La relazione inscindibile tra potere politico e università

In due volumi recentemente pubblicati dall’editore fiorentino Leo S. Olschki

Nicola
Nicola Novelli
28 gennaio 2024 10:30
La relazione inscindibile tra potere politico e università

Per i meno avvezzi la tradizione delle antiche università italiane potrebbe sembrare il pieno compimento dello spirito rinascimentale, che da vita a queste istituzioni di formazione culturale per forgiare l’uomo nuovo. E’ vero piuttosto il contrario. Le prime esperienze degli studia si sviluppano già all’epoca dei comuni per iniziativa della classe dirigente che intende trasmettere da una generazione all’altra le acquisizioni amministrative, letterarie e tecniche necessarie per lo sviluppo della propria comunità. Saranno proprio gli studia il preludio di un nuovo approccio al mondo, il luogo dove si riscoprono e diffondono ad esempio le letterature antiche, l’incubatrice della rivoluzione umanistica.

Lo documenta senza incertezze il volume “La tradizione degli studia comunali nelle città di età moderna”, edito recentemente da Leo S. Olschki [cm. 17 × 24, 142 pp. € 26,00]. Queste prestigiose istituzioni nacquero e si svilupparono per la maggior parte in stretta simbiosi con le istituzioni di governo delle città comunali. Fortemente voluti dalle classi dirigenti locali, gli Studia cittadini furono sostenuti economicamente dalle finanze del comune e inquadrati nella normativa statutaria.

Una volta conclusasi la stagione del comune, come si evolve quella fertile esperienza? Il libro curato da Carla Frova e Stefania Zucchini cerca di rispondere alla domanda, seguendo la storia di alcune importanti sedi universitarie dell’Italia centro-settentrionale, perché di quel rapporto fondativo restano tracce nella storia delle città. E’ il caso dello Studium generale, che sotto il governo di Cosimo I trasferisce la propria sede da Firenze in giro per la Toscana anche con l’intento di stabilizzare le relazioni di potere del granduca nei differenti territori.

Approfondimenti

Dall’epoca comunale in poi gli studia e successivamente le moderne università offrivano alle élite intellettuali una straordinaria occasione di affermazione economica e sociale, in un contesto cui le competenze offerte risultavano indispensabili per l’esercizio delle professioni e degli uffici pubblici. Università e governo divengono un binomio inscindibile della politica moderna, poiché gli studi divengono la principale fonte informativa che consente al potere di conoscere per amministrare e anche un luogo di riconoscimento delle eccellenze culturali individuali, di selezione delle competenze personali e di auto-alimentazione della èlite.

Un altro esempio? Il modo in cui la Destra storica affrontò, sin dai primi anni dell’Italia post-unitaria, la questione meridionale, oggetto delle preoccupazioni per il sottosviluppo socioeconomico del Sud, pericoloso freno, oppure risorsa, per la stabilizzazione e la crescita del Regno d’Italia. Un’attenzione appunto scientifica e politica che troviamo ricostruita in “Meridione e meridionalismo nella cultura della Destra storica toscana, dall’Unità alla Grande guerra”, recentemente pubblicato da Olschki Editore, nella Serie Studi dell'Accademia toscana di scienze e lettere «La Colombaria», in un volume di 254 pagine [cm 17 × 24, xviii-126 pp. € 25,00]. Il volume curato da Giustina Manica raccoglie gli atti del convegno di studi svoltosi a Firenze il 14 ottobre 2022.

Anche in questo caso è una fondamentale esigenza di governo dei nuovi territori nazionali che spinge gli studiosi ad analizzare le variabili politico-economiche e socioculturali del divario Nord-Sud. Tra essi spicca il fiorentino Pasquale Villari, docente all’Istituto di studi superiori e poi all’Istituto “Cesare Alfieri”, dove la questione meridionale assume lo spessore di materia di interesse nazionale. Esponente della Destra fiorentina, Villari si fece sostenitore, insieme alla Scuola di Scienze Sociali, di ricerche in àmbito meridionalistico destinate a ispirare le successive indagini governative. Studi celebri come le Condizioni economiche e amministrative delle province napoletane, inchiesta condotta da Leopoldo Franchetti e l’Inchiesta in Sicilia di Sidney Sonnino.

Anche in questo caso un moderno studium fiorentino, l’Istituto Alfieri, nato nel 1871 con l'obiettivo di formare una nuova classe dirigente più competente, introducendo nel processo di selezione elementi meritocratici, che nel 1924 si trasformerà in università libera che conferisce la laurea in scienze sociali politiche ed economiche. Anche in questo caso un luogo di formazione, selezione e relazione di èlite politica, certificata dal passaggio come docenti nella facoltà fiorentina di esponenti politici del calibro di Mario Draghi, Giovanni Spadolini, Valdo Spini.

Del resto nonostante la demagogia imperante, quando Giuseppe Conte viene nominato Presidente del Consiglio dei Ministri è professore ordinario di diritto privato presso l'Università di Firenze e il suo assistente è Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia. Triste destino ha il popolo che si convince che in politica si possa fare a meno di cultura e formazione scientifica.

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