Una pièce operistica per scherzare sul mondo dell’opera: nasce così Le convenienze e inconvenienze teatrali, un capolavoro di autoironia firmato da Gaetano Donizetti, raramente rappresentato, che sarà in scena all’Opera di Firenze martedì 28 febbraio e mercoledì 1 marzo.
Sul palcoscenico sono messe in scena le prove dell’immaginario spettacolo “Romolo ed Ersilia”, con una serie di gag comiche divertenti che coinvolgono l’impresario, il compositore e il librettista e mostrano il lato vanesio dei cantanti, che litigano tra loro per avere uno spazio più importante in scena. Ad interrompere le prove arriva Mamma Agata, la possessiva e intrusiva madre della Seconda Donna, rappresentata da un baritono en travesti: a lei è affidato il brano “Assisa a piè d’un sacco”, parodia dell’aria dell’Otello rossiniano “Assisa a piè d’un salice”.
I litigi tra Mamma Agata e la Prima Donna sono esilaranti: vengono rinfacciate parentele e tresche amorose, mentre gli altri cantanti via via scappano. Dopo la fuga della prima donna e del tenore russo-tedesco dal nome impronunciabile, l’Ispettore annuncia l’annullamento dello spettacolo: per evitare di pagare i costi di produzione di tasca propria, tutti se la svignano di soppiatto, lasciando l'Impresario solo e in preda alla disperazione.
Una curiosità: il libretto dell’opera ambienta la scena “al teatrino di Brozzi”, sobborgo di Firenze, in occasione della fiera di Campi Bisenzio.
La rappresentazione all’Opera di Firenze è affidata alla direzione del M° Paolo Ponziano Ciardi, che guiderà l'Orchestra ed il Coro, preparato dal M° Francesco Rizzi, del Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze.
La regia, curata da Francesco Torrigiani, è volta a raccontare «un fallimento dovuto a un sistema di produzione tutto rivolto a un mondo autistico, che parla un linguaggio obsoleto […] privo di una coscienza profonda del valore primo del teatro quale luogo di riflessione collettiva» e si ispira indirettamente a Prova d’orchestra di Federico Fellini. Gli interpreti saranno in scena per rappresentare l’opera in un recente passato o, come suggerisce il regista, negli «anni ’70 come tempo di un racconto passato, di una dinamica relazionale antiquata ma non antica, da modernariato della memoria».