Un forte cambiamento verso una maggiore autonomia finanziaria degli enti locali, che in Toscana e' piu' forte che altrove, e che vede le entrate proprie aumentare a discapito dei trasferimenti statali; un piu' ampio, anche se non ancora soddisfacente, margine di manovra da parte delle amministrazioni comunali che ha gia' prodotto, come conseguenza di una maggiore possibilita' di scelta e di una maggiore responsabilita', una situazione più marcatamente differenziata tra comune e comune; una generale ripresa degli investimenti, legata anche alla disponibilita' di risorse "liberate" dalla diminuizione dei tassi di interesse e dalla rinegoziazione dei mutui; un irriversibile processo di abbandono da parte degli enti locali della gestione diretta dei servizi pubblici, in particolare dei servizi di carattere produttivo.
Sono queste alcune delle principali tendenze relative alla finanza e ai servizi degli enti locali toscani nel corso degli anni Novanta, cosi' come emerge da uno specifico rapporto pubblicato dalla Regione Toscana.
Si tratta del primo rapporto di una serie che, con cadenza annuale, e in collaborazione con l'Irpet, presentera' i dati piu' rilevanti sugli assetti finanziari e gestionali degli enti locali, fornendone anche una chiave interpretativa. Un tema fondamentale non solo per la pubblica amministrazione, ma anche per l'economia, non fosse altro che per le spese sostenute dalle amministrazioni toscane: spese che nel 1996 sono state pari a 8.514 miliardi di lire (l'86 per cento da parte dei comuni, il 12 per cento dalle province, il 2 per cento da parte delle comunita' montane).
"Si tratta di una base informativa che e' un presupposto indispensabile per promuovere l'innovazione della pubblica amministrazione - spiega l'assessore alle riforme istituzionali e ai rapporti con gli enti locali, Paolo Giannarelli - Se è vero che gli anni presi in considerazione nel rapporto hanno gia' visto molti cambiamenti, soprattutto nel settore fiscale e tariffario, il cammino della riforma, e' appena iniziato.
E i temi relativi alla finanza locale sono quelli decisivi nella battaglia per una pubblica amministrazione piu' responsabile e piu' efficiente, piu' capace di ridurre sprechi, spendere meglio, offrire servizi migliori ai cittadini-utenti. E' la sfida che abbiamo fatto nostra in questa fase di attuazione dei decreti Bassanini e che nei prossimi anni investira' in maniera profonda l'organizzazione, le modalita' di reperimento delle risorse, i livelli territoriali e le forme di gestione dei servizi pubblici, gli strumenti di finanziamento degli investimenti".
Questi alcuni dei dati piu' rilevanti del rapporto, i cui dati si riferiscono in particolar modo agli anni 1992-1997, partendo cosi' da un periodo, all'inizio degli anni Novanta, in cui il quadro della finanza locale era avvertito come particolarmente insoddisfacente, per la scarsita' dei tributi propri, la destinazione vincolata della maggior parte delle risorse, i meccanismi incerti e poco trasparenti dei trasferimenti statali.
Le entrate dei comuni
Le entrate proprie - sia tributarie che extra-tributarie - costituivano il 46.3 per cento delle entrate totali nel 1992.
Nel 1996 avevano raggiunto il 66.8 per cento, con una dinamica che ha registrato un vero e proprio balzo nel 1994, in seguito all'introduzione dell'Ici, divenuta da subito il principale strumento impositivo. In ogni caso i comuni toscani ricorrono a risorse proprie in misura superiore alla media italiana: l'incidenza dei tributi e' del 43.6 per cento contro il 37.8 per cento, quella delle tariffe del 21 contro il 18.5. Da notare che l'autonomia e la pressione impositiva raggiungono i valori piu' elevati nei piccoli comuni a forte attrattiva turistica e in quelli intensamente industrializzati.
I valori massimi si registrano infatti in alcuni comuni dell'Elba, all'Abetone, a Forte dei Marmi, a Santa Croce sull'Arno. Nel 1996 l'importo dei tributi comunali pagati in media da ogni cittadino è stato pari a 670 mila lire , quasi il doppio dell'ammontare del 1992. La crescita delle risorse proprie ha proceduto, in parallelo, con la riduzione dei trasferimenti, che nel 1992 costituivano piu' della meta' delle entrate correnti, per ridursi a un terzo nel 1996. In valori pro-capite. l'intervento dello Stato in Toscana e' passato da 690 mila lire a 470 mila lire, quello della Regione da 14 a 20 mila, per un ammontare complessivo al 1996 inferiore al mezzo milione di lire.
Per quanto riguarda i proventi tariffari la Toscana, assieme all'Emilia, all'Umbria e alle Marche, presenta i valori pro capite piu' elevati: nel 1994 rispetto alle tariffe comunali pagate in media da ogni cittadino, il toscano ne versava il 50 per cento in più.
La spesa dei comuni
Nel 1996 la spesa corrente dei comuni toscani è stata pari a quasi 5 mila miliardi di lire, mentre quella in conto capitale ha superato di poco i 1.900 miliardi: l'ammontare della spesa, con i rimborsi per i prestiti, si e' attestata sui 7.300 miliardi.
I comuni hanno speso quasi 2 milioni di lire pro capite, cifra ben al di sopra della media italiana. In generale, si e' registrata una lieve diminuizione dell'incidenza delle spese correnti, di fronte ad un consistente aumento di quelle in conto capitale: fenomeno particolarmente accentuato nei comuni molto piccoli e in quelli molto grandi. La spesa per investimenti ha superato il mezzo milione di lire pro capite, con un aumento complessivo dal 1992 al 1996 del 63 per cento e picchi piu' alti a Massa, Firenze e Prato.
Rispetto al resto di Italia le amministrazioni comunali sembrano riporre maggiore attenzione al sociale, all'istruzione e alla cultura. Risulta invece meno incidente la spesa per viabilita' e trasporti. Molto piu' elevata che a a livello nazionale la spesa destinata ad interventi economici. Da rilevare, che mentre la struttura delle entrate e' stata caratterizzata da forti cambiamenti, la spesa corrente deve fare i conti con una maggiore rigidita' (costi del personale, interessi sui mutui) L'indebitamento medio dei comuni e' diminuito dal 25.8 al 16.4 per cento.
Entrate e spese nelle province
Il rapporto registra situazioni fortemente differenziate sia per quanto riguarda le entrate tributarie (dal 9 per cento di Grosseto al 21 per cento di Prato) che i trasferimenti (dal 44 per cento di Siena al 73 per cento di Massa Carrara).
Anche sul fronte delle spese le differenze sono notevoli, con le spese in conto capitale che spaziano dall'11 per cento di Livorno al 43 per cento e oltre di Siena e Prato. In genere comunque, nonostante una minore autonomia rispetto ai comuni, Le province hanno sensibilmente aumentato il ricorso alle risorse proprie. Le spese correnti sono diminuite di 7 punti percentuali rispetto al totale, mentre quelle in conto capitale sono cresciute dal 15 al 26 per cento. Nel 1996 le province hanno speso 330 mila lire per abitante contro le 220 mila del 1992.I servizi.
Tra il 1992 e il 1996 non varia significativamente il numero dei servizi erogati dalle amministrazioni toscane. Forti novita' si registrano invece sul terreno della riorganizzazione gestionale, con il ridimensionamento delle gestioni in economia e il crescente ricorso agli affidamenti esterni, particolarmente accentuato nei servizi con caratteristiche economiche. Aumentano le gestioni private e quelle di aziende speciali, imprese o consorzi pubblici. Complessivamente la spesa diretta dei comuni per i servizi e' aumentata di circa il 20 per cento (diminuisce pero' del 14 per cento per i servizi a carattere produttivo).
Non mancano alcuni dati su cui riflettere. la spesa per le mense scolastiche, ad esempio, è aumentata del 24 per cento nonostante la diminuizione delle gestioni dirette, mentre quella per gli asili nido è aumentata solo dell'1.3 per cento, ovvero e' diminuita in termini reali. Particolarmente radicale il riassetto che in questo periodo ha interessato servizi "tecnologici" come quelli idrici e di smaltimento rifiuti, con la definizione di nuovi ambiti territoriali di gestione.