'Nelle carceri supporto psicologico carente'

L’Ordine degli Psicologi della Toscana interviene dopo i suicidi di due detenuti a Sollicciano e Livorno

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 luglio 2024 18:35
'Nelle carceri supporto psicologico carente'

Firenze, 5 luglio 2024. “Troppi pochi gli psicologi che lavorano in carcere, non possono bastare, poche sono le ore destinate e spesso gli interventi sono puramente sanitari, non di gruppo, meno ancora di comunità”.

A dirlo è Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, dopo i suicidi di due detenuti a Sollicciano e Livorno e commentando la situazione delle carceri nel nostro paese.

“Dal disastroso sovraffollamento alla mancanza di personale educativo, dalla scarsità di progetti al suo interno alla scarsa presenza di contatti con l'esterno, il problema delle carceri è molto complesso - continua Gulino -. È necessario un grande rinnovamento strutturale, e un tema centrale da affrontare è quello dell'isolamento che molti detenuti vivono”.

“I suicidi in carcere spesso vengono trattati come drammatici casi isolati da considerare come questioni solo individuali e spesso approfonditi solo dal punto di vista psicopatologico - continua Gulino - ma il problema delle carceri è sistemico, riguarda l'istituzione e tutte le sue componenti. Infatti il tasso di suicidi riguarda spesso il primo o l'ultimo periodo di detenzione, ed è l’esito di un funzionamento dell'istituzione carceraria che va rivisto in maniera contestuale e sistemica, implementando per esempio le reti relazionali sia con i professionisti del settore che con gli affetti personali e familiari”.

“Inoltre bisogna considerare anche la scolarizzazione e la possibilità di studio anche universitario come fattori preventivi e protettivi e il sostegno psicologico alla genitorialità dei detenuti - continua Gulino -. Su questi temi interviene il progetto UniFi Include realizzato con il CRCR, Centro Criticità Relazionali di Careggi. Sul malessere del personale, che talvolta sfocia in suicidi e malattie, siamo intervenuti come Ordine favorendo un progetto sperimentale che ora è diventato a sistema su tutti gli istituti di pena della Toscana, promosso dalla Regione attraverso il CRCR e dal Prap”.

“Lo psicologo in carcere - continua Gulino- dovrebbe poter lavorare anche sul funzionamento dell'istituzione, con l'attenzione a tutti coloro che vivono il carcere, per intervenire sulle criticità, sulle differenze individuali, sulla dignità di ogni singola persona sia esso detenuto, agente, dipendente o dirigente. Perché le strutture penitenziarie siano un luogo di reale riabilitazione e perché si operi con il fine del reinserimento sociale”.

Il nostro Ordine sta lavorando sia a livello regionale con alcuni penitenziari del territorio che a livello nazionale a progetti di ricerca per raccogliere dati scientifici sulla vita in carcere - conclude Gulino - e prevenire tristi drammi come quello accaduto ieri a Sollicciano pensando a interventi contestuali e sistemici”.

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