Una vittoria così, di soddisfazioni ne regala a manciate. Cercata, voluta, sofferta, lottata, in rimonta, dopo quel primo tempo tutto zeppo di botte nei pali – Nico su bellissima azione, Belotti su angolo, Biraghi direttamente dalla bandierina – ma anche delle solite costruzioni asfittiche, del solito giocotto stracotto e prevedibile, delle solite imprecisioni individuali (Kayode, quanti spaghetti in avvio…) e dei tempi di gioco persi per rinuncia a osare o a muoversi un po’ di più e far filtrare palla del bunker.
Con la Laziuccia del professorino Ciruzzo Ignobile, pardon Immobile (eh ma se lo merita, con tutte quelle stizzette isteriche da primo della classe però in seratuccia, e tutti quei vaffa anche plateali di cui il buon Guida non si cura…), Laziuccia che se ne sta a guardare arroccata e alla prima prateria regalata dalla catena Biraghi-Sottil, l’unico neo della nottata piovosa ma vincente, complici i centrali fermi a guardare, libera Luis Alberto e con quello che sarà l’unico tiro in porta di tutto il match si porta avanti, gela il Franchi viola e risveglia i peggiori fantasmi.
Hanno vinto con il Bayern, dice. Ma si capisce, a vedere come vanno le cose in Bundesliga. E a giudicare dalle volte che Sarri ha scosso la testa…
Soddisfazioni a manciate, già. Perché son tre punti, buoni per la classifica a scavalcare giusto la Lazio, quella del tabù finalmente sfatato, anche se i distacchi là sopra paiono abissi considerato il mese e mezzo di ferro da passare e considerato lo stato di forma di chi c’è davanti. Importanti per il morale, però: si temeva un ambiente in frantumi, e giustappunto quel gollazzo a fine primo tempo poteva riaccendere l’incubo. E invece. Invece dopo un’ora di partita, e dopo che Nico Gonzalez si era follemente divorato un altro rigore mandando il pallone un’altra volta sul palo, la Viola ha affondato, ha alzato il ritmo, ha provato, ha trovato due bei gol, ha vinto.
E contro chi, s’è detto; non ultimi quei tifosi con cui da decenni ormai tanta simpatia non ci corre. Contro le improvvise ripensate di mister Guida, che aveva provato a far filare tutto liscio fin lì, pochi fischi, zero cartellini, poi all’improvviso ci ha ripensato (come quando ha cambiato in corsa e platealmente il recupero finale da 4 a 5 minuti) e s’è inventato qualche svistaccia clamorosa, forse pentito del penalty perché qualcuno gli deve avere insinuato che nel finale dell’azione ci poteva stare un fallo in attacco, però i varristi Irrati-Marini non hanno fatto una piega, e dunque rigore era, e mammamia le maledizioni che Nico s’è beccato su quell’ennesimo palo.
Non hanno segnato le punte, ma si sono date tanto da fare, oh, ammesso che ormai Beltran sia da considerare davvero punta e non una buona reinvenzione da pressing-zecca di Italiano. E non solo, e poi si vedrà. Belotti ha messo di testa un pallone sul palo, e si è procurato un buon rigore, magari intanto però aveva anche ciccato una bella occasione calciando male su una respinta corta, un po’ come aveva fatto Sottil, quando, nel frenetico avvio dei quattro angoli di seguito, ha sparacchiato alla rugby un bel pallone da dentro area. Ha segnato Kayode, prima volta in serie A.
Come si diceva, il ragazzo ha da lavorare sulla tecnica e anche sull’efficacia di qualche movimento con e senza palla; però quanto corre, quanto galoppa, e soprattutto che bellezza vederlo rubare palla a mezzo campo, volare avanti e farsi trovare pronto a picchiare in porta per un pari che sembrava non arrivare mai, pur meritato com’era. Tanto meritato che, in quel momento del match un grappolino di minuti dopo, quando pareva che tutto sfumasse con l’errore dal dischetto (mister Italiano, non sarà l’ora di pensare a cambiare rigorista?) Beltran ha sparato, Provedel ha respinto corto, lì c’era Jack e questa volta l’ha castigato, non come nel primo tempo quando da pochi passi ha centrato la coscia di Casale sola davanti alla porta.
Approfondimenti
Jack, appunto. L’uomo dei dubbi, che bello il sorriso a pieno viso e la gioia dopo il gol. In mediana oggi in appoggio al direttore d’orchestra, Arthur. Che ha fatto girare bene palla sì, ma senza quasi mai (solo una volta un lancio di trenta metri in avanti) osare trame a filtrare, a scavalcare, a velocizzare: temo siano direttive precise, un po’ dispiace perché la formazione, almeno sulla carta, pareva votata ad azzannare di più. Ma conforta, e aggiunge soddisfazione, che il secondo tempo sia filato senza una sbavatura e una disattenzione, tutti per uno uno per tutti, con i cambi che non hanno tolto né impoverito mentre Sarri le tentava di tutte, raffica di attaccanti a costo di rinunciare a Ciruzzo ma in fondo non ce n’era.
Soddisfazioni, sì. Perché il popolo viola – la Fiesole a ranghi abbastanza serrati, il resto del Franchi pieno di fallanze – pur sotto quella pioggia continua e battente non ha smesso un attimo di incitare a polmoni pieni. E s’è commosso e ha commosso con gli striscioni e il silenzio (i primi 5 minuti di partita) per ricordare Marco & Alessio, due posti improvvisamente e dolorosamente vuoti in una notte di festa. Bagnata e fortunata.
E ora sotto, prima a Torino (lato granata), poi arriva la Roma. E il Maccabi in Conference, e l'Atalanta (quante volte...), il Milan e "quelli là". Girone infernale. Già, quei distacchi che sembrano abissi. Ma hai visto mai.
Fiorentina (4-2-3-1): Terracciano; Kayode, Milenkovic, Ranieri, Biraghi; Arthur (89’ Lopez), Bonaventura; Sottil (84’ Mandragora), Beltran (80’ Barak), Nico Gonzalez; Belotti (89’ Nzola). All. Italiano
Lazio (4-3-3): Provedel; Lazzari, Casale, Romagnoli, Marusic (46’ Hysaj); Guendouzi, Cataldi (62’ Vecino), Luis Alberto; Isaksen (46’ Zaccagni), Immobile (78’ Castellanos), Felipe Anderson (78’ Pedro). All. Sarri
Arbitro: Guida di Torre Annunziata (Var Irrati-Marini)
Marcatori: 45' Luis Alberto, 61' Kayode, 69' Bonaventura
Note: ammoniti: Guendouzi, Vecino; angoli 13-2 Fiorentina