, dopo aver verificato la presenza dei requisiti patrimoniali richiesti, fornirà uno schema informativo sulla società, lo schema di statuto e lo schema di contratto di cessione delle azioni.
I partecipanti che confermeranno il loro interesse potranno conoscere meglio la società in vendita e finalmente presentare la loro offerta di acquisto corredata da un piano di gestione e sviluppo del servizio. L'Amministrazione Comunale avvalendosi di un apposita commissione valuterà le offerte, aggiudicando la gara al concorrente che ha presentato l'offerta economicamente più vantaggiosa.
La delibera 1548 che si propone all'approvazione del Consiglio, in merito alla procedura sopra descritta, contiene alcune indicazioni vincolanti che il Consiglio Comunale di Firenze, approvando la medesima, fornisce alla Giunta ed alla struttura, circa le modalità di cessione ed i cardini irrinunciabili da tener presenti nell'espletamento della procedura stessa.
Un primo elemento discriminante consiste nella scelta dei soggetti da ammettere alla gara. Nella deliberazione si propone infatti di ammettere alla gara sia soggetti con comprovata esperienza nel campo della distribuzione dei farmaci, per i quali si richiede un patrimonio non inferiore a 10 miliardi di lire, sia soggetti privi di tale esperienza per i quali si richiede un patrimonio non inferiore a 15 miliardi di lire. E' inoltre prevista la possibilità di presentare manifestazioni di interesse congiunte da parte di più soggetti purché almeno uno di essi sia in possesso di almeno il 30% dei requisiti patrimoniali sopra citati.
Con quest'ultima indicazione, che dimezza i requisiti patrimoniali rispetto a situazioni simili, quali ad esempio Bologna, si è teso a favorire la partecipazione del massimo numero di concorrenti, favorendo l’interesse anche di cordate composte da una pluralità di soggetti nessuni dei quali singolarmente in grado di avere la forza sufficiente a competere.
Il Consiglio Comunale è poi chiamato ad approvare il criterio di aggiudicazione della gara che ricalca il disposto del DPR 533/96 nel suo rinvio alla disciplina dell'appalto concorso per quanto riguarda il concetto di offerta economicamente più vantaggiosa, offerta, che come indicato, dovrà contenere oltre che una proposta monetaria, un piano di gestione e sviluppo del servizio di durata quinquennale dal quale risultino in particolare tutta una serie di fattori che permetteranno di comprendere le linee di indirizzo che i diversi concorrenti intendono adottare per l'AFAM in caso di aggiudicazione.
I fattori che dovranno obbligatoriamente risultare dal piano aziendale, e che sono espressamente indicati in delibera sono: - le modalità di conduzione ed ottimizzazione del servizio alla cittadinanza, - gli investimenti previsti; - le politiche occupazionali, di formazione e di riqualificazione del personale; - le politiche di remunerazione del capitale; - le eventuali estensioni e miglioramenti del contratto di servizio regolante l'affidamento della gestione delle farmacie comunali; Il piano aziendale quinquennale è elemento di valutazione qualificante dell’offerta.
Nel nostro caso fra i vari fattori avrà un peso sicuramente superiore al 30%, valore di riferimento di altre recenti cessioni di Aziende farmaceutiche. L’importanza data al piano di sviluppo trova ulteriore rafforzamento nella scelta di non aggiudicare tramite asta, che avrebbe sbilanciato eccessivamente il peso relativo dei fattori a favore del prezzo.
Un altro aspetto fondamentale su cui il Consiglio Comunale, approvando la presente deliberazione, fornirà dei "paletti" all'acquirente è quello relativo al contratto di cessione delle azioni.
Il contratto di cessione delle azioni è il contratto in cui viene definito il prezzo, le garanzie date dal venditore, le modalità di esecuzione del contratto, così come gli impegni dell’acquirente, tra cui in particolare il sistema delle penali sui l’acquirente si sottopone, riguardanti gli elementi del piano industriale, gli investimenti, la tutela dell’occupazione, i servizi offerti , mantenimento delle azioni per un certo numero di anni, etc. La proposta di deliberazione infatti prevede alcuni contenuti imprescindibili del contratto di cessione che sarà sottoscritto tra l'A.C.
e l'aggiudicatario della procedura. E' da rilevare, come descritto sopra, che lo schema di contratto di cessione delle azioni sarà fornito ai concorrenti ammessi alla procedura insieme alle informazioni di base sulla società ed allo statuto in modo tale da metterli in condizione di conoscere fin da subito delle condizioni che l'Amministrazione ritiene irrinunciabili per il buon fine della transazione. Gli elementi che in delibera sono indicati come parte indispensabile del contratto di cessione delle azioni sono i seguenti: - obbligo dell'acquirente a rispettare il contenuto del Contratto di servizio e dell'allegata Carta dei servizi, riguardante la gestione delle farmacie comunali; - rispetto degli impegni di cui al Protocollo d'intesa sottoscritto tra Comune di Firenze e le OO.SS., con particolare riferimento: - al mantenimento delle garanzie e dei diritti individuali e collettivi dei dipendenti secondo il CCNL e gli accordi integrativi aziendali; - alla permanenza dell'azienda in ASSOFARM; - al mantenimento dell'occupazione assunta a tempo indeterminato per un periodo non inferiore ad otto anni; - obbligo a non cedere le azioni e a non porre in essere alcun atto che determini la perdita della posizione di maggioranza per un periodo di almeno 5 anni dall'ingresso nella società; - obbligo, una volta decorso il termine di cui sopra a sottoporre al motivato gradimento vincolante del Comune di Firenze il compimento degli atti di cui al punto precedente; - previsione di significative penali per il mancato rispetto degli impegni assunti in sede di offerta, (in particolare con riferimento agli impegni risultanti dal Protocollo d'intesa sottoscritto tra l'Amministrazione comunale e le OO.SS.) in grado di dissuadere da comportamenti difformi rispetto a quanto concordato; Ma il sistema sanzionatorio, lungi dal tutelare solamente i lavoratori, tutelerà anche il rispetto degli impegni presi in sede di piano di sviluppo quinquennale e l’ infrastruttura del servizio.
Per quanto attiene i rapporti con i dipendenti dell'AFAM, prima di presentare la deliberazione al Consiglio comunale è stato sottoscritto un accordo con le OO.SS. e con le rappresentanze sindacali aziendali i cui contenuti essenziali sono riportati in delibera e saranno anche inseriti nel contratto di cessione delle azioni che l'Amministrazione sottoscriverà con l'aggiudicatario della procedura di gara.
L’acquirente si impegna contrattualmente al mantenimento delle garanzie e dei diritti individuali e collettivi secondo il CCNL e accordi integrativi aziendali, al mantenimento della SpA in Assofarm, a mantenere l’occupazione assunta per un periodo non inferiore a 8 anni, in considerazione della specificità del settore, elemento che rende l’accordo di Firenze assai garantista.
Nel bando di gara si prevederà anche fra gli elementi di valutazione la disponibilità dell’acquirente a cedere quote azionarie ai dipendenti.
Nelle more della definizione del contratto di cessione delle azioni verrà aperto un tavolo a tre: sindacati, comune, aquirente, per qualificare ulteriormente le garanzie occupazionali, all’interno di una impostazione molto evoluta della gestione del processo di cessione.
La previsione della perdita della maggioranza delle azioni Afam da parte dell'Amministrazione Comunale ha suggerito inoltre di apportare alcune modifiche allo Statuto sociale, in modo tale da permettere all'Amministrazione stessa di disporre di alcuni strumenti che le garantiscano un peso determinante nelle decisioni strategiche più rilevanti.
Le modifiche principali sono le seguenti. All'articolo 5 dello Statuto è stata introdotta la percentuale minima di partecipazione della parte pubblica (Comune di Firenze) indicata nel 20%. Detta percentuale, come già ricordato, è mutuata dal disposto del DPR 533/96. Riaffermandola in Statuto, tuttavia, L’Amministrazione Comunale opera una scelta politica precisa di permanenza nel settore della distribuzione del farmaco con ruolo di indirizzo e controllo, differentemente da quanto avvenuto in altri casi di privatizzazione delle farmacie in Italia, a prescindere anche da eventuali evoluzioni della normativa nazionale.
Allo stesso decreto è fatto richiamo nell'art 6 relativamente alla cessione delle azioni ed alla costituzione di diritti reali sulle stesse. L'articolo infatti vieta all'acquirente, per un periodo di cinque anni dall'acquisto, atti di cessione delle azioni ( o di costituzione di diritti reali sulle stesse) e ogni altro atti idoneo a determinare la perdita della posizione di maggioranza da parte sua. Una volta trascorsi cinque anni dall'acquisto, il compimento degli stessi atti deve essere sottoposto al motivato gradimento vincolante del Comune di Firenze.
Un'altra modifica significativa è l'introduzione della maggioranza qualificata superiore ai quattro quinti del capitale sociale per le deliberazioni dell'Assemblea straordinaria, che deve essere obbligatoriamente convocata per discutere sulle operazioni di carattere strategico, quali trasferimento della sede sociale all'estero, fusione, scioglimento della società, cambiamento dell'oggetto sociale, variazioni del capitale sociale e ogni variazione statutaria che modifichi i poteri contenuti nello statuto stesso (art 11 e14).
Il ruolo dell'A.C. risulta inoltre tutelato dal diritto di nomina diretta ai sensi dell'art 116 Dlgs 267/00, di due componenti del C.d.A. nel caso in cui il numero totale di consiglieri sia superiore a 5, e di 1 consigliere in caso contrario (art 15). In ogni caso il CdA può essere convocato anche su richiesta di un solo consigliere. (art17).
Analoga norma è prevista per la nomina dei componenti il Collegio Sindacale.
Dismissioni, utilizzo delle risorse e logica del patto di stabilità
Viene spesso giustamente richiesto dai cittadini a cosa serviranno le risorse introitate dalle dismissioni.
Io penso che si tratti di un tema molto importante. Per come è impostato il bilancio del comune non esiste una correlazione diretta, tutavia il programma di alienazioni è legato al piano di investimenti che contraddistinguono l’azione di questa Amministrazione da ora al 2004, all’interno dei parametri del patto di stabilità.
Con la delibera317/52 del 27/03/2000
Il Consiglio Comunale ha approvato il piano finanziario per l’estinzione agevolata dei mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti.
La decisione del Consiglio consegue agli indirizzi dettati dal Governo in materia di federalismo fiscale e al patto di stabilità interna ed in particolare per quanto riguarda la riduzione tra l’ammontare del debito degli enti locali e il PIL. L’art. 28 della legge 448 del 1998 stabilisce infatti che il rapporto tra il debito di ciascun ente e il PIL Nazionale deve essere in progressiva diminuzione. Per favorire tale processo il Ministero del Tesoro ha emanato delle disposizioni che consentono agli enti sottoscrittori di rimborsare senza oneri aggiuntivi il debito contratto con la cassa Depositi e Prestiti a condizione che tali rimborsi avvengano con avanzi di amministrazione o con proventi derivanti dalla dismissione di valori mobiliari o immobiliari.
Nel programma di investimenti 2000-2004 del Comune di Firenze, presentato lo scorso anno, il complesso degli investimenti da finanziare con nuovo indebitamento avrebbe comportato un incremento del debito di oltre 630 miliardi nel quinquennio, corrispondente ad un aumento del debito complessivo, al netto delle quote di capitale rimborsate, di 195 miliardi, pari a uno stock di debito al 2004 di 1036 miliardi. Per potere eseguire le opere previste nel programma degli investimenti senza disattendere alle prescrizioni del patto di stabilità, occorre pertanto restituire nel quinquennio debiti per complessivi 110 miliardi di lire.
Il piano inviato alla Cassa Depositi e Prestiti consente quindi di contenere lo stock di debito riferito all’anno 2004 a lire 927 miliardi ed eseguire completamente il programma di opere pubbliche approvato dal Consiglio.
E’ evidente pertanto che, nell’ipotesi di non disporre delle somme necessarie per restituire il debito programmato e intendendo rispettare le prescrizioni relative al patto di stabilità, si dovrebbe rinunciare ad una serie consistente di investimenti. In questo senso, fra le opere previste per le quali si ipotizza di accedere a mutui, si segnalano:
- interventi sulla viabilità per la sicurezza e manutenzioni piani stradali
- risanamento statico del ponte all’Indiano, 3 miliardi
- interventi su scuole e asili per 13 miliardi
- risparmi su interventi dei quartieri su scuole e verde per 20 miliardi nei 4 anni
- interventi alle rampe del Poggi per 2 miliardi
- ristrutturazione e nuovi interventi su impianti sportivi per 32 miliardi circa
- interventi su immobili sociali (ex ONIG, Cimiteri, Albergo Popolare), per quasi 5 miliardi
- ristrutturazione del terzo lotto del mercato centrale di San Lorenzo, per 7 miliardi
- interventi sulle Cascine, Parchi e Piazze Cittadine per almeno 5 miliardi
- interventi di restauro su chiese, palazzi storici e musei per almeno 15 miliardi.
In particolare questa amministrazione ritiene, su esplicita indicazione del Sindaco, di mettere a punto un piano straordinario di manutenzione delle vie della città, in grado di rispondere alle pressanti necessità di molte delle strade fiorentine.
Il problema di fondo che allora si pone non è tanto un si o un no alla cessione di quote azionarie di una azienda. In questi termini il problema è mal posto. E’ viceversa più corretto porlo nei seguenti termini: l’importanza che do al mantenimento della maggioranza delle azioni di una azienda è tale da superare l’importanza che do alla realizzazione del programma degli investimenti finanziabili con l’indebitamento che questa Amministrazione ha in programma?
Analisi di settore
Alcuni detrattori della opportunità da parte dei Comuni di cedere quote maggioritarie delle proprie aziende farmaceutiche paventano la possibilità che vengano a crearsi situazioni monopolistiche sul mercato della distribuzione del farmaco.
Questo non è certamente tuttavia il caso di Firenze, con 21 farmacie Comunali su 130 complessive attualmente presenti in città. Né è il caso a livello toscano dove le 250 farmacie pubbliche non arrivano al 23% del totale, né tantomeno a livello nazionale, dove abbiamo 1510 farmacie comunali a fronte di 16.060 private. Le farmacie comunali sono quindi meno del 9% del totale. Di queste solo per una parte è prevista la cessione di azioni a privati, ed in una percentuale di questa parte ancora inferiore si prevede la cessione di pacchetti di maggioranza.
Paventare il “monopolio” nella gestione delle Farmacie in Italia è improprio, per ulteriori motivi:
1) Il sistema di distribuzione del farmaco è regolato da anni dall’ASL e per legge per quanto riguarda: i prezzi di vendita del farmaco, la distribuzione territoriale delle farmacie in proporzione al n.° di abitanti, la qualità del servizio, la prescrizione medica.
Questo tutela ogni singolo farmacista perché nessuno, neppure una multinazionale, riesce a fare politiche peculiari di prezzo per spostare fruitori da un rione della città ad un altro; nessuno, neppure una multinazionale, riesce ad aprire nuove Farmacie, nessuno, neppure una multinazionale, riesce a tenere in Farmacia solo certi farmaci (oltre a non essere assolutamente conveniente), nessuno, neppure una multinazionale, riesce a “guidare” le prescrizioni mediche.
La gestione professionale di più Farmacie anche in una sola (specifica) città non produce l’effetto di un “supermercato”. 2) Stiamo parlando come accennavo di numeri comunque piccoli. Oggi i Comuni che hanno ceduto il controllo delle società per la gestione delle Farmacie Comunali sono 17 (Bologna +13 Comuni nell’AFM S.p.A. di Bologna, Rimini +1 nell’AMFA S.p.A., e Cremona nell’A.F.M. S.p.A.) con 61 Farmacie in tutto (il 4 per 1000 sul totale). I Comuni interessati a seguire l’esempio di Bologna, Rimini e Cremona sono alcuni, oltre a Prato, Lucca e Milano che hanno già attivato la procedura del bando, altri forse 10, per un ragionevole totale potenziale di 300, 400 Farmacie, forse.
Ben lungi dal definire comunque una posizione non competitiva. Oggi le imprese interessate o se non altro che hanno partecipato alle procedure di vendita delle azioni sono state circa 10, con 3 gruppi, per ora, riusciti ad aggiudicarsi le azioni: GEHE a Bologna e Cremona, ALLIANCE UNICHEM a Rimini, e CODIFARMA a Grosseto (se si considera anche la vendita di partecipazioni di minoranza). Comunque quindi numeri molto piccoli, direi insignificanti. 3) Un gran numero di farmacisti titolari (circa 6.000 dei 14.400 farmacisti titolari) sono imprenditori anche nella distribuzione intermedia, controllando società o cooperative che hanno un fatturato in totale di circa 5.000 miliardi (pari al 27% del venduto annuo al totale delle Farmacie in Italia).
Sono circa 25 imprese associate fra di loro che condizionano significativamente la distribuzione intermedia in Italia, tutte insieme più grandi dei principali distributori, che in Italia, sono ALLIANCE UNICHEM con il 26% del mercato, PHOENIX con l’11% del mercato, fino ad arrivare a GEHE con l’1% del mercato italiano La dimensione delle società/cooperative controllate da farmacisti titolari è ancora rilevante se si pensa al mercato europeo, in quanto i farmaci venduti in ciascun paese sono assolutamente diversi fra di loro e quindi conta poco essere grandi in Francia, per valere in Italia (ad esempio).
Complessivamente esistono in Italia oggi 225 distributori intermedi di farmaci, di cui 150 grossisti privati, 50 fra cooperative e gruppi di acquisto (dei farmacisti) e 25 grossisti pubblici di proprietà delle varie aziende farmaceutiche degli enti locali di riferimento.
L’effettiva asimmetria è quella di non poter possedere per un farmacista più di una farmacia, ma questo non costituisce un vantaggio per le imprese private, bensì ancora una volta un vantaggio per il farmacista titolare, che può con società gestire le Farmacie Comunali, mentre lui, e solo lui può gestire le farmacie private.
Come si legano questi fenomeni con l’evoluzione della distribuzione intermedia di prodotti farmaceutici?
Il settore della distribuzione intermedia di prodotti farmaceutici e parafarmaceutici è sempre più caratterizzato da un processo di contrazione dei margini commerciali ricavati dai distributori all’ingrosso a vantaggio delle farmacie e da un allungamento dei termini di pagamento concessi alla clientela, utilizzate anch’esse come leva di marketing accanto alla fornitura di servizi al farmacista che spaziano da servizi di formazione (corsi di marketing e di amministrazione), a servizi informatici (pacchetti applicativi per la gestione del punto vendita), fino a servizi finanziari (leasing, factoring, etc..).
Questo indebolimento del potere contrattuale dei distributori all’ingrosso rispetto ai farmacisti (a cui si aggiunge la costante pressione proveniente dai produttori determinando la debolezza della distribuzione intermedia all’interno della catena del mercato del farmaco) è reso ancora più oneroso dalla permanenza di una normativa di settore che impone di detenere almeno i prodotti di cui alla tabella 2 della Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana, pari al 90% delle specialità medicinali in commercio, con pesanti conseguenze in termini di risorse finanziarie necessarie per il finanziamento del circolante dei distributori stessi.
Inoltre il dettato normativo impone la consegna dei medicinali alle farmacie entro 12 ore dalla richiesta delle farmacie, appesantendo la struttura di costi operativi dei distributori e rendendo sempre più strategicamente importante l’ottimizzazione della logistica finalizzata ad ottimizzare le spese di trasporto servendo il maggior numero possibile di clienti nell’ambito di un singolo giro di consegna.
I suddetti fenomeni fanno si che le farmacie si trovano pertanto ad essere – insieme ai produttori - l’anello forte della catena del farmaco , facendo si che anche il singolo punto vendita si trovi a beneficiare di una serie di servizi (che vanno dalla tarriffazione, alla vetrinistica ed al merchandising) e di un potere contrattuale che – in contesto caratterizzato da un minore livello di debolezza della distribuzione intermedia – sembrerebbero essere riservati alle “catene” di farmacie.
Inoltre i farmacisti italiani, come già osservato, sono storicamente direttamente operativi anche nel settore della distribuzione intermedia di farmaci per mezzo di cooperative che consentono ai rispettivi associati una forma di informale associazione dei rispettivi punti vendita, con la graduale introduzione del concetto di franchising di farmacie.
I Farmacisti privati non assistono certo da spettatori all’evoluzione del mercato, che vede concentrazioni crescenti sia a livello di produzione che di distribuzione di farmaci.
A questo proposito ed a titolo meramente esemplificativo anche nell’ultima relazione ai soci di una delle maggiori cooperative di farmacisti italiane si fa riferimento alla necessità di raggruppamento delle società di farmacisti. Si sottolinea infatti: “Bisognerà consolidare e portare a successo il network “Farmacie Insieme”, nel prossimo futuro infatti vinceranno le organizzazioni che saranno capaci di orientare i propri servizi alla soddisfazione di un paziente sempre più consapevole ed esigente e che riusciranno a caratterizzarsi con un proprio marchio che le renda riconoscibili.
Il Progetto “Farmacie Insieme”, avviato ad ottobre 1999 da un nucleo iniziale di 75 farmacie di una provincia Italiana, ha come obiettivo lo sviluppo sotto un marchio comune di specifiche azioni aventi maggiore capacità di impatto sul cittadino perché organizzate in rete sul territorio, lo sviluppo del sell-out dei prodotti dell’area commerciale attraverso una migliorata gestione del merchandising e la fidelizzazione dell’utenza della farmacia tramite l’offerta di servizi professionalmente qualificati.
Comparazioni con altre città e peculiarità del caso fiorentino
Il modello costruito per Firenze si differenzia da Bologna, Milano e Prato . La durata temporale dell’affidamento è inferiore, per i motivi suddetti. Rispetto a Bologna non si fa l’asta, che deprime il peso relativo del piano industriale. Rispetto a Milano ci si orienta verso una valutazione più significativa del piano industriale di sviluppo, rispetto a Prato si attua un percorso di maggior coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori.
Questi elementi avranno un peso, seppure modesto, sulla valorizzazione della società. D’altra parte si rafforza la nostra possibilità di spiegare l’operazione alla città in termini di qualità dei servizi, coesione del sistema complessivo e logiche di sviluppo, al di là della pur importante parte economica. Rispetto alle altre grandi città ci distinguiamo per la platea dei soggetti che cerchiamo di coinvolgere: la più vasta possibile non avendo messo pregiudiziali di sorta sulla natura dell’impresa acquirente ed avendo ridotto drasticamente i requisiti patrimoniali.
Rispetto a Grosseto non si ritiene che il mix cessione dei poteri di gestione/valorizzazione assai meno che proporzionale delle quote sia una scelta efficace in un tipo di mercato come quello in esame.
Caso Bologna
Molto si è parlato dell’esperienza di Bologna, che ha affidato la gestione delle Farmacie ad una azienda leader europea del settore. Io faccio l’Amministratore pubblico, non ho simpatia per nessuno tranne che per l’interesse collettivo rappresentato da questa Istituzione, la qualità del servizio ai cittadini, lo sviluppo dell’Azienda e di chi vi lavora.
Eventualmente posso avere una epidermica simpatia per le aggregazioni che a livello territoriale si formano per candidarsi a gestire un servizio. Lo sviluppo di una imprenditorialità locale di qualità per la gestione di servizi al cittadino è senz’altro un valore per tutta la collettività.
Va da sé che dal punto di vista puramente personale sono parimenti disturbato da questa continua demonizzazione delle imprese che hanno sede oltralpe, elemento antistorico, che al limite la mia generazione può ancora capire, ma che già oggi i giovani della generazione dopo la mia, che hanno fatto l’Erasmus durante l’università, che si collegano in Internet con tutto il mondo, che parlano inglese normalmente, che sognano di lavorare una parte della loro vita all’estero, cui sono stati proposti i valori e il disegno dell’Europa unita, non capiscono più.
Detto questo da quando ho iniziato a occuparmi del progetto farmacie ho iniziato a girare l’Italia, a parlare con gli assessori delle città che cedevano o avevano ceduto quote di maggioranza o minoranza delle loro aziende.
Ho parlato anche con i farmacisti, gli esperti di settore, i direttori delle municipalizzate. Ovunque in Italia siano state cedute aziende di farmacie vi è un riscontro positivo da parte dei soggetti interessati. In particolare mi ha incuriosito il caso di Bologna, sul quale ho deciso di fare un approfondimento, per cercare di farmi una idea fra le notizie estremamente positive che mi arrivavano da Bologna e il continuo battage a vari livelli contro l’esperienza di Bologna che abbiamo subito per mesi.
Alcuni dei presenti hanno, al convegno da me organizzato a Firenze, ascoltato il positivo intervento dell’Assessore che gestì l’operazione a Bologna all’epoca, Flavio Delbono, uno dei più brillanti Docenti di Economia Politica oggi presenti in Italia. Nel formarmi una personale convinzione sul tema ha contribuito in modo determinante una serie di colloqui che ho fatto senza preavvisare né qualificarmi, con farmacisti delle nuove aziende sulla loro esperienza, cosa che invito a fare a tutti gli interessati e che io mi rendo disponibile a organizzare.
L’operazione si è svolta un anno e mezzo fa sotto una amministrazione di centrosinistra, i frutti sono oggi goduti da una di centrodestra. Un messaggio per chi vorrebbe sempre rimandare quando si parla di privatizzazioni, senza rendersi conto che processi di questo tipo, lunghi in sé stessi e ad apprezzamento differito nel tempo da parte dei cittadini, sia nella percezione del servizio che nella fruibilità delle risorse liberate, richiedono un forte impegno proprio a inizio legislatura.
Permettetemi di leggervi cosa scrive a proposito del nuovo corso delle farmacie Bolognesi Sandra Albanelli, che è oggi qui tra noi, e che rappresenta il comune di Bologna nel Consiglio di Amministrazione dell’Afam bolognese, nominata dal sindaco Guazzaloca.
Lascio peraltro il testo originale del suo intervento, che vi leggo, in allegato.
“Il comune di Bologna (all’epoca della Giunta Vitali, n.d.r.) ha utilizzato le entrate per la vendita dell’80% delle azioni per ridurre il debito in essere con la Cassa Depositi e Prestiti, ma, e questo per me è importante, per finanziare investimenti nel settore socio-sanitario. Anche i dividendi del 2000 sono andati ad incementare l’assistenza domiciliare.
Il Comune di Bologna e tutti i 14 comuni soci in AFM SpA, oltre alla parte formale di presenza in Consiglio di Amministrazione (e in Assemblea) è continuamente coinvolto ed informato sui progetti in corso.
In particolare sui servizi per la salute come “Pronto Salute”, il Comune ha definito l’obiettivo, e con gli assistenti domiciliari ha provveduto alla distribuzione delle informazioni ed alla raccolta delle adesioni, con un notevole ritorno di immagine. I dati prodotti dall’Università di Bologna (che ha valutato la percezione dei cittadini n.d.r.) parlano chiaro, e sono assolutamente estendibili al sistema delle farmacie in Città. La competizione e la collaborazione tra la nuova Azienda Farmaceutica Municipale e i farmacisti titolari ha portato al miglioramento dei servizi diffuso in tutte le farmacie.
Questo lavoro professionale certamente non è un danno per i farmacisti titolari che vedono rafforzare il canale di ditribuzione Farmacia, senza subire l’impatto economico negativo che può avere avuto il commerciante a causa dei supermercati. Su quest’ultimo punto va detto che la distribuzione farmaceutica al dettaglio è regolamentata (n. farmacie, prezzi, tipo di prodotti, etc.) e quindi il farmacista titolare è ancora in una posizione tutelata anche se è vero che deve impegnarsi un po’ di più.
Una sana competizione, a mio parere, è un vantaggio per l’utente. Mi è capitato di partecipare alla inaugurazione di alcune Farmacie Comunali ristrutturate, e di toccare con mano la soddisfazione dei cittadini presenti, anziani in particolare, insieme al Comune, al management, al parroco, ma soprattutto insieme ai loro farmacisti, che sono rimasti tali, nel vedere la loro farmacia rinnovata, più ampia, più comoda, più pulita, ma sempre identica nelle caratteristiche fondamentali (che nulla hanno a che fare con l’idea del supermercato ).
Non vi è stato alcun dipendente che si è venuto a lamentare o che ha chiesto il trasferimento al Comune; viceversa in molti hanno partecipato al “primo compleanno” il 28/10 in sala Farnese a Palazzo d’Accursio con evidente soddisfazione.
I risultati economici sono migliorati significativamente per tante ragioni, certamente anche per la motivazione dei dipendenti e per migliori servizi per la salute nelle Farmacie Comunali.
Migliorando i servizi per i cittadini, è cresciuto il valore di tutte le farmacie, anche quelle private, i Comuni hanno valorizzato un’impresa (valorizzazione = privatizzazione+liberalizzazione).
Tutto questo è semplice buon senso, non politica a difesa di interessi corporativi.
Tutto questo è dimostrato a mio parere dal primo anno e mezzo di esperienza.”
La percezione positiva da parte dei bolognesi relativamente al nuovo corso della loro azienda farmaceutica è testimoniata da una approfondita ricerca svolta dall’Università di Bologna, presentata qualche settimana fa, da cui si evince che 1/5 dei bolognesi ha notato un miglioramento del servizio, mentre 4/5 non si sono accorti di nulla.
Chi fosse interessato può richiedermene copia.
Tale ricerca è stata presentata al Comune di Bologna in occasione della cerimonia del “Compleanno AFM” nell’autunno scorso. A tale proposito il Vicesindaco Giovanni Salizzoni mi ha inviato la traccia del suo intervento, che vi leggo:
- per prima cosa pensio sia importante, anche a nome degli altri soci Comuni, ringraziare i dipendenti e tutti quanti hanno contribuito a questo anno di attività e di buoni risultati. Questo è stato possibile anche alla grande e fattiva collaborazione dei 13 Comuni soci con cui si è lavorato in accordo.
Un benvenuto caloroso va rivolto al Comune di Castel San Pietro, socio dal primo ottobre con due farmacie comunali. - Oggi festeggiamo il primo anno della nuova partnership di AFM e i risultati ottenuti: risultati che (come vedremo in seguito, dalla illustrazione sulla soddisfazione dei clienti, elaborata dall’Università di Bologna), non sono solo positivi dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista del gradimento del servizio da parte dei nostri cittadini. - Viene premiata così anche la spinta all’innovazione da sempre dimostrata da Bologna e provincia: prima nell’innovazione amministrativa, oggi nella realizzazione del progetto di nuova gestione delle farmacie comunali.
- Cosa abbiamo ottenuto? Migliore servizio, sviluppo dell’azienda, valorizzazione del personale, nuove risorse per i Comuni. Sono risultati importanti considerato il buon livello già pre-esistente (Bologna si è sempre impegnata nei servizi sociali e nelle farmacie siano esse state pubbliche, siano esse state private) ed il breve tempo trascorso. - Altre città hanno seguito e stanno seguendo la stessa linea: anche questo è un segno importante. - La nostra esperienza ha dimostrato che i comuni che promuovono servizi mantenendo solo una partecipazione minoritaria ma significativa (20%) sommano il controllo istituzionale ed il controllo/verifica interno, come azionista, ai controlli sul servizio farmaceutico già svolti dalla ASL, che ottimizzano i risultati finanziari, sono ancora eccezioni.
- In altri settori come l’acqua e i rifiuti, per esempio, ciò non è stato ancora possibile (51% ai comuni). In altri casi ancora come il latte, per esempio, dove era ancora più facile (100% al privato). - Per le farmacie comunali, pur tra mille difficoltà, tutte comprensibili trattandosi della prima esperienza del genere, era più praticabile. - Oggi è il compleanno festa, ma anche una testimonianza, la dimostrazione che il grande impegno profuso ha portato un ritorno sociale (miglioramento del servizio), istituzionale (innovazione e minore imposizione fiscale) ed economico (impresa che si sviluppa); una combinazione certo non facile da attuare ma da sempre nel cuore di noi amministratori.
Giovanni Salizzoni
I dipendenti erano 243 nel 98, 251 nel 99 fino a 280 nel 2000 (equivalenti a tempo pieno).
A Bologna il Centrodestra promuove la scelta precedente della amministrazione di Centrosinistra. A Milano il Consiglio Comunale passa la delibera di cessione della maggioranza delle farmacie con tre soli contrari e tre astenuti. A Firenze?
Osservatorio sui Servizi Pubblici Locali
In varie parti della delibera, ed in particolare nell’accordo sindacale si parla del costituendo Osservatorio sulla qualità dei servizi pubblici locali.
Si tratta di un organo molto importante nella logica di prospettare un Comune sempre più focalizzato su attività di indirizzo e controllo. Sembra quindi opportuno proporvi alcune considerazioni al riguardo, suggeritemi dal collega Andrea Ceccarelli, che ringrazio.
L’idea di istituire un Osservatorio per la qualità dei servizi si ispira ad un accordo stipulato fra Comune di Firenze e CGIL, CISL e UIL per l’attuazione a livello locale del “Patto sociale per lo Sviluppo e l’Occupazione”.
A tale idea il Comune di Firenze e le Associazioni sindacali e dei consumatori hanno dato una veste concreta nel febbraio 2000 con la firma di un protocollo d’intesa con cui siglano una serie di iniziative rivolte a definire un piano programmatico comune in merito al miglioramento dei servizi al cittadino.
Il cambiamento della domanda che proviene dal territorio ed il processo di innovazione legislativa che ha investito la pubblica amministrazione in questi ultimi anni con l'obiettivo di migliorarne efficienza ed efficacia, hanno portato Comune di Firenze, Sindacati e Associazioni dei consumatori a cercare rinnovati strumenti di dialogo e discussione, strumenti che siano in grado di tradurre in linee programmatiche di sviluppo e miglioramento dei servizi, proposte condivise dalle parti interessate.
l’Osservatorio dovrebbe essere strutturato essenzialmente come un laboratorio di informazioni sui servizi pubblici locali distribuiti nel Comune di Firenze.
Usando questa espressione intendiamo pensare all’Osservatorio come ad un organismo tecnico/operativo, un centro di raccolta di dati e documenti, di analisi qualitative e quantitative dei singoli servizi, di redazione di rapporti periodici in cui le elaborazioni prodotte vengono divulgate e pubblicate con l’obiettivo di essere il punto di partenza per una costruttiva discussione sulla qualità dei servizi erogati.
L’Osservatorio può essere visto come uno strumento di supporto alla pianificazione dell’attività istituzionale dell’Amministrazione, un importante strumento di verifica della capacità gestionale in materia di servizi ai cittadini sia della stessa Amministrazione che delle aziende e delle società che erogano i servizi; ma allo stesso tempo esso costituisce il modo per aprire un dialogo aperto con gli utenti e per essi con le Associazioni che li rappresentano, attraverso la discussione comune dei dati elaborati e diffusi.
Il monitoraggio dei servizi non dovrebbe limitarsi alla semplice raccolta di documenti e informazioni, ma esplicarsi in un’articolata analisi dei singoli servizi dalla loro creazione alla distribuzione, individuando i fattori di qualità, i relativi indicatori e gli standard di riferimento per effettuare rilevazioni e valutazioni. In sintesi l’Osservatorio avrà il compito di : raccogliere dati elaborare analisi qualitative (raggiungimento degli standard di servizio e customer satisfaction) e quantitative (elaborazioni dei dati quantitativi ed economici, comparazioni di benchmarking) dei singoli servizi realizzare rapporti periodici sulla qualità dei servizi.
Dai rapporti periodici dovrebbe derivare un flusso informativo in grado di tratteggiare un quadro aggiornato di quello che è lo stato dell’arte nell’erogazione dei servizi pubblici a livello comunale, indicando allo stesso tempo i punti di debolezza del sistema sui quali agire per migliorarne la qualità.
L’attività dell’Osservatorio potrà predisporre la documentazione che, nell’ambito delle loro competenze, le Autorità di regolazione dei servizi pubblici richiedono alle pubbliche amministrazioni e dunque organizzare la propria attività di raccolta dati anche in funzione delle particolari esigenze informative che ne derivano.
Sotto un altro profilo dovrà fungere da strumento per la diffusione a livello locale dei risultati dell’attività delle Autorità medesime. Occorre tener presente che in una prospettiva di riforma dei servizi pubblici locali, quale quella all’esame del Senato (AC 7042), il ruolo del Comune sarà sempre più incentrato nell’attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e controllo dei servizi, con un abbandono progressivo della gestione diretta, perlomeno per quanto concerne i servizi a rilevanza industriale.
A tale proposito, le informazioni che l’Osservatorio produrrà hanno nel Comune il loro destinatario principale. Questi è il soggetto titolare dei servizi che formeranno oggetto di analisi ed il feed-back che tali informazioni sono in grado di generare ha un’importante valenza strategica in termini di controllo e regolazione dei servizi.
Sdrammatizzare
Queste considerazioni vi propongo per avviare il dibattito su questa importante vicenda. Vi esorto a un dibattito costruttivo che entri nel merito dei problemi, evitando drammatizzazioni e tatticismi, inutili anzitutto per la città.
Vi ringrazio per l’attenzione".