Missione compiuta. E’ semifinale, contro il Brugge, anzi il Bruges perché scusate ma mi piace di più la pronuncia vallona, e poi detta così si inquadra meglio quella che resta una delle città più belle d’Europa se non anche oltre. In casa il 2 maggio, lassù nelle Fiandre l’8 che è mercoledì, il 9 giovedì hanno la Processione del Sacro Sangue, nel giorno (canonico) dell’Ascensione da ben 720 anni, il calcio può attendere.
Semifinale. Ma che fatica. Perché il sogno ha preso forma al tredicesimo di venti calci d’angolo (venti assegnati, diciannove battuti, l’ultimo soppresso dal triplice fischio) dopo 100 minuti 100 di gioco, e si è fatto corpo sostanzioso dopo 108 minuti 108. Ma anche dopo tre legni maligni, altrettanti (o forse quattro) miracoli del portiere avversario (ci fa buca, al Franchi?), almeno una palla-gol pazzesca sprecata a due metri dalla linea bianca nel recupero della prima frazione.
E dopo 41 tiri totali (avete letto bene, 41!) contro 2 di cui dieci contro ben zero nello specchio perché Terracciano il pallone l’ha visto sibilare nei primi minuti su due crossacci da brivido, poi più nulla. Dopo 20 corner, s’è detto, contro 2 abbastanza casuali, e dopo un possesso palla di 71-29%. Numeri che ragionano di un dominio schiacciante. Eppure, che fatica. Tempi supplementari, lo spettro dei rigori, e la gente del Franchi – impagabile, al solito – a chiedersi tra l’incredulo e lo sgomento che senso avessero i cambi di Italiano se la prospettava poteva portare ormai alla solita lotteria.
E invece. Lui, Italiano, alla fine ha avuto ragione, e quell’inserimento di Martinez Quarta al posto dello spremuto (ma chi non lo era?) Mandragora, con una lieve modifica dell’assetto, tanto il Chino in quel posto ci sa stare, l’ha ben dimostrato. Ma sto correndo troppo, perché siamo già all’epilogo, e invece prima ci sono tanti brividoni da rivivere, a cominciare dal pre-gara quando il Capasso spiega che l’arbitro – Gil Manzano passa per uno bravo, ma poi se ne parla – mette le squadre in riga sul cerchione di metà campo perché “è la prima gara Uefa che si gioca a Firenze dopo la scomparsa di Joe Barone”, primo brivido, il secondo è immediato all’annuncio che in tribuna vip c’è la famiglia Barone al completo, e giù tutti i nomi, e giù qualche lacrimuccia e giù scroscio di applausi, solo i cèki nello spicchietto non capiscono, brava gente ma che vuoi.
Approfondimenti
Formazione viola con un paio di sorprese, assenti in campo in panca e pure in tribuna Jack Bonaventura per “risentimento alla caviglia”, ahi, vola qualche madonna, e Mbamba ‘Nzola per non meglio chiariti “problemi personali”, ma lì ormai l’effetto è relativo. Il tempo di vedere Dodo perdere una pallaccia, cross che attraversa tutta l’area ma nessuno tocca, ed è subito sagra dello sculo, o comunque: Kouamé centra su Belotti che spara da due passi a colpo sicuro ma Jedlicka cala subito il bandone e respinge, e qualcun altro lo salva sul successivo colpo di testa dello stesso ivoriano, che due minuti dopo gli calcia addosso da un paio di metri en solitaire dentro l’area e un attimo più tardi sbraca un semplice passaggio che libererebbe un appostatissimo Beltran-l’Uomo-che-frulla-dovunque: ma che volete, Pesticcio Kouamé sarà sempre così, volontà a mille tecnica e concretezza non sempre idem.
L’avvio della Viola è vigoroso, certo. E però. Concretezza poca, le ripartenze fiacche come il tiruccio da buona posizione di Beltran lanciato da Belotti al minuto 20, si avverte mancanza di decisione e di verticalità e di fantasia davanti al bunker dei cèki anche perché Arthur in versione addormentasuocere dà ordine da compitino ma mai brillantezza e ferocia alla palla. Dalla mezz’ora in poi però il gol pare davvero maturo, ma dopo una clamorosa parata su botta di Kouamé – e però vedete, sarà Pesticcio eppure lo zampino è sempre il suo – ecco Belotti che si avventa in tuffo di tesa, palo pieno e lì Jedlicka sieeee, col piffero… C’è Ranieri che si fa ammonire (stupidamente) insieme al massiccio ruivido Chory un po’ prima di, nell’ordine: a) una clamorosa traversa colta dal solito Kouamé, pure lui però in situazione ghiotta; b) un rapido check del Var per un fallo netto e rude su Nico Gonzalez neppure sanzionato, come d) prima del fischio una gran botta a Mandragora; c) il gol sprecato, letteralmente mangiato da Nico che si fa murare in angolo una botta sicura da pochi passi.
La ripresa avvia con il Viktoria che appare un tantino più baldanzoso, ma dura poco, la Viola continua a collezionare cross e calci d’angolo ma: a) sono messi male, b) comunque in area a saltare non si palesa mai un’anima vagante del purgatorio, Milenkovic-Malinkonic è un’ombra pallida del passato, così tocca a Mandragora esibirsi in un bel controllo con rovesciata dal limite alta di centimetri, e intanto Biraghi pare già alle corde, e la catena di sinistra vede un rimpallio asfittico senza smuovere, a destra invece qualcosa si smuove perché Dodo ogni tanto schizza fino a costringere Cadu al fallo che gli costa il rosso diretto, è fuori area ma il Var lo ritiene interruzione di chiara occasione da gol sbugiardando così il giallino pallido di Gil Manzano. Intanto entra Lopez per Athur, la palla gira un tantino più veloce, sempre poca profondità e tanta prevedibilità, la puzza di supplementari invade il Franchi, con Nico che non morde più eppure dovrebbe essere l’uomo da cui ti aspetti la giocata vincente, il gioco pare latitare e i lpubblico un tantino si spazientisce. Aria di supplementari, Italiano toglie Dodo per il non certo Frecciarossa Faraoni e Belotti per Ikoné, sguardi sbalorditi in tribuna ma tant’è.
Supplementari, e come s’è detto ecco Quarta. Che si presenta subito, gran botta e Jedlicka si guadagna un altro pezzo di pagnotta. Angolo, palla ballerina, ecco Nico: controllo, botta sotto la traversa e gol. Poi Italiano lo manda in doccia, entra Sottil, corse e velocità ma poco altro, comunque arriva ancora un palo, di Quarta su angolo. Poi, al minuto 108, è finalmente trionfo: cross da sinistra del Viktoria, Minot Lopez pesca preciso Ikoné che si avventa in avanti, anzi partono in cinque contro uno: al limite dell’area, palla perfetta a sinistra per Biraghi, botta precisa e due a zero. Segue un possibile 3-0 sprecato da Sottil per troppa fretta ancora in contropiede, poi cinque minuti cinque di torello quasi esaltante.
Finisce così nel tripudio del Franchi infreddolito dal meteo pazzo di mezz’aprile ma esaltato da una semifinale dura ma non impossibile. Certo, domenica è campionato e c’è da andare a Salerno, ma vada come vada, casomai conta assai il ritorno di Coppitalia mercoledì a Bergamo (con l’augurio, perché no, di una finale di Europa League tutta italiana). Turnover intelligente, ma bastano gli uomini? In ogni caso, meglio provare.
Fiorentina (4-2-3-1): Terracciano; Dodò (88’ Faraoni), Milenkovic, Ranieri, Biraghi; Arthur (65’ Lopez), Mandragora (91’ Quarta); Nico Gonzalez (98’ Sottil), Beltran (75’ Barak), Kouamè; Belotti (88’ Ikoné). All. Italiano Viktoria Plzen (3-4-2-1): Jedlicka; Hranac, Hejda, Jemelka; Kopic (106’ Mosquera), Kalvach (100’ Dweh), Cerv (90’+4 Traoré), Cadu; Sulc, Vydra (56’ Kliment); Chory (70’ Reznik). All. Koubek
Marcatori: 92’ Nico Gonzalez, 108’ Biraghi
Arbitro: Gil Manzano; assistenti Barbero-Nevado, quarto ufficiale Munuera; Var Hernandez-Cuadra (Spagna) Note: ammoniti: 36’ Ranieri, 37’ Chory, 74’ Reznik, 93’ Nico Gonzalez; espulso al 67’ Cadu. Angoli 20-2 Fiorentina. Spettatori 19.418