Per poter apprezzare il senso della celebrazione dei 30 anni di Internet occorre fare un passo indietro, staccarsi dal mondo attuale, tecnologico e dinamico in senso più virtuale che reale, e ricordare oppure immaginare cosa fosse l'Italia all'inizio degli anni '90.Per aiutarci in questa esperienza mistica abbiamo chiesto aiuto a due amici di Nove da Firenze, due pionieri della rete. Ha registrato il Radiotext, Radiosoftware e Telesoftware, ha collaborato con IBM Semea e fondato Apis Niger Software, è stato CEO di Navità e Presidente di Sinedita, è stato fondatore di Exibart.com e Amministratore Delegato di Colombus Net e CEO di Unione Editoriale SpA, oggi si occupa a tempo pieno di Yooplus e di Enterprise 2.0, è Luigi Grimaldi.
"Ero responsabile Arci dell'Estate Fiorentina - ricorda Grimaldi - ed al termine dei concerti dovevo compilare il Borderò. Il concerto terminava a mezzanotte ed io restavo a lavorare sino alle 2 perdendomi tutto il dopo concerto. Mentre ero impegnato nello studiare come poter fare per impiegare minore tempo possibile nel completare il lavoro conobbi Giovanni Sighele che arrivò una sera con un televisore portatile ed uno Spectrum Zx e fece il Borderò in 15 minuti..
ricordo che riuscì per la prima volta ad andare a cena con i cantanti. Questo è stato il primo incontro con l'informatica". Cosa innesca questa prima conoscenza? "L'anno dopo, sempre con Giovanni, inventammo il Radiotext, in pratica trasmissioni radio che sfruttavano la memoria di massa dei computer di allora, ovvero le cassette audio. Se si sentono si possono anche trasmettere, abbiamo pensato. Abbiamo iniziato con Controradio e poi con Radio 3 per poi proporre la prima trasmissione radiofonica da una sorgente dati al pubblico nel mondo.
Da allora tutto ciò che riguarda la comunicazione mi ha affascinato e mi affascina ancora". Il passo successivo? "E' stato sviluppare l'editoria sul web, non c'era nulla che permettesse una gestione editoriale e non esisteva wordpress.. così facemmo il primo sistema editoriale italiano".Ieri ed oggi. "Capimmo un giorno che con l'informatica, si potevano semplicemente raggiungere decine di migliaia di persone in un colpo solo.
Avevamo un approccio ridotto, con poche informazioni davanti, mentre i ragazzi che sono nativi digitali, ragionano oggi in parallelo. Vedo mio figlio che legge un libro, guarda la Tv ed usa il telefono interagendo con tutto ciò che ha davanti. Il mondo è cambiato in maniera naturale e sarebbe anzi oggi innaturale pensare di tornare anche solo indietro di 5 anni".Qualcosa da rimproverarci? "In Italia sono mancate le risorse per sviluppare progettualità nuova, occorre andare altrove per sviluppare nuove esperienze e guardandosi indietro avremmo potuto fare di più..
ancora ora siamo in difficoltà, ma tutto è stato necessario". Jacopo Marello nasce come architetto ed è co-fondatore di Dada e di Nana Bianca, acceleratore e sviluppatore di Start Up è tra i primi esploratori di Internet a Firenze.I primi passi. "Quando abbiamo iniziato eravamo giovani architetti con uno studio che stava sviluppando un progetto per la Libreria Cima di Borgo Albizi che si proponeva di vendere anche software su CD con l'opportunità di poterli lanciare e testare. Era il 1993, avevamo appena finito l'Università, avevamo sul tavolo i primi progetti da sviluppare e si iniziava a parlare di Internet, erano gli anni in cui l'innovazione digitale si riconduceva alla parola multimedialità.
L'idea è stata di condividere il nostro lavoro in rete. Ci siamo abbonati per connetterci su Milano.. e chiamare Milano costava parecchio: 600 mila lire la prima bolletta. Per dei giovani architetti un vero colpo. Con un modem ed un router abbiamo in sostanza allungato il filo dal nostro studio e pensato di aprire la linea al pubblico che ha risposto, pagando, per usufruire del collegamento, questo ci ha dato modo di coprire le spese.
In poco tempo la rete è diventata più complessa, i modem ed i contatti sono raddoppiati. Ricordo che all'inizio il passaparola è stato preceduto dalla stampa di un migliaio di volantini.. a ripensarci sembra strano usare i volantini per offrire un simile servizio di accesso ad internet, ed eravamo anche ingenui perché i volantini si dimostrarono fin troppo pochi".Quale l'utilizzo iniziale della rete? "Ricordo che c'era un sito web in cui era possibile richiedere la pizza a domicilio scegliendo le quantità degli ingredienti e la grandezza della pasta, il sistema elaborava i dati ed inviava un Fax nella cucina del Runner Pizza".Aneddoti rappresentativi del periodo? "Un giorno arrivò un cliente con un CD vergine e chiese di mettergli Internet sul CD.
C'erano persone che sapevano cosa avrebbero potuto fare con Internet ed altri che non ne avevano idea, pensavano di poterlo contenere su un supporto come fosse una Enciclopedia. Il concetto di memoria di massa è oggi abbandonato, la rete è accessibile come bene primario tanto che non avere campo per il telefonino ci mette in crisi".Durante Internet Day sarà fatto un bilancio e su iniziativa del Governo sarà lanciata la copertura a Banda Ultra Larga dell'Italia entro il 2020. "La rete in Italia è talvolta un'esperienza insufficiente per l'utilizzo dei servizi più evoluti come ad esempio lo streaming video.
Il doppino di rame è scarso se paragonato ad esperienze che possiamo fare all'estero, dove il wifi è un servizio dispensato come l'acqua negli uffici. Quello delle strade digitali è un tema da affrontare in maniera seria perché lo sviluppo commerciale del Paese passa dalla funzionalità e fruibilità della rete. Dare l'elettricità domestica ha migliorato la vita delle persone ed ha prodotto ricchezza. Non ricordo nessuna città della storia dell'umanità che non sia stata grande trovandosi al centro dei mercati e degli scambi culturali, Internet ti mette al centro".
Altro cardine dell'Internet Day è la competenza digitale. "Dobbiamo investire nella cultura digitale, c'è un gap da colmare perché ci sono servizi con delle logiche funzionali se destinate ad interagire. Facebook oggi è un buon termine di paragone, il minimo comune denominatore dell'interazione tra le persone, tutti lo sanno usare. Abbiamo però dei servizi forniti dalla pubblica amministrazione pensati in modo burocratico, magari ben fatti ma non funzionali per la rete.
Dovremmo sviluppare servizi secondo il lessico comune e l'uso comune conosciuto nella rete e dunque se non similari a Facebook almeno concepiti in modo che possano essere comprensibili ed utili a tutti".