Il Consiglio comunale ha approvato la trasformazione dell’Ataf in società per azioni.
La delibera è passata con 26 voti favorevoli e 11 contrari.
Incrementare i livelli di imprenditorialità dell’azienda per raggiungere standars più elevati di efficacia ed efficienza del servizio; cercare una maggiore economicità gestionale accrescendo le opportunità operative; pensare, in prospettiva, a partners privati al fine di incrementare le capacità di investimento e di sviluppo della società; e soprattutto adempiere alla legge che rende obbligatoria la trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi in Spa entro il 31 dicembre 2000.
Sono queste alcune delle principali motivazioni che spingono l’Amministrazione comunale ad andare verso la trasformazione in Spa dell’Azienda consortile di trasporto pubblico.
Le linee guida sono state illustrate in Consiglio comunale dall’assessore alle aziende partecipate, Simone Tani.
‘’Un atto con il quale il servizio viene confermato all’ATAF – ha proseguito l’assessore - e sarà disciplinato da un contratto di servizio. La trasformazione del Consorzio Ataf in Spa mette in evidenza il principio di separazione tra momento della programmazione ed elaborazione degli indirizzi gestionali (compito che spetta ai Comuni) e il momento della gestione concreta del servizio, compito svolto in autonomia dalla società’’.
In questo senso il Comune si troverà a svolgere un ruolo più vicino ai compiti istituzionali che gli competono, ‘’cioè quello di luogo dove si imposta la politica di mobilità del territori – ha concluso Tani - affidando la gestione del servizio a una società per azioni che deve nel frattempo attrezzarsi per competere alle gare di appalto per l’affidamento dei servizi dal 2003’’.
«Anche nel trasporto pubblico locale (TPL) -interviene la consigliera di Allenza Nazionale Gaia Checcucci- come negli altri servizi pubblici, si fanno operazioni di maquillage trasformando le aziende speciali o, come in questo caso, i consorzi in S.p.A., secondo quanto prevede la legge, senza però che la trasformazione oltreché giuridica e formale sia anche sostanziale e di contenuto perché le Amministrazioni, mantenendo una partecipazione al 100% della società, continuano ad avere il duplice ruolo di soggetti del negozio, gestori del servizio e controllori di loro stessi.Fino ad oggi i proprietari del Consorzio ATAF sono state le Amministrazioni Locali, in primis con circa l’80% Firenze, ed il servizio non è stato certo di qualità.
Il fatto che al posto della struttura consortile si utilizzi lo strumento S.p.A., senza che i soggetti cambino, lascia pensare che la qualità del servizio resterà la stessa, ovvero molto carente.
La società per azioni (ed è questo il concetto di fondo che la sinistra evidentemente non ha ancora assorbito, oppure semplicemente non vuole) non è la panacea di tutti i mali se non ha un assetto societario che impedisca al pubblico, nei fatti, di essere soggetto gestore. Se fino ad oggi le Amministrazioni comunali non sono state all’altezza del ruolo, non si comprende perché dovrebbero esserlo da domani: chiamarsi S.p.A invece che Consorzi non è certo utile ai fini dell’efficienza e dell’efficacia del servizio.
Infondo la trasformazione in S.p.A non è altro che un “atto dovuto” consentita dal decreto Burlando (422/97) ed agevolata dalle Bassanini.
Nelle intenzioni dell’azienda di trasporti fiorentina e delle Amministrazioni che ne fanno parte si coglie al volo l’opportunità della S.p.A. (prevista e consentita dal decreto Burlando e disciplinata dalla Bassanini) che consente una “vita” più agile, meno vincoli e soprattutto migliori possibilità di mascherare il deficit “storico” che caratterizza l’ATAF.
E’ chiaro che in una S.p.A. sia più facile recuperare fondi per coprire “i buchi” di bilancio (fondo di riserva) senza dover ricorrere alle erogazioni dei comuni consorziati(12%) e della regione Toscana (50%) che andranno a diminuire.
Le motivazioni della nostra contrarietà sono rappresentate dal più che fondato sospetto che anche questa operazione sia un altro esempio di quelle privatizzazioni care alla sinistra in cui ci si limita a cambiare la cornice giuridica, senza però dare avvio ad una vera liberalizzazione.
Il periodo transitorio di affidamento diretto del servizio per tre anni e la contestuale possibilità prevista nello statuto all’art 4 di partecipare a gare anche per “l’acquisizione di servizi al di fuori del territorio e della competenza dei propri soci pubblici” (l’extraterritorialità appunto), è la dimostrazione di uno strano modo di concepire il mercato. Quando la maggioranza dice “l’azienda ATAF deve stare sul mercato, ecco perché la trasformazione in S.p.A.”, fa riferimento ad un mercato distorto in cui non vi è parità fra pubblico e privato, perché se l’ATAF vuole confrontarsi davvero con il mercato che lo faccia partecipando a gare per la gestione del servizio, senza però usufruire di una nicchia monopolista scaturente da un affidamento diretto del servizio.
O l’uno , o l’altro. I benefici del soggetto pubblico con l’aggiunta dei vantaggi di una struttura di tipo privato è contrario alla nostra idea di mercato e ancor prima di liberalizzazione di esso, strumento quest’ultimo, per noi di A.N., necessario per avere servizi migliori, più efficienti ed economici».