Dall’antichissima Cina della saggezza taoista alla Napoli seicentesca, passando per i risorti virtuali dello scrittore visionario Philip K. Dick: in questo vertiginoso percorso metafisico lungo il grande tema, comune a molte culture antiche e orientali, della vita e della morte come fenomeni della medesima dimensione, Renato Carpentieri e Amedeo Messina hanno messo in scena al teatro Studio di Scandicci, l’11 e 12 marzo, l’ultima versione di un’opera a lungo studiata ed elaborata. “Resurrezione” infatti è liberamente tratta da un’antica parabola del filosofo taoista Chuang-Tzu, ripresa da altri saggi cinesi Chang-Heng e Lieh-Tzu, e raccontata dallo scrittore cinese Lu Hsun: narra del dialogo tra un filosofo e un teschio, simbolo di un morto che appare in sogno.
Una versione teatrale del testo era stata già proposta nel 1989 dallo stesso Carpentieri con alcune varianti. I due autori colgono gli spunti innovativi del testo – la vita e la morte, la farfalla simbolo dell’anima che lascia il corpo, l’eterno divenire e l’apparenza di tutte le cose – e ambientano la storia in una terra senza tempo, fra distese di sale e frammenti del Vesuvio, in cui Renato Carpentieri, che interpreta il filosofo Bia-Se, fa’ tornare in vita Chu-Cho Lello Serao, ciabattino napoletano.
Attraverso i dialoghi in napoletano fra i personaggi, sottolineati dalla bellissima musica di Marco Zurzolo, si compie il destino del filosofo, in un’atmosfera di sospensione verso una dimensione diversa. Carpentieri, direttore artistico della Libera Scena Ensemble, da sempre promotore di un ambizioso progetto di teatro filosofico-popolare attento a contenuti alti e fruibile da un pubblico eterogeneo, elabora una trama in cui lo spettatore è chiamato ad osservare in modo distaccato, quasi “taoista”, i diversi eventi che si succedono, portandolo a prendere coscienza, fuori da ogni condizionamento, dell’illusorietaà dei confini tra realtà e sogno.