Firenze - Il garante toscano dei detenuti, Giuseppe Fanfani, appresa la notizia del decesso per Covid di un detenuto del carcere di Livorno, rivolge innanzitutto "le più sentite condoglianze ai suoi familiari" e segnala la necessità di "pensare organizzazioni sanzionatorie diverse", specie in questa fase di emergenza sanitaria, e di "conservare i valori costituzionali". Il detenuto morto in carcere a Livorno aveva 84 anni ed era affetto da varie patologie, tanto che i suoi legali, già all'insorgere della pandemia, avevano chiesto la detenzione domiciliare per motivi di salute, visto che era un soggetto ad altissimo rischio di contagio con esito infausto.
"Purtroppo - dichiara Fanfani -, malgrado la sicura attenzione delle forze di polizia penitenziaria e delle direzioni degli istituti, le statistiche degli ultimi giorni dimostrano che il contagio è in continua crescita". Per questa ragione, il garante invoca "la massima attenzione da parte di tutti gli operatori" ed esprime "grande e rinnovata preoccupazione per la disattenzione che il sistema delle leggi ha verso i detenuti molto anziani, le categorie più deboli a cominciare da coloro che sono affetti da problemi psichiatrici, i tossicodipendenti, i condannati a pene brevi, solo per citarne alcuni. Per costoro - prosegue Fanfani - dovrebbero immaginarsi organizzazioni sanzionatorie diverse, pene alternative, sistemi di recupero sociale e strutture detentive attenuate". Su questa strada, il garante invita "a procedere tutti coloro che hanno a cuore la conservazione dei valori costituzionali all'interno delle carceri e la dignità umana dei carcerati".
Marco Solimano, garante dei detenuti del Comune di Livorno. "Ieri pomeriggio un detenuto ospitato presso la Casa Circondariale di Livorno ha perso la vita.
La morte è sempre un evento tragico e sconvolgente lo è ancora di più nella solitudine e nell'isolamento di una cella.
Ed esprimo il più sentito cordoglio, anche da parte della città, alla famiglia, agli amici ed ai suoi compagni di detenzione.
Antonino aveva 82 anni, tanti anni di carcere già scontato e diverse patologie oramai divenute croniche e qualche giorno addietro la positività al Covid.
Nonostante l'età non aveva sintomi se non qualche linea di febbre già scomparsa e come prevede il protocollo, era stato messo in isolamento sanitario in attesa del secondo tampone. La mattina aveva incontrato l'educatrice ed i medici, si sentiva più sollevato, non ha mai avuto difficoltà respiratorie.
Ed il pomeriggio all'improvviso lo schianto, una morte fulminea e non attesa.
Si rimane senza parole, non riesco a rassegnarmi allo scenario di morte provocato dalla pandemia.
In carcere è però tutto più grande, ogni cosa si amplifica in virtù della precarietà della condizione, dell'ansia che sale negli spazi ristretti, della mancanza di autonomia ed autodeterminazione, della perenne condizione di attesa che costantemente attraversa la tua esistenza.
Antonino qualche mese addietro aveva avanzato richiesta di differimento pena ai domiciliare considerata la sua età avanzata, le sue precarie condizioni di salute, l'incombenza del contagio da covid.
Ma era stata respinta.
E mi chiedo allora cosa si possa chiedere di più ad un uomo oramai nel periodo terminale della sua esistenza, afflitto da numerose patologie croniche, con alle spalle tanti e tanti anni di carcerazione.
Forse Antonino già da tempo avrebbe dovuto essere fuori da una cella poiché la sua condizione, a mio modesto parere, si palesava come incompatibile con la realtà penitenziaria.
Eppure il giorno della sua morte Antonino era sereno in quanto aveva presentato nuova istanza di differimento pena ed anche una di permesso premio.
Non potrà mai più sapere l'esito delle nuove istanze ma è bello pensare che negli ultimi attimi della sua vita la sua mente ed il suo animo siano stati attraversati da pensieri positivi... forse questa volta ce la faccio, forse questa volta mi mandano a casa".