Sono arrivati a Empoli da ogni parte della Toscana per il 75° anniversario della partenza dei volontari per la guerra di liberazione. Un tripudio di fasce tricolori, Gonfaloni e fazzoletti rossi al Palaexpò di piazza Guido Guerra, per commemorare il sacrificio di 530 giovani volontari, che il 13 febbraio 1945 partirono da Empoli per unirsi agli eserciti alleati e liberare il resto dell’Italia dai nazifascisti. Empoli era stata liberata da pochi mesi eppure non esitarono, partirono in centinaia. Alcuni di loro non avevano neppure 18 anni.
“Noi siamo qui, oggi, a onorare la storia vera di questo Paese che ha dato vita alla Repubblica italiana, alla Costituzione, a un periodo di pace e di progresso, per quanto problematico e contraddittorio possa essere stato. E lo facciamo commemorando questi giovani eroi, che hanno dato un contributo straordinario nella lotta nazifascista. C’è chiarezza nelle storie e nelle divisioni da cui è nata la Resistenza e la nostra Repubblica. Da un lato c’erano i fascisti, i repubblichini, che portarono l’esercito tedesco e nazista in ritirata a compiere le stragi che sono costate la vita di oltre 4 mila 461 vittime civili e, dall’altra, vi erano giovani che spontaneamente aderivano alla liberazione del Paese, schierandosi contro il nazifascismo.
In guerra possono essere stati compiuti atti esecrabili dall’una e dall’altra parte, ma occorre ricostruire la verità tenendo ben dritta la barra della ragione e de i torti. In Germania quando si discute di questi eventi, dalla Merkel alla massime cariche istituzionali, chiedono scusa e perdono. Da noi i repubblichini vogliono la pensione. Mi sembra ben diverso” a dirlo è il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, in un palazzo delle Esposizioni oltremodo gremito.
Sono in tanti ad ascoltare e a testimoniare, con la propria partecipazione, la condivisione di valori e sentimenti che rendono oggi la città di Empoli “la capitale morale dell’antifascismo”: rappresentanti delle associazioni combattentistiche, delle forze armate e di polizia, delle associazioni di volontariato, cittadini, rappresentanti della Regione (l’assessore Vittorio Bugli), del Parlamento (il senatore Dario Parrini), dei Comuni e del Consiglio regionale della Toscana con il presidente Eugenio Giani e il consigliere Enrico Sostegni. “Il prezzo pagato dalla Toscana per la riconquista della libertà è stato alto", ha aggiunto Rossi.
"Gravissima appare la complicità di alcuni apparati dello Stato, che in oltre cinquanta anni di vita repubblicana hanno concorso a occultare la memoria di questi fatti. È anche per l'importanza di questa scoperta che la Regione Toscana ha deciso di trasferire a Firenze l'archivio Giustolisi in una sede stabile da trasformare in un centro di studio e documentazione, aperto a tutti, per mantenere viva la memoria, e tentare di onorare nel modo più appropriato le varie resistenze, la diffusa rete della resistenza civile dove in tanti, rimasti sottaciuti, hanno dato il proprio contributo.
Il nostro problema è quello della defascistizzazione della nostra storia. C’è chi sostiene che fascismo e antifascismo appartengano al passato. Questa idea va respinta con forza: l'antifascismo è costitutivo della nostra convivenza civile e democratica. Se mettiamo in discussione l'antifascismo si mina la base, il fondamento su cui è costruita la nostra Repubblica. Rispetto a questi tentativi dobbiamo essere consapevoli che il progresso non è mai un ‘acquisto perenne’ e che esso va ribadito ogni giorno con lo scrupolo, l'impegno e la militanza.
Nelle scuole, nelle Università, nelle Istituzioni, nei pubblici uffici, nella vita associata”. A chiusura del suo intervento, il presidente Rossi ha richiamato l’attenzione sul non sottovalutare la minaccia che le organizzazione neofasciste pongono, citando la lezione di Gramsci, che nel Quaderno 15 scriveva “Non si capisce che in ogni situazione politica la parte attiva è sempre una minoranza, e che se questa, quando è seguita dalle moltitudini, non organizza stabilmente questo seguito, e viene dispersa, per un’occasione qualsiasi propizia alla minoranza avversa, tutto l’apparecchio si sfascia e se ne forma uno nuovo, in cui le vecchie moltitudini non contano nulla e non possono più muoversi e operare”.
La commemorazione, che si è aperta con il saluto del sindaco del Comune di Empoli Brenda Barnini e gli interventi del professore Nicola Labanca dell’Università di Siena e di Bruno Possenti coordinatore regionale Anpi che ha rilanciato la costituzione di un tavolo regionale con pluralità di soggetti per la salvaguardia della memoria storica nelle scuole, ha previsto riconoscimenti ai volontari del ’46 ancora in vita, traducendosi in un corteo per le vie cittadine e la deposizione di corone commemorative al monumento ai caduti in piazza della Vittoria, in piazza XXIV Luglio al cippo a memoria della rappresaglia nazista e in piazza del Popolo di fronte alla lapide posta in occasione del 35° anniversario della partenza dei volontari.
Nel suo intervento di apertura, il sindaco di Empoli Brenda Barnini ha ricordato la medaglia d’oro al merito civile insignita alla Città di Empoli: «In questo giorno Empoli torna ad essere, anche grazie alla presenza di tutti voi, capitale morale dell'antifascismo. Portarsi appresso questa definizione è un impegno importante, perchè significa, a distanza di tanti anni, provare e far vivere e rivivere quei valori, quegli atteggiamenti, quei comportamenti che stavano alla base dell'essere divenuti capitale dell'antifascismo.
Inoltre oggi, a differenza di 5 anni fa, c'è una Medaglia d'Oro al Merito Civile che 5 anni fa non c'era, grazie all'impegno di tanti, c'è stata finalmente riconosciuta dal Presidente della Repubblica. Ricordo ancora che cinque anni fa a parlare fu Dario del Sordo, partigiano fra i partenti nel ’45, che abbiamo salutato ad ottobre, dopo che avevamo salutato Gianfranco Carboncini, Silvano Sarti. Sabato scorso c'è stato il funerale di una grande donna che ho conosciuto per altre ragioni, Floriana Garosi, ed infine proprio in queste ore si è spento Donatello Falteri, partigiano di Montespertoli.
Ci stanno lasciando figure importanti. Dobbiamo quindi farci sempre più carico della responsabilità della memoria. Chi partì in quel febbraio 1945 andò a combattere per la pace, andava fatto, e questo fecero. Non combatterono per la guerra, ma per la pace e per la libertà. C'è una differenza enorme, combattere per la libertà di tutti, anche per chi stava dalla parte sbagliata. E condividere la memoria oggi non significa non riconoscere chi sta dalla parte sbagliata, questo lo ha già deciso la Storia e non importa tornarci sopra.
Costruire memoria condivisa significa interpretarla nel modo più autentico. A distanza di 50 anni dalle prime elezioni regionali è utile ricordare anche il significato profondo di questa istituzione che racchiude insieme le nostre 273 comunità municipali. Ancora oggi abbiamo molto da compiere di quel disegno libero, democratico e solidale ed Empoli oggi come 75 anni fa farà la propria parte, con i propri Giovani, le sue associazioni, il tessuto sociale ed economico, le sue istituzioni. Grazie a quei 530 e ad ognuno di voi che ha partecipato oggi».