Sono i fanghi della zona del cuoio e la marmettola dell'industria lapidea delle Apuane, i cascami del tessile pratese e il cosiddetto "pulper" delle cartiere lucchesi; sono gli oli esausti e i materiali in amianto da rimuovere per legge; e ancora, sono la sansa e altri residui di provenienza agricola, i farmaci scaduti, gli imballaggi in polietilene, i rottami delle autovetture. Sono solo alcuni esempi di rifiuti speciali, pericolosi o non, per la cui gestione la Toscana dispone adesso di un nuovo strumento: un apposito piano, adottato dalla giunta, che consentira' di avviare soluzioni di riduzione, recupero, trattamento e smaltimento di rifiuti per i quali finora non si disponeva nemmeno di un'adeguata base conoscitiva, relativa a quantita', tipologie e flussi.
"E' la prima volta -spiega l'assessore all'ambiente, Claudio Del Lungo- che una regione in Italia si dota di un piano sui rifiuti speciali, anche pericolosi. E' un traguardo che valuto con grande sodddisfazione anche perche' completa una sorta di `trilogia' avviata con il piano sui rifiuti urbani e quello sulle bonifiche, coronando un impegno che ci ha caratterizzati fin dall'inizio di questa legislatura e facendo della Toscana una regione leader in materia". L'importanza del piano si esprime anche attraverso i dati quantitativi.
Finora l'attenzione si e' concentrata sul nodo dei rifiuti urbani - in Toscana circa un milione e 700 mila tonnellate all'anno - di fatto provocando un certo "strabismo" nella percezione del problema complessivo. Ma sia su scala regionale che nazionale i rifiuti speciali sono tra tre e quattro volte di piu' degli urbani: il nuovo piano va oltre i dati finora disponibili sulla base del "modello unico di dichiarazione" (che peraltro nel 1997 era stato presentato solo dal 47 per cento delle imprese toscane obbligate alla denuncia) e quantifica la produzione toscana di rifiuti speciali in 6 milioni e 237 mila tonnellate all'anno (5 milioni e 583 mila non pericolosi, 653 mila pericolosi).
Aggiungendo 2
milioni e 650 mila tonnellate di residui di cava, si ottiene la cifra di
circa 8 milioni e 887 tonnellate. E se molte categorie di speciali non
sono necessariamente piu' problematiche degli urbani, la dimensione
quantitativa basta da sola a sottolineare la vastita' dei problemi di
gestione.
Il piano - la cui elaborazione ha contato sul supporto tecnico-
scientifico dell'Agenzia regionale recupero risorse - contiene norme di
indirizzo, prescrizioni, obblighi e linee strategiche.
Tra i suoi obiettivi, l'acquisizione di un adeguato quadro di conoscenze, l'individuazione di processi di riduzione alla fonte, lo sviluppo di azioni di recupero, la realizzazione di un'impiantistica in grado di ridurre la pericolosita' dei rifiuti, minimizzarne il trasporto, ridurre gli impianti ambientali, offrire servizi economicamente vantaggiosi alle imprese. Ricordiamo infatti, che per i rifiuti speciali - risultato di lavorazioni industriali, artigianali, agricole e agro-industriali, nonche' di attivita' di scavo, demolizione, costruzione - deve provvedere, a sue spese, il produttore degli stessi, attraverso l'autosmaltimento o il conferimento a terzi.
Per quanto riguarda i servizi di gestione, il piano sottolinea una
sostanziale carenza, soprattutto per alcune tipologie di rifiuti, e una serie di
squilibri territoriali, con concentrazione in alcune province e frequente
sottoutilizzazione delle potenzialita'. Il totale dei rifiuti trattati in regione
e' pari ad un milione e 425 mila tonnellate annue, a cui si aggiungono un
milione e 415 tonnellate smaltite in discarica e un milione e 260 mila
tonnellate di residui completamente recuperati.
Si stima un fabbisogno
impiantistico "effettivo" pari a 2 milioni e 747 tonnellate annue. La scelta
del piano e' di puntare sul potenziamento e l'adeguamento di impianti gia'
esistenti, evitando la loro proliferazione, ma anche puntando
all'autosufficienza degli Ambiti territoriali ottimali.
Il fabbisogno di impianti e' esaminato in primo luogo sulle esigenze di
grandi produttori: per le acciaierie di Piombino - dove sono stati censiti
204 tipi di rifiuti, di cui 13 classificati come pericolosi, e si stima una
"massa critica" di un milione di tonnellate annue - si ipotizza la
realizzazione di una piattaforma tecnologica polifunzionale; per la Tioxide
di Scarlino (490 mila tonnellate annue) si sta studiando la riutilizzazione
dei "gessi rossi" nei ripristini ambientali; per la Solvay si sta
sperimentando il rimpiego dei fanghi attualmente scaricati a mare; per la
Societa' Chimica Larderello, il piu' grande produttore toscano di rifiuti
pericolosi, si sta cercando di individuare soluzioni alternative alla
discarica controllata per fanghi.
Per il distretto conciario (250 mila tonnellate di fanghi) si pensa, tra le
altre cose, al riutilizzo nel ripristino di siti degradati e vecchie cave e
nell'industria dei laterizi; per il distretto cartario lucchese si prevede che il
materiale di scarto possa trovare maggiore impiego negli stessi settori in
cui sono gia' in atto forme di recupero: come combustibile alternativo, il
pulper (110 mila tonnellate), per i ripristini ambientali, i fanghi di
deinchiostrazione.
Quanto al tessile pratese (100 mila tonnellate, tra cascami e fanghi) la prospettiva e' quella dello sfruttamento energetico; per il lapideo apuo-versiliese, con il problema dei fanghi di marmettola (800 mila tonnellate), si rileva la necessita' di una discarica in area apuana, dove svolgere operazioni di selezione e avvio al riutilizzo, limitando ai soli fanghi non riutilizzabili lo stoccaggio finale controllato. Ma il piano propone soluzioni anche per tipologie quantitativamente piu' ridotte.
Per esempio, per gli pneumatici (15 mila tonnellate), di cui 4 mila
tonnellate saranno recuperati attraverso un impianto di prossima entrata in
esercizio in provincia di Pistoia, mentre altri 5 mila tonnellate forniranno
energia. Per le 15 mila tonnellate di rifiuti sanitari e farmaci scaduti si
propone un ulteriore potenziamento degli impianti esistenti, mentre per le
160 mila vetture rottamate ogni anno in Toscana (144 mila tonnellate) si
ipotizzano uno o due centri regionali integrati.
I criteri di localizzazione per i nuovi impianti sono ancora piu' restrittivi
di quelli, gia' molto rigorosi, introdotti per i rifiuti urbani, con un lungo
elenco di siti non idonei.
Si prevedono, inoltre, precisi requisiti tecnologici
e per la gestione degli impianti, nonche' vari tipi di controllo. Il piano
elenca anche le opportunita' di agevolazioni - comunitarie, statali e
regionali - per le imprese ed esamina le possibilita' legate al project
financing.
Sono previsti anche piani provinciali, da approvare entro 180 giorni
dall'esecutivita' del piano regionale. Quest'ultimo, prima della sua
definitiva approvazione, sara' inviato a comuni e province e potra'
ricevere le osservazioni di enti locali e cittadini.
La giunta ha provveduto a nominare anche un garante per l'informazione.