Firenze, 30 novembre 2019- Domani, domenica 1° dicembre, è la Giornata mondiale Aids. In Toscana il sistema di sorveglianza di entrambe le patologie è affidato all'Ars, che dal 2004 gestisce il Registro Regionale Aids e dal 2009 la notifica delle nuove diagnosi di Hiv. L’Aids, continua a essere una malattia silenziosa. Una malattia su cui, nonostante i grandi passi fatti nel corso degli anni, c’è ancora molta disinformazione: lo dimostra l’aumento costante delle persone che scoprono di essere sieropositive molti anni dopo essersi infettate.
"I dati ci parlano di una progressiva riduzione dei casi di Hiv e di Aids conclamato, in Toscana come nel resto del Paese - dice l'assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi - Ma ci dicono anche che molte persone scoprono tardi la propria sieropositività. E che non c'è la percezione del rischio, soprattutto per quanto riguarda i rapporti eterosessuali. Quindi non dobbiamo abbassare la guardia, e continuare a fare interventi di sanità pubblica mirati, in particolare tra le fasce di età più giovani, per aumentare la consapevolezza sul grado di diffusione dell'infezione e sulle modalità di trasmissione e prevenzione. Lunedì prossimo porterò in giunta una delibera che destina un milione e mezzo di euro per progetti formativi sull'Aids per il personale che opera nei reparti di malattie infettive, e per programmi di prevenzione e lotta all'Aids da parte delle aziende sanitarie".
L'incidenza delle nuove diagnosi di infezione da Hiv, stabile dal 2009 al 2016, sembra in diminuzione negli ultimi due anni, in Toscana così come in Italia. "I casi dell'ultimo anno - dice Fabio Voller, coordinatore epidemiologia dell'Ars - potrebbero essere sottostimati a seguito di un ritardo di notifica di alcune schede dai centri clinici, ma una reale diminuzione potrebbe essere il risultato, sia di efficienti campagne di prevenzione e di sensibilizzazione, sia di nuove terapie come la Profilassi Pre Esposizione, la somministrazione preventiva di farmaci in caso di rischio".
In Italia, nel 2018, l'incidenza Hiv è pari a 4,7 nuove diagnosi per 100.000 residenti. Rispetto all'incidenza riportata dai Paesi dell'Unione Europea, l'Italia si posiziona lievemente al di sotto della media europea (5,1 nuovi casi per 100.000 residenti). Nel contesto nazionale, la Toscana è la seconda regione italiana ad avere incidenza più alta (5,6 per 100.000 residenti), preceduta dal Lazio (6,7 per 100.000 residenti). Le nuove diagnosi di Hiv del 2018 notificate in Toscana (dati aggiornati al 30 ottobre 2019), sono state 218, in diminuzione del 20% rispetto al 2017, quando i casi erano 272.
Il 78% dei casi notificati riguarda il genere maschile (rapporto maschi/femmine 3,5:1; incidenza maschi: 9,4 per 100.000; femmine: 2,5 per 100.000). Tra i maschi, i più colpiti sono gli adulti di età compresa tra 25 e 44 anni, seguiti dai 45-64 enni e dai giovani di età compresa tra 15 e 24 anni. Le donne sono leggermente più giovani dei maschi alla diagnosi, infatti, l'età in cui le donne scoprono la sieropositività è spesso legata alla gravidanza, grazie al fatto che il test per Hiv è uno degli esami previsti nel libretto di gravidanza e quindi offerto gratuitamente a tutte le gestanti: per le femmine si registrano i tassi più alti nelle classi 15-24 e 25-44 anni. L'andamento dei casi di Aids in Toscana è analogo a quello nazionale: si evidenzia un incremento dell'incidenza dall'inizio dell'epidemia sino al 1995, seguito da una rapida diminuzione dal 1996 fino al 2000 e da una successiva costante lieve diminuzione fino ad arrivare a 65 nel 2018 (dati aggiornati al 30 ottobre 2019).
L'incidenza per area geografica mostra in Italia la persistenza di un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia nel nostro paese, come risulta dall'incidenza, che è mediamente più bassa nelle regioni meridionali. La Toscana, secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istituto Superiore di Sanità, continua ad avere un tasso di incidenza maggiore rispetto a quello nazionale (1,4 per 100.000 vs 1,1 per 100.000 residenti) e si colloca al quinto posto tra le regioni, preceduta da Liguria (2,2 per 100.000), Lombardia e Lazio (1,6 per 100.000) e Umbria (1,5 per 100.000). Come ogni anno, si sottolinea che la maggior parte delle infezioni da Hiv è attribuibile a rapporti sessuali non protetti e che è alta e in costante crescita la percentuale di diagnosi tardive: sono molte, dunque, le persone non consapevoli di aver contratto il virus, che arrivano al test Hiv in uno stato di salute già debilitato.
In Toscana, il 23% dei pazienti è già in Aids conclamato al momento della diagnosi di sieropositività. Molti soggetti, quindi, ricevono una diagnosi di Aids avendo scoperto da poco tempo la propria sieropositività. La proporzione di pazienti con una diagnosi di sieropositività vicina (meno di 6 mesi) alla diagnosi di Aids è in costante aumento nel tempo ed è più elevata tra coloro che hanno come modalità di trasmissione i rapporti eterosessuali, a indicare l'abbassamento del livello di guardia e la bassa percezione del rischio nella popolazione. La maggior parte delle persone con nuova diagnosi Hiv ha eseguito il test nel momento in cui vi è stato il sospetto di una patologia Hiv correlata o una sospetta Malattia a trasmissione sessuale, o un quadro clinico di infezione acuta (50,7%) e solo il 27,2% lo effettua spontaneamente per percezione di rischio.Non esiste ancora una cura in grado di guarire dall'Hiv ma, se l'infezione viene diagnosticata precocemente, le terapie antiretrovirali disponibili offrono un'aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale. La diagnosi precoce offre importanti vantaggi: innanzitutto la possibilità per le persone con Hiv di ricevere adeguate cure, assistenza e sostegno; inoltre, la tempestiva consapevolezza di avere l'Hiv, offre alle persone la possibilità di prevenire il rischio di trasmettere il virus ad altri.
È importante sapere che i benefici delle terapie antiretrovirali sono maggiori per chi inizia precocemente il trattamento; le terapie sono inoltre in grado di diminuire la capacità infettiva dell'Hiv, rendendo estremamente improbabile la trasmissione del virus ad altre persone.
“90-90-90” entro il 2020, ovvero 90% delle persone con HIV testate, 90% delle persone HIV positive sotto terapia antiretrovirale, 90% delle persone trattate con carica virale negativa, “95-95-95” entro il 2030 e “0 stigma”, cioè eliminare ogni tipo di discriminazione legata all’HIV. Sono gli obiettivi che si pone il progetto “Fast track cities”, una vera e propria rete che raccoglie oltre 270 città in tutto il mondo di cui adesso entra far parte anche Firenze, impegnandosi così a favorire la iniziative per fermare l’epidemia da HIV/AIDS attraverso azioni di prevenzione, il trattamento delle persone infette e l’azzeramento dello stigma sociale.Il protocollo infatti è stato siglato oggi dall’assessore a Sanità e welfare Andrea Vannucci nell’ambito del convegno organizzato per “I primi 30 anni di Casa Vittoria”, casa famiglia della Fondazione Solidarietà Caritas per persone con problemi di salute anche gravi (incluso AIDS) in situazione di disagio sociale e abitativo, che si è svolto questa mattina al Palagio di Parte Guelfa.
L’iniziativa Fast‐Track Cities, lanciata nel 2014, è una partnership globale tra la Città di Parigi, l'Associazione internazionale dei fornitori di cure per l'AIDS, il Programma congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV / AIDS e il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani (UN‐Habitat) in collaborazione con partner e parti interessate locali, nazionali, regionali e internazionali.
“È una battaglia per il benessere dei nostri cittadini - spiega l’assessore a Welfare Andrea Vannucci -. Non bisogna abbassare la guardia perché anche se la fase emergenziale è passata, l’Aids, che ha vissuto momenti di grandissima attenzione da un punto di vista mediatico e sociale tanti anni fa, esiste ancora. Adesso, però, il tema tende ad essere un po’ sottovalutato tra l’opinione pubblica e l’occasione della Testing week unita al convegno sui 30 anni di Casa Vittoria, che negli anni si è distinta anche per il sostegno e l’aiuto a tante persone affette da Hiv e Aids, è un modo per dire che la sfida ancora non è vinta ed è necessario trasmettere conoscenza e rendere le persone consapevoli dei rischi rispetto alla propria condotta di vita, che possono portare a contrarre prima l’Hiv e poi l’Aids”.
“Da questo punto di vista - continua Vannucci - come Istituzioni ci sentiamo chiamati in causa in questo grande lavoro di sensibilizzazione che va fatto per raggiungere gli obiettivi ambiziosi riassunti con il 90-90-90 destinato ad essere nei prossimi anni un 95-95-95. L’obiettivo è creare nella nostra società la consapevolezza rispetto ai rischi che ci sono e le contromisure che si possono prendere per vivere al meglio la propria vita con attenzione, precauzione e fiducia in quello che negli anni la scienza medica ha saputo mettere in atto per contrastare questa malattia”.
“Firenze con la firma del protocollo Fast- track si appresta a intraprendere un percorso che si pone obiettivi precisi di controllo della diffusione dell’HIV, cura delle persone infette e abbattimento della viremia e del contagio. - ha detto Maria Grazia Monti, presidente commissione Politiche sociali - Un progetto che dà garanzia di servizi rapidi con percorsi definiti, che va nel solco di un impegno importante sul fronte del contrasto all’HIV in cui Firenze è da tempo protagonista. Istituzioni e associazioni hanno un ruolo fondamentale, in primo luogo per far avvicinare ai servizi sanitari quelle persone che spontaneamente non lo farebbero. Firenze ha un’esperienza consolidata di punti gestiti dalle associazioni dove si effettua il test rapido HIV e si fa informazione. L’obiettivo è spostare le azioni di contrasto nei contesti informali, dove le persone possono anche sentirsi più a loro agio”.
Oggi il virus dell’Hiv fa meno paura, l’attenzione si è distolta ma organismi riconosciuti certificano che sottovalutare il rischio è un pericolo: l’incidenza delle nuove infezioni investe giovani e giovanissimi e la trasmissione avviene soprattutto per via sessuale. In occasione della giornata mondiale contro l’Aids (1 dicembre), Difensore civico della Toscana e Garante regionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Sandro Vannini e Camilla Bianchi, scendono in prima linea.
“Siamo convinti che occorra non abbassare la guardia. Gli ultimi dati disponibili certificano un calo di attenzione, anche da parte delle istituzioni, e una sottovalutazione del rischio. Domenica non dovrà essere solo il giorno per celebrare e ricordare le oltre 25 milioni di persone che hanno perso la vita, ma anche occasione per rilanciare, forte, temi quali la prevenzione, la cura, la sensibilizzazione, l’educazione, la promozione di comportamenti più responsabili, il diritto alla vita e all’integrità fisica per i giovanissimi e il contrasto all’isolamento e alla ghettizzazione di persone contagiate”. Vannini e Bianchi rispondono anche all’invito della commissione Sanità del Consiglio regionale, guidata da Stefano Scaramelli (Italia Viva), che all’indomani dell’audizione della vicepresidente della commissione regionale Pari opportunità, Caterina Coralli, ha chiesto il coinvolgimento dei garanti e deciso “azioni precise” per “rompere il silenzio” sulla malattia. “Siamo disponibili ad ogni iniziativa che la commissione e il presidente Scaramelli vorranno intraprendere” dichiarano.
Intanto lavoreranno insieme per campagne di comunicazione mirate nelle scuole e nei luoghi di aggregazione dei giovani.
In occasione della Giornata mondiale contro l’Aids l’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze Pistoia ha voluto tracciare il quadro della situazione. Ne abbiamo parlato con Jacopo Brazzini, infermiere DH malattie infettive dell’Ospedale Santa Maria Annunziata di Bagno a Ripoli che insieme allo staff del Day Hospital/Ambulatorio /Assistenza Domiciliare si prende cura dei pazienti che hanno contratto il virus dell’Hiv o altre malattie infettive. Dottor Brazzini, come si colloca la Toscana rispetto al resto del Paese?
«La nostra regione si colloca ai limiti superiori della media del panorama nazionale».
Ci può fornire qualche dato?
«Tenuto conto che in Italia il numero di sieropositivi noti si aggira sui 100.000, con una media di circa 4.000 nuove diagnosi ogni anno, la Toscana si colloca ai primi posti per rapporto tra numero di abitanti e nuove diagnosi, e comunque stabile ai primi posti per rapporto tra pazienti trattati e numero di abitanti. Questo non è di per sé un dato negativo, perché significa che comunque il numero sommerso di sieropositivi viene stimato come inferiore alla media nazionale. L'incidenza di sieropositività è di 5,7 casi su 100.000 abitanti, il 40% dei quali si calcola sia inconsapevole della propria condizione».
Qual è la principale causa di contagio?
«Senz'altro quella sessuale. I rapporti sessuali non protetti sono in assoluto la causa di sieroconversione più frequente. Il contagio per scambio di siringhe infette è una percentuale francamente trascurabile, con una netta inversione di tendenza rispetto agli esordi, dove era la percentuale di contagio tramite rapporti sessuali ad essere irrisoria. Una precisazione doverosa è che comunque non esistono più "categorie" a rischio, bensì "comportamenti" a rischio, perché l'Hiv degli anni duemila è totalmente trasversale rispetto alla popolazione colpita».
Secondo la sua esperienza c’è ancora molta disinformazione sul tema?
«Sì: la disinformazione è sia a monte che a valle. A monte perché i canali informativi si sono un po' fermati negli ultimi tempi, dopo campagne anche forti (ci ricordiamo tutti la persona che passeggiava per la città circondata da un alone viola). C'è da dire che anche la percezione del concetto di malattia da Hiv è molto cambiata nel comune sentire. L'Hiv non è più una minaccia reale, fisica, pressante. È piuttosto una condizione indefinita, radicata nell'immaginario collettivo come improbabile e nebulosa, e questa è la disformazione "a valle". Un contributo importante all'informazione, ma purtroppo anche alla disinformazione, viene dalla rete, in particolare dai social network o dai blog privati, in cui veramente si può trovare ogni tipo di informazione, giusta o totalmente errata. Informazioni mescolate le une alle altre senza logica, cosa che contribuisce a creare confusione e ad aumentare la sensazione di irrealtà che viene percepita riguardo all'Hiv».
Cosa si può fare secondo lei per invertire questa tendenza?
«Qualcosa già si sta facendo, basti pensare che la Regione Toscana si è lanciata, con risultati incoraggianti, nella profilassi pre esposizione, che comprende prelievi ematici, visite infettivologiche e prescrizione di terapia antiretrovirale come profilassi con un canale dedicato e tempi di attesa brevi. Grandi contributi sono arrivati anche dal test rapido salivare, che varie associazioni che operano sul territorio eseguono a cadenze regolari presso strutture di aggregazione non sanitarie, con una sinergia prioritaria con la struttura di Malattie Infettive per la presa in carico immediata di coloro i quali risultano positivi e con un counceling dedicato a tutti quelli che si trovano nella condizione di chiedere informazioni».
Ma questo non è sufficiente…
«Certo che, considerati i moderni mezzi di comunicazione di massa, e mi riferisco in particolare ai social network frequentati da una percentuale altissima di popolazione, manca ancora una presenza istituzionale assidua dedicata all'informazione e alla prevenzione. Un altro punto debole, secondo me, è la delega totale alle varie associazioni di attività specifiche, risultando carente la presenza istituzionale di figure dedicate sul territorio. Negli anni, ad ‘isorisorse’, e talvolta con risorse ridotte, riusciamo comunque a mantenere uno standard di tutto rispetto nella gestione e nei percorsi di diagnosi e cura, perché comunque la figura dell'infermiere in un ambiente specifico come quello delle Malattie Infettive, ed in particolare nel contesto dell'Hiv è fondamentale come testa di ponte tra cittadino e percorsi sanitari. La definizione di "prendersi cura" descrive perfettamente il ruolo infermieristico in questo contesto».