Il regolamento in materia approvato dalla giunta regionale, su proposta dell'assessore al diritto alla salute, Enrico Rossi, prevede che tutte le strutture presenti in regione praticanti la fecondazione medicalmente assistita, sia pubbliche che private, saranno obbligate a richiedere l'autorizzazione alle aziende sanitarie locali e saranno controllate. In base ai criteri stabiliti si dovra' investire in strutture o professionalita' o cessare l'attivita'; quanto meno si dovra' limitare il campo di intervento se non si e' attrezzati per i livelli piu' alti e complessi.
Anche la Commissione
regionale di bioetica ha dato parere favorevole ad un provvedimento
contenente l'indicazione di requisiti minimi di professionalita', strutture e
qualita' per l'esercizio di questo tipo di attivita'.
"In Toscana valutiamo esistano diverse decine di centri - afferma Rossi - e
stimiamo in circa 3 mila le donne che si sottopongono ogni anno a questo
tipo di pratiche. Il vuoto normativo nazionale ha fatto moltiplicare gli
istituti privati; la Regione non puo' farsi carico di una responsabilita' che
compete al Parlamento, ma puo' introdurre una disciplina che regolamenti
la materia.
Si tratta di evitare i gravi rischi e i danni che le pratiche di
fecondazione assistita possono arrecare alle donne che vi si sottopongono
affidandosi a professionisti non adeguatamente formati, in ambienti
igienicamente non idonei e dotati di strutture ed organizzazioni sanitarie
approssimative".
A questo atto seguira' l'approvazione di un altro documento che conterra'
le linee guida perche' chi opera nel settore svolga una corretta
informazione sanitaria e sia documentato il consenso dei cittadini che
intendono sottoporsi a queste pratiche, illustrando correttamente i limiti di
efficacia e tutti i possibili rischi per creare le condizioni di una scelta
autonome e consapevole.