Poteri locali e solitudine dei cittadini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 ottobre 2000 13:45
Poteri locali e solitudine dei cittadini

Al tema è dedicato un convegno che ha luogo alla Scuola Normale Superiore di Pisa, il 20 ottobre 2000.
Da anni la scena politica è occupata da una discussione interminabile: come rifare la già “rifatta” legge elettorale, come decentralizzare lo Stato (federalismo? regionalismo?) e come riformare la carta costituzionale? Tranne l’elezione diretta dei sindaci (e da ultimi dei Presidenti delle regioni) si tratta di discorsi che hanno prodotto pochissimo. Anzi hanno stancato i cittadini: i politici di questo tempo sono inconcludenti.

In realtà si corre un rischio più grave. Quando la discussione finirà tutto sarà stato inutile.
Perché i rapporti di solidarietà e di coesione sociale nel frattempo si saranno dissolti.
E molti fattori cooperano in questo senso: l’incertezza dei redditi, la fine del lavoro (il posto fisso), la fragilità esistenziale e l’insicurezza personale nelle città. Così le parole della politica rischiano di mascherare l’impotenza, mentre si assottigliano tutti i ponti che un tempo mettevano in contatto le insicurezze private dei cittadini con le istituzioni pubbliche: i sindacati, le associazioni, i partiti.

I modi di stare insieme e di costruire la società sono sfocati e frantumati.
Si diffondono invece le esplosioni di esasperazione, gli scoppi di aggressività, le rivolte, i comitati contro un nemico spesso inventato, compensando talvolta con moti di compassione verso le vittime di una catastrofe o regolando più spesso il tempo delle emozioni con il consumo di eventi di sport e di spettacolo.
Scegliersi un travaglio dell’esasperazione collettiva sembra l’unica via rimasta per ricomporre contro qualcuno la comunità civica perduta: possono essere aziende che minacciano l’ambiente, pedofili che insidiano, criminali che violano la proprietà, immigrati che rubano il lavoro, mussulmani che incrinano l’identità religiosa.
Così nel cuore delle città si incista un’aggressività che si maschera e si giustifica dietro l’insicurezza, mentre le risposte in termini di ordine pubblico riproducono insicurezza sociale e nuova solitudine.

Perché dietro l’insicurezza ci sono le ombre del domani: la flessibilità, che vuol dire lavoro incerto, l’insufficienza delle protezioni sociali, la necessità di modificare continuamente la propria identità professionale di fronte alle esigenze della flessibilità dell’economia.
Ci sono forze sociali che premono per destrutturare la società: meno stato, meno burocrazia, meno legislazione.
Talvolta si tratta di esigenze giuste, più spesso si promuove così una battaglia politica “per la libertà” che si traduce in un programma di assenza di regole: i giovani, buona parte del mondo femminile, la media e la piccola impresa diffusa, i settori del precariato sociale sono sensibili perché sono di fatto già esclusi dalla rappresentanza e dalla tutela assicurate dalla legge e dal sindacato.


Anche in toscana l’insicurezza e la solitudine si diffondono soprattutto tra i lavoratori autonomi e tra i giovani segnati dalla separazione generazionale nei confronti della cultura sindacale e politica democratica.
Disagio e crisi della coesione sociale e pauroso ritardo della politica, dunque.
Bisogna rompere l’involucro che isola i cittadini nella propria insicurezza privata e costruire nuova partecipazione e nuova solidarietà. Come?
Ma né i sindaci né i loro progetti bastano.


Bisogna far vivere i progetti con una nuova partecipazione, inventando il tragitto di una nuova democrazia.
A Pisa ne parleranno, il 20 ottobre, gli studiosi Bouman e Diamanti, Ginborg, Battini e Ramella, i politici D’Alema, Frattini, Zuliani e il sindaco Fontanelli.

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