Variante di aggiornamento al piano cave: netto no degli ambientalisti

Rossi (Cgil Toscana): "La Regione modifichi il provvedimento"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 marzo 2024 23:50
Variante di aggiornamento al piano cave: netto no degli ambientalisti

Firenze, 21-3-2024 - Nel 2020 la Regione Toscana è arrivata a stabilire nel Piano Regionale Cave degli obiettivi di produzione sostenibile per un arco di 20 anni, dando meritoriamente un tetto all’escavazione. La variante di aggiornamento al piano cave deliberata dalla Giunta regionale consente ai Comuni di aumentare il tetto all’escavazione, perché inopinatamente ha deciso di consentire alle cave di incrementare la produzione di marmo e pietre del 5% fino al 2038.

“Si tratta di una resa alle pressioni delle imprese e di un atto di abdicazione della Regione rispetto alla sua potestà di pianificare e programmare in modo sostenibile le attività estrattive in Toscana,” dichiara Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana “Abbiamo preso atto che diverse cave hanno superato il limite fissato dal Piano Regionale Cave e molte altre lo stanno raggiungendo e per la Giunta Regionale l’unica soluzione possibile sembra quella di alzare il limite delle quantità escavabili. Siamo veramente all’assurdo: le aziende che non hanno saputo programmare l’attività estrattiva in modo da rispettare il limite fissato dalla normativa regionale, scaglionando nel tempo i quantitativi da escavare, invece di essere sanzionate, vengono premiate, rendendo lecito ciò che lecito prima non era.”

Mentre le associazioni del territorio chiedono di “ridefinire i contingenti escavabili” sulle Alpi Apuane in base alla sostenibilità dei suoi ecosistemi e alla capacità di lavorazione della filiera locale dei prodotti lapidei e non alle potenzialità derivanti dalla domanda dell’industria edilizia e delle esportazioni estere, le decisioni prese dalla Giunta Regionale vanno in direzione opposta, persino per le cave situate in area Parco.

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Legambiente Toscana chiama alla mobilitazione il mondo ambientalista e la cittadinanza per evitare questo ulteriore attacco all’inestimabile patrimonio di bellezza, paesaggio e biodiversità rappresentato dalle Alpi Apuane. La richiesta che Legambiente rivolge alla Regione è quella di tornare indietro e bloccare questa variante, approvata senza avere consultato le parti sociali. Una scelta che Legambiente ritiene incomprensibile e che favorisce solo alcuni interessi aziendali, ponendo di fatto le premesse per una dérégulation del comparto estrattivo.

È una scelta che contrasta con quanto la CGIL Toscana sta sostenendo da tempo, ossia la necessità di creare un nuovo equilibrio tra ambiente e lavoro, attraverso il controllo dell’escavazione e il potenziamento della filiera locale.

"La Regione, ha consentito di aumentare fino al 5% il quantitativo complessivo di materiale estraibile da qui al 2038, e lo fa nel momento in cui, sui nostri territori, stiamo provando a regolamentare in maniera più stringente tutto il settore, in particolare per quanto riguarda il versante apuo-versiliese -dichiara Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana- Ci domandiamo, quindi, quale sia davvero il motivo e l’urgenza di fare approvare una modifica di questa natura, con un simile impatto. Se infatti, come apprendiamo dalla stampa, il problema è legato solo ad alcune piccole cave (i Gessi Pisani, gli inerti del Valdarno, i calcari di turrite secca a Molazzana in Garfagnana e gli inerti di Poggibonsi) per quale motivo approvare una norma che incide su tutto il settore, potenzialmente in ogni territorio e su tutte le tipologie di materiale escavato, marmo compreso?

Sappiamo bene che, con l'avvento tecnologico, nelle cave di marmo delle Apuane i ritmi di produzione e di escavazione sono sensibilmente aumentati e questo determinare un significativo impatto dal punto di vista paesaggistico e ambientale.

Continuiamo a ribadire che per noi è fondamentale investire sulla creazione di una filiera degna di questo nome, capace di creare buona occupazione anche al piano, iniziando così a completare davvero il ciclo produttivo sul territorio. La CGIL è convinta che la ricerca costante di un equilibrio tra ambiente, sicurezza e lavoro debba essere l’obiettivo di tutti. Chiediamo, pertanto alla Regione Toscana di modificare il provvedimento".

Anche Europa Verde Toscana esprime profonda preoccupazione per le ripercussioni ambientali, sociali ed economiche di questa scellerata decisione: "L'incremento quasi meccanico della quota estrattiva, che si traduce in un aumento di quasi 9 milioni di metri cubi di materiale estratto, rischia di compromettere seriamente l'equilibrio tra l'attività industriale e la preservazione dell'ambiente naturale - un equilibrio già vacillante, come evidenziato dagli sforamenti registrati in diversi comprensori estrattivi quali i Gessi Pisani, il Valdarno, la Garfagnana e Poggibonsi.

Questo atto, definito dalla stessa Regione come una "variante non sostanziale", infrange di fatto i pilastri fondamentali sui quali era stato costruito il Piano Cave originale, ossia limitare il consumo di suolo, la qualificazione delle filiere e l'equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale. La decisione sembra essere guidata più da esigenze di mercato e da richieste di comuni e imprese locali che da una valutazione approfondita delle conseguenze a lungo termine sul territorio e sulla comunità.Infine, è necessario sottolineare come, negli ultimi decenni, il settore delle cave abbia contribuito significativamente all'aumento della disoccupazione, riducendo drasticamente il numero di lavoratori occupati nonostante un considerevole incremento dei volumi di estrazione, reso possibile dalla meccanizzazione.

Le cave sono un ambiente lavorativo estremamente usurante, rendendo la professione del cavatore una delle più gravose e rischiose prime nella classifica dei lavori usuranti.È inoltre preoccupante la mancanza di specificità sulla distribuzione degli aumenti di escavazione tra i 98 comprensori estrattivi, lasciando spazio a interpretazioni che potrebbero favorire ulteriormente lo sfruttamento intensivo in aree già critiche".

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