"Sicurezza è una parola che si compone di tanti aspetti, anche del contrasto all'evasione fiscale. Alla luce della nostra esperienza con 'Lavoro sicuro', sono certo che se anche il Ministero dell'economia e finanze, in maniera costante e graduale, pianificasse una serie di controlli su tutte le aziende, la ricchezza pubblica a Prato aumenterebbe di un bel po' e potrebbe essere redistribuita nei servizi scolastici, nella sanità, nell'assistenza" dice il presidente della Toscana Enrico Rossi, in occasione del lancio della 'terza fase' del piano 'Lavoro sicuro' nella sede della CNA a Prato. "Lancio un appello al Governo - ha aggiunto - perché crei un gruppo di finanzieri che abbiano come obiettivo visitare tutte le aziende, non solo quelle cinesi, nell'arco di due o tre anni".
"La nostra esperienza - ha concluso - ha dimostrato che facendo controlli in maniera assidua e collaborando con la procura, si ottengono risultati a 360 gradi. Abbiamo infatti verificato con l'Agenzia delle entrate che i nostri controlli, pur vertendo su altri aspetti, hanno prodotto un effetto positivo anche sul versante delle entrate. Mi verrebbe da dire che se ci sono i controlli, le sacche di illegalità vanno pian piano restringendosi e chi vuol mettersi in regola trova le opportunità per assumersi le proprie responsabilità".I risultati, è indubbio, non sono mancati.
Cinque anni dopo l'incendio alla Teresa Moda (e i sette operai morti di origine cinese, che vivevano nel capannone pratese) le irregolarità sono diminuite e si sono fatte anche meno gravi. "Ma occorre – ribadisce il presidente della Toscana, Enrico Rossi – passare da una fase di prevenzione imposta ad un'assunzione di responsabilità. E' essenziale. Continueremo i controlli, spostandoli magari anche nelle fasce serali, notturne e nei giorni festivi, su quelle aziende che in modo sospetto nel resto della settimana chiudono ad esempio.
Ma per passare ad una fase nuova non si può fare a meno della collaborazione della comunità cinese, dei suoi imprenditori e dei lavoratori, che devono assumersi maggiore responsabilità". E poi ci sono nuovi criteri nelle ispezioni: più attenzione alla formazione sulla sicurezza, alla verifica dei documenti di valutazione del rischio e sui macchinari a rischio.
Rossi lo sottolinea nel pomeriggio partecipando ad una iniziativa organizzata a Prato dalla Cna Toscana Centro con il suo raggruppamento Cna World China tenuto a battesimo sette anni fa e guidato dal portavoce Wang Liping. All'iniziativa ha partecipato anche la vice console cinese Cui Lin e il sindaco Biffoni. Un centinaio almeno gli imprenditori orientali presenti e tanti altri italiani. A Prato del resto, su 30 mila aziende attive in tutto il territorio, ben novemila sono a conduzione straniera e molte cinesi, in percentuale tre volte più della media nazionale.L'appuntamento, aperto dalla presidente della Cna Toscana Centro Elena Calabria, diventa l'occasione per presentare i risultati ottenuti fino ad oggi grazie al piano straordinario di controlli, sulla sicurezza e il rispetto della legalità, messo in campo dalla Regione.
E i numeri raccontano più delle parole: cinque anni dopo il rogo alla Teresa Moda si registrano quasi il 91 per cento in meno di dormitori abusivi (quelli almeno nel luogo di lavoro) scoperti durante i sopralluoghi, il 70% in meno di impianti elettrici non a norma, si sono dimezzate la carenze igieniche e c'è una flessione quasi del 39 per cento anche sulle notizie di reato. Dati positivi, come l'84,2 per cento di aziende in tutta l'area metropolitana (l'83,5% a Prato) che, dopo i controlli, non sono scomparse nel nulla come in passato ma hanno ottemperato alle prescrizioni imposte ed hanno pagato le multe, peraltro in flessione dopo il picco del 2015 (4 milioni e 861 mila euro quell'anno, 2 milioni e 564 mila nel 2018, 15 milioni e 658 mila euro da settembre 2014) a riprova che le irregolarità sono diminuite.
Il piano "Lavoro sicuro" comunque prosegue (2048 controlli nel 2018), intanto fino al 2020 ma con l'intenzione di farne qualcosa di strutturale e ordinario. La Regione l'aveva lanciato pochi mesi dopo il rogo della fabbrica, con l'assunzione di 74 tecnici per controllare in tre anni 7700 aziende censite da Firenze a Pistoia fino ad Empoli, la metà solo a Prato. L'incendio fu il 1 dicembre 2013, una domenica: a settembre 2014 le prime ispezioni, che in quattro anni e quattro mesi sono state alla fine 11.761 (7.087 solo a Prato), spesso interforze.
Obiettivo dichiarato: evitare altre tragedie, ristabilire per i lavoratori garanzie di sicurezza e dei diritti più elementari ma anche aggredire in qualche modo un'economia sommersa e un nero che l'Irpet nel 2013 stimava in un miliardo di euro l'anno.La prima del progetto fase si è conclusa a marzo 2017; a Prato, nel primo mese di controllo, le imprese del tutto in regola sono state appena il 6,8 per cento, tre anni dopo erano il 55,7 per cento. Oggi sono ancora di più: il 65,8 per cento (e il 72,5% con Firenze, Empoli e Pistoia).
Nei primi tre anni in tutta l'area metropolitana sono stati trovati 969 dormitori, 285 cucine abusive, 123 bombole a gas dove non dovevano stare, 1.496 impianti elettrici, 1.612 macchinari non a norma. 1.713 carenze igieniche. Sono state sequestrate e e chiuse 418. Poi c'è stata la seconda fase ed adesso la terza, che prenderà le mosse ad aprile. Sono ancora numeri che non permettono di abbassare la guardia. Ma il trend segna senza dubbio un miglioramento.