Con questa amara verità, pronunciata dal protagonista, si chiude la famosa commedia “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta, che la Compagnia Nuova Scena-Teatro Stabile di Bologna ha messo in scena al Metastasio dal 22 al 26 marzo. Il regista Nanni Garella ha anche interpretato il personaggio di Pasquale accanto a Virginio Gazzolo nei panni di Felice Sciosciammocca e agli altri tredici attori, in questa amara commedia di cui si ricordano le due famose versioni, quella teatrale di Eduardo De Filippo e quella cinematografica di Totò.
La cosa che più colpisce lo spettatore è il testo in dialetto napoletano recitato da attori che napoletani non sono: bizzarria spiegabile con la ricerca linguistica portata aventi in questi anni dal regista molisano. Infatti Garella ha scelto il testo di Scarpetta perché interessato a ricercare l’identità della lingua teatrale italiana attraverso le sue forme dialettali. Così, come per il Campiello di Goldoni recitato da attori non veneziani, il testo in napoletano diventa un’occasione per esplorare le possibilità espressive degli attori, esercizio stimolante, vitale e necessario per evitare il graduale impoverimento della nostra lingua contro il debordante gergo televisivo.
Si può dire che questo napoletano “spurio”, dopo l’iniziale perplessità, diventa un piacevole strumento espressivo che scandisce i ritmi della commedia e il vorticoso movimento delle scene e dei personaggi, imbastite intorno agli inganni perpetrati in danno di un divertentissimo Don Giacchino. Il protagonista di Felice Sciosciammocca è interpretato brillantemente da Virginio Gazzolo, che assume i tratti propri di una figura che da maschera si trasforma in burattino e carattere, un Pulcinella spogliato del costume e reso drammaticamente umano nella sua condizione degradata.
E proprio di burattini Nanni Garella ha voluto riempire la scena, con i costumi coloratissimi indossati dai personaggi, realizzati con un tessuto simile alla carta e colorato a mano grazie all’artista scenografo Antonio Fiorentino.