Al Palazzo Pretorio di Prato sino al 15 marzo (è stata prorogata) è visitabile la mostra realizzata con una selezione di circa 150 immagini in bianco e nero scelte fra le numerose colte dall'obiettivo del giornalista e fotografo Angelo Del Boca nel continente africano e nel lontano Oriente, tra gli anni Cinquanta e Sessanta. E' suddivisa in due sezioni, una, la principale e più consistente, dedicata all'Africa alla vigilia dell'emancipazione dal colonialismo (sullo stesso tema è in programma un convegno previsto per il mese di gennaio 1999), dove viene offerta una visione globale del continente spaziando dai paesi del Magreb al Sud Africa; l'altra ai paesi dell'Asia emergenti o in fermento, come il Giappone, l'India e il Vietnam.
Le fotografie all'interno delle sezioni sono presentate cronologicamente nell'ordine dei viaggi compiuti da Del Boca come corrispondente della «Gazzetta del Popolo» di Torino (1950-1966). La sezione africana inizia con l'Algeria (1954), e prosegue con la Tunisia (1956), il Ghana (1958), la Liberia e altri paesi fino al Sud Africa (1959-1965), per finire con la Libia (1966). L'altra è una scelta del lavoro di Del Boca fra quei paesi ai quali è rimasto particolarmente legato: l'India (1957) della miseria e dell'azione di assistenza avviata da una giovane Madre Teresa di Calcutta, il Giappone diviso tra la spinta verso una modernizzazione di tipo occidentale e un recente passato dove è ancora molto forte il sentimento di dolore per le cocenti ferite dell'atomica (1960), il Vietnam in guerra per l'autodeteminazione (1961).
La mostra, intende offrire una testimonianza relativa alla recente storia dell'Africa , sottolineare il ruolo e la funzione della fotografia e del fotogiornalismo, attualmente un pò in crisi nel sistema della comunicazione, e ricostruire l'attività di un autore come Angelo Del Boca conosciuto ed apprezzato come storico, scrittore e giornalista, ma meno come fotografo. Del Boca viaggia, osserva, descrive e fotografa un'Africa che è insieme antica e moderna. Le sue fotografie, esposte oggi per la prima volta a Prato, ci ricordano e ci fanno rivivere le curiosità, le attenzioni, le speranze, le emozioni, le contraddizioni, i drammi, le incertezze di quegli anni.
Sono l'occasione per riflettere, a un quarantennio dall'indipendenza, sulle origini dell'impegno civile di uno tra i nostri massimi conoscitori del continente nero, ma anche sulle molte strade che in quel torno di anni si presentavano aperte e affascinanti per un' Africa all'alba dell'indipendenza.
Quarant'anni fa, nella seconda meta' degli anni Cinquanta, il continente africano era in ebollizione. Il dominio coloniale europeo che ancora lo stringe sta sgretolandosi di fronte all'ascesa dei movimenti nazionalisti e indipendentisti locali.
Alla fine di quel decennio gli imperi coloniali inglesi e francesi sono ormai sul punto di sfaldarsi di fronte alla pressione di un mondo nuovo che avanza, sconosciu to e anche per taluni terribile, comunque inarrestabile. Nel 1952 era gia' stato l'Egitto di Nasser a dare il primo segnale. Nel 1954 scoppia l'Algeria, mentre l'anno successivo si tiene il primo convegno dei paesi non- allineati. Nel 1956 il Sudan e' indipendente, poi il Marocco. Ma e' il Ghana nel 1957 che apre definitivamente la strada.
E poi arriva il 1960, l'"anno dell'Africa": quasi tutto il continente e' indipendente, il colonialismo formale dell'Uomo Bianco che da secoli teneva in pugno l'Uomo Nero e' finito. In Africa sono anni di eccezionali movimenti di uomini e donne. In Europa, fra gli anticolonialisti e chi comunque ritiene il dominio coloniale un retaggio del passato da superare al piu' presto, sono anni di memorabili speranze, di profonde riflessioni, anche di grandi illusioni. Il giornalismo, in anni in cui la televisione ancora muove i primi passi, informa e documenta questa grande rivoluzione politica, sociale e ideologica che prende il nome di indipendenza e decolonizzazione. Ma accanto ai testi ci vogliono immagini: quotidiani, rotocalchi, riviste ne richiedono sempre piu' numerose, per un'opinione pubblica che vuol capire quanto sta accadendo nel Continente Nero.
E cosi' il fotogiornalismo ritrae e ferma immagini che poi rimarranno nella memoria e nell'immaginario di generazioni.
Angelo Del Boca nasce a Novara il 23 maggio 1925. A sedici anni scrive il suo primo romanzo Gli spostati, non pubblicato da Bompiani perché risentiva troppo, nei contenuti e nello stile, delle esperienze narrative americane degli anni Trenta. Nel 1943 si iscrive a Lettere presso la Facoltà di Magistero di Torino. Dal 1944-45, dopo una breve e triste parentesi nei campi d'istruzione tedeschi, prende parte alla guerra di liberazione nel piacentino, come partigiano della Prima Divisione Giustizia e Libertà.
Collabora quindi al «Politecnico» di E. Vittorini, alla «Rassegna d'Italia» di F. Flora, alla terza pagina della «Gazzetta del Popolo» curata da L. Gigli, scrivendo racconti che in parte riunirà poi nel libro Dentro mi è nato l'uomo del 1947. Nel 1950 è assunto come inviato speciale dalla «Gazzetta del Popolo» di Torino con l'incarico di seguire gli avvenimenti in Africa e Medio Oriente. Assiste così al lento e tormentato processo della decolonizzazione scrivendo, tra il Cinquanta e il Sessanta, un centinaio di articoli più vari libri.
Nel 1960 lascia la «Gazzetta» e si trasferisce a Milano dove lavora a «Il Giorno» ricoprendo l'incarico di capo-redattore. Dal 1981 si occupa del lavoro di ricerca e collabora al «Messaggero» al «Corriere della Sera» alla RAI con servizi di storia e attualità su problemi africani. Dal 1985 è presidente dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea di Piacenza e direttore della rivista di storia contemporanea «Studi Piacentini».