FIRENZE- Ieri la Regione Toscana ha annunciato un piano affidato ad Arpat per l’analisi di otto aree (Pontedera, Empoli, Montaione, Pisa, Massarosa, Peccioli e Crespina) potenzialmente interessate dall’impiego di materiale dannoso per l’ambiente, come emergerebbe dalle indagini in corso da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze.
Per ogni sito la Giunta regionale intende predisporre un piano di monitoraggio periodico per favorire un prolungato controllo dei livelli di inquinamento ambientale. All’interno dei piani sono già previsti eventuali interventi di rimozione delle sostanze inquinanti, messa in sicurezza e bonifica dell’area, o dell’impianto.
Nelle settimane scorse sempre Arpat aveva analizzato una ventina di pozzi nei pressi della Strada Regionale 429, consentendo all’amministrazione regionale di affermare che non è stata rilevata la presenza di sostanze dannose. I risultati, provenienti dall’analisi delle acque interne ai pozzi attestano che non vi sarebbero al momento contaminazioni da keu.
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Il fatto che non siano state rilevate tracce di cromo e antimonio nei pozzi dei campi situati nel territorio del Comune di Empoli è un dato soddisfacente. Tuttavia -a rigor di logica- che senso ha cercare le contaminazioni se non si conoscono le esatte coordinate dei luoghi dove il keu è stato effettivamente sversato? A meno che la Giunta regionale sia stata informata dagli inquirenti. Cosa che possiamo escludere.
Oppure all’Arpat è stato chiesto di condurre un’indagine per individuare i siti contaminati parallelamente all’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia? Questo sarebbe davvero irrituale da parte dell’ente regionale, nonostante la comprensibile preoccupazione per la contaminazione delle falde acquifere. E rischierebbe di indurre nell’opinione pubblica convinzioni errate, in mancanza di un quadro conoscitivo completo e puntuale.
Dalle indagini in corso, se le imputazioni saranno confermate, emergono infrazioni molto gravi nella gestione del ciclo di trattamento degli scarichi delle concerie. Ma la DDA di Firenze sta indagando anche su numerose segnalazioni e contestazioni di fattori inquinanti di ARPAT, rimaste inascoltate negli anni scorsi. Come si indaga sulle anomale dimissioni del funzionario regionale Rafanelli, con l’ipotesi che siano state “indotte”.
E allora è lecito domandarsi: se l’attività e la documentazione prodotta nel tempo dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale è oggetto stesso dell’inchiesta, è opportuno che essa svolga accertamenti non commissionati dagli organi inquirenti?
E se proprio le amministrazioni comunali coinvolte hanno urgenza di rassicurare i propri residenti, non sarebbe meglio che si servissero di periti terzi, neanche indirettamente coinvolti nelle indagini? Non esiste solo l’Arpat: c’è dell’Ordine dei Geologi, come pure le agenzie ambientali delle altre regioni. Una condotta -quella di evitare ogni possibile ingerenza- che in questa situazione sarebbe consigliabile all’amministrazione regionale anche come forma di autotutela.