Un appello innanzitutto ai toscani per fermare "l'allarmismo" che ruota intorno al Coronavirus. E' quello lanciato da Eugenio Giani, al quale sembra che tutto sommato la faccenda, da un punto di vista mediatico e speculativo, stia sfuggendo di mano, nonostante il numero sin qui molto contenuto di casi in Toscana, dal cui computo si può togliere quello relativo a Pescia (l'uomo è guarito) e che comunque proveniva da Codogno. Molti storcono il naso, ma va riconosciuto al presidente del Consiglio regionale, di aver mandato avanti la palla in un momento tanto delicato, anche dal punto di vista per lui elettorale.
"Dobbiamo adoperarci tutti noi toscani in una sorta di passaparola per invogliare coloro che avevano deciso di venire o vogliono venire in Toscana, di poterlo fare senza alcuna preoccupazione", afferma Giani.
"Mi rivolgo -continua- ai cittadini toscani che vivono di turismo, e a tutti coloro che sanno quanto sia importante il turismo per questa Regione, che va oltre la media del nostro Paese, perché corrisponde al 15% del Pil regionale. E poi la Toscana ha questo amore così forte per il proprio territorio, per la propria vocazione culturale, e la propria identità, che deve andare andare oltre i pochi casi verificatisi fin qui di Coronavirus; i quali per quanto si è potuto accertare finora, provengono da focolai fuori dalla nostra Regione, e sono stati tempestivamente isolati".
“Ricevo sempre più segnalazioni -denuncia Giani- da parte di operatori economici e di rappresentanze di categoria per un grande numero di disdette, per eventi culturali e flussi turistici. Sono saltate prenotazioni per le vacanze di Pasqua o il 25 aprile e il primo maggio. Dobbiamo dare uno stop, e mi armonizzerò con l’assessorato al Turismo per produrre idee e contenuti, per offrire una sorta di vero e proprio marketing territoriale in Europa e nel mondo, allo scopo di dire che in Italia la situazione è uguale a quella di tanti altri Paesi.
E se da noi c’è stato qualche caso in più, di diagnosi della positività al tampone, non è altro che un meccanismo di prevenzione. E’ ingiustificata questa sorta di 'dagli all’italiano' perché questa situazione è solo un riflesso del grosso focolaio nato in Cina. Ma proprio la diminuzione del numero di contagiati e il tasso altissimo di guarigione, anche in Cina, e ora in Italia, ci fa dire che non dobbiamo considerare questa patologia come una peste. E’ sostanzialmente qualcosa di più di un’influenza, ma tra poco ci saranno le prime terapie.
Guai a creare un clima di allarmismo che poi si riflette negativamente, e si rischia che lo faccia per lungo tempo, sulla nostra economia e il turismo”.