FIRENZE - "Bisogna dire le cose ad alta voce, sempre. Bisogna reagire con fermezza alle minacce, come quelle rivolte in questi giorni a Locri a don Ciotti, il presidente di Libera. Bisogna sempre parlare e mai stare in silenzio, delle mafie e di ciò che fanno, perché altrimenti il rischio è quello di soccombere".
L'assessore alla presidenza e alla legalità della Toscana Vittorio Bugli va dritto al problema, mentre a Prato partecipa stamani alle iniziative per la Giornata della memoria e dell'impegno, diventata da quest'anno Giornata nazionale in ricordo delle vittime di mafia. Prima il corteo che ha attraversato il centro della città, organizzato da Libera e Avviso Pubblico, e poi in un'affollata piazza delle Carceri i nomi gridati al cielo (anche dall'assessore) delle tante persone, in luoghi e anni diversi, cadute sotto i colpi delle mafie. Nomi che evocano, è vero, spesso altre regioni.
"La Toscana non è terra di mafia, ma la mafia c'è" ricordava tante volte il magistrato Caponnetto. Ma se i numeri sono assai diversi da quelli della Sicilia, dove i beni sequestrati sono quasi venti volte di più che in Toscana, se in Campania sfiorano i tremila e più numerosi sono anche in Calabria, Puglia, Lombardia e Lazio, i sequestri fatti in Toscana sono una spia della presenza anche qui della mafia.
"Dagli anni Novanta ad oggi sono state cinquantasette le confische decise dalla magistratura, per ben 380 beni tra immobili, particelle di terreno, pertinenze ed aziende requisiti" ricorda Bugli. On line suil sito della Regione è disponibile una mappa georeferenziata. Il numero è alto perché considera le singole particelle catastali, le pertinenze e porzioni di terreno. Solo qualche anno fa erano comunque poco più di centosettanta - dunque sono raddoppiati - e la maggior parte, 326, non sono ancora destinati e rimangono in gestione all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati.
Per il bene forse simbolo tra quelli sottratti in Toscana alla criminalità, la tenuta agricola di Suvignano in provincia di Siena, è stato firmata l'anno scorso un'intesa per la gestione con un progetto pilota di agricoltura sociale. "E' una vicenda che va sbloccata – sottolinea Bugli - : è l'ora che i beni confiscati passino rapidamente a un uso sociale, la lentezza delle procedure rischia di vanificare l'alto valore simbolico dei sequestri. Convocherò nuovamente tra qualche giorno il tavolo regionale dei beni confiscati per decidere insieme a tutti un'azione ancora più stringente, affinché si possa mettere questo patrimonio a disposizione della collettività"."Parlare ad alta voce della mafia vuol dire tenere costantemente un riflettore sempre acceso e rivolgersi soprattutto ai giovani - prosegue l'assessore Bugli – Noi in Toscana proviamo a farlo.
Lo facciamo aiutando e sostenendo l'educazione attiva alla legalità nelle scuole e la partecipazione dei ragazzi ai campi estivi sui terreni strappati alle mafie". Per queste ed altre iniziative, quattro progetti in tutto, sono stati messi a disposizione nel 2016 dalla Regione risorse per 140 mila euro, attraverso due diversi bandi.
Custodi della legalità, dal 1994La Toscana conta anche una struttura praticamente unica dalle Alpi alla Sicilia: un archivio sui misteri e i poteri occulti, le stragi, l'eversione, la mafia pure e la criminalità organizzata aperto a studiosi, curiosi ed addetti ai lavori, ma che lavora (tanto) anche con le scuole e con i giovani. Una 'casa della memoria' all'ultimo piano di Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze, sede della presidenza della Regione, pensata per non dimenticare e promuovere una più forte e salda coscienza civica e democratica. Ci sono tesi e volumi sulle Brigate Rosse e tutti e 130 volumi della commissione parlamentare sull'attentato Moro. La P2 di Licio Gelli è un altro filone di ricerca.
"Al centro bussano – racconta l'assessore - anche da oltreoceano e non è solo una biblioteca, ma una struttura a supporto di tante altre iniziative messe in campo, in questi anni, dalla Regione, che tiene contatti con onlus e associazioni di volontariato che lavorano per creare un argine contro il fenomeno dell'usura, che funziona da collegamento con le associazioni che organizzano con i giovani i campi di lavoro nei terreni strappati alla mafia e criminalità organizzata, che collabora con i familiari delle vittime dei Georgofili e lavora con le scuole".
Fino agli anni Ottanta del Novecento di legalità non si parlava quasi in Italia. Sui giornali il termine quasi non compariva e l'accezione spesso era anche diversa. Poi esplode. Prende posizione la Chiesa. Nascono associazioni come Libera ed Avviso Pubblico, con la Toscana (e la Regione) in prima linea. Erano gli anni in cui finiva la Prima Repubblica. Erano gli anni di Mani Pulite e delle stragi di mafia di Capaci e via D'Amelio, un momento confuso e turbolento nella storia d'Italia. Era il 1994 – l'anno prima un'autobomba era esplosa a Firenze in via dei Georgofili - e in Toscana nasceva appunto il Centro di documentazione Cultura della Legalità Democratica.