Un flash mob assieme alle ragazze e ai ragazzi della comunità iraniana fiorentina dedicato alla libertà e alla lotta per i diritti umani in occasione del nono anniversario della morte di Nelson Mandela. L’iniziativa promossa dall’omonimia associazione si è svolta oggi alla pensilina all'ingresso del Nelson Mandela Forum. Erano presenti, tra gli altri, Massimo Gramigni, presidente dell'associazione Nelson Mandela Forum e l'assessora alla memoria Maria Federica Giuliani.
"Le donne iraniane nel mondo, anche quelle residenti nel nostro territorio, ci chiedono di accendere i riflettori sulla loro situazione e di non lasciarle sole - ha sottolineato l'assessora Giuliani - un flash mob alla cella di Mandela per ricordare come le idee di libertà non si imprigionano. Ieri in Sudafrica, oggi in Iran. La morte di Masha Amini e di tanti giovani coraggiosi è per tutti noi un impegno a stare al loro fianco a tutela dei diritti umani: la violenza sulle donne è essa stessa violazione dei diritti umani come sancito dalla Convenzione di Istanbul".
“La nostra città – ha spiegato a proposito di Nelson Mandela il consigliere PD Francesco Pastorelli – è l’unica, fuori dal Sudafrica ad avere un palazzetto, o meglio un forum, che porta il suo nome per accordo con la Nelson Mandela Foundation e non lo fa in modo vuoto e formale ma sforzandosi di portare avanti, ricordare e far vivere l’eredità valoriale che Madiba ha lasciato al mondo.
Mandela è ricordato come uno straordinario uomo di pace eppure il suo esordio fu tutt’altro che pacifico. Vedendo il Sudafrica oppresso dall’Apartheid e la popolazione nera discriminata e vessata dalla minoranza bianca, egli non esitò a impugnare anche le armi convinto che occorresse una forte ribellione contro quella che percepiva come una ingiustificabile ingiustizia.
Il suo attivismo lo portò ad affrontare il processo di Rivonia e poi 27 anni di carcere, un carcere duro, fatto di lunghi anni di isolamento a Robben Island in cui vide più i pomodori che coltivava nella cella dei suoi figli ma dai quali uscì profondamente cambiato e con la forza di cambiare un intero popolo abbattendo il regime dell’aparthaid.
Il suo percorso gli fece comprendere come la via non fosse quella della violenza ma la comprensione dell’altro, il perdono reciproco attraverso l’emersione di una verità condivisa e un nuovo spirito di comunità capace di fare i conti col passato e guardare insieme ad un futuro di cui tutti potessero sentirsi parte allo stesso modo, la famosa nazione arcobaleno.
Ancora oggi, per chi come me ha avuto l’opportunità di recarsi in Sudafrica e toccare con mano i luoghi dell’apartheid, tanti sono i simboli che raccontano questa nuova prospettiva, tra i quali mi piace ricordare l’albero stilizzato che troneggia sopra la Corte costituzionale a ricordare la giustizia tribale impartita sotto l’albero maestro del villaggio sedendosi tutti in cerchio e tentanto di chiarirsi e ritrovare l'armonia.
La sua liberazione e la fine dell’apartheid – ha concluso il consigliere PD Francesco Pastorelli – sembravano una enorme conquista per i diritti civili, politici e sociali, preludio a un mondo più libero e più giusto, eppure ancora oggi, a nove anni dalla sua morte ci sono luoghi del mondo in cui si muore per una ciocca di capelli fuori posto, in cui il pensiero è e può essere uno e uno soltanto, senza alcuna libertà di espressione, si assiste all'aggressione di un popolo e all’attacco che colpisce infrastrutture civili fondamentali ma anche in mondo in cui si può organizzare un mondiale nel deserto, calpestando l'ambiente, la sostenibilità, la dignità e la vita di tanti lavoratori senza una levata di scudi da parte del nostro civilissimo Occidente”.