"Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare" è la popolare fiaba di Luis Sepùlveda. Lo scrittore cileno racconta di una gabbiana rimasta invischiata in una chiazza di petrolio, che prima di morire affida l'uovo che ha deposto a un gatto del porto di Amburgo. Il gatto diventa la madre putativa della gabbianella, ma ad aprirle le ali riuscirà un uomo: un poeta abituato a volare con la fantasia. Lo scorso anno il Piccolo Teatro di Milano ne ha tratto un fortunato spettacolo con musiche di Bach, Haydn, Scarlatti e Vivaldi, la regia di Walter Pagliaro e la danza di Oriella Dorella.
Sino a domenica è al Teatro della Pergola. Mettere in scena una fiaba moderna (in contemporanea con l'edizione cinematografica) potrebbe spingere a soluzioni di avanguardia. E questa è la scelta di Pagliaro, sia pur nel solco della grande esperienza del Piccolo. Nel senso che il regista pare aver ben presente i principi fondamentali del teatro di Giorgio Strehler: la scelta della musica barocca in un confronto corraggioso e rispettoso con la tradizione; la valorizzazione del grande patrimonio dialettale della maschere della commedia dell'arte.
Sicché la parabola della tolleranza di Sepùlveda viene interpretata da danzatori/attori, caratterizzati dagli accenti delle regioni italiane. Il resto è pura ortodossia con interpreti di impostazione teatrale, guidati da una Dorella nonocurante dle tempo, ed effetti scenici voluti sempre in funzione della narrazione, con un commovente omaggio nella scena finale a uno dei capolavori di Stehler.