Un grosso cinghiale maschio, accompagnato da due o tre accoliti, si avvicina alla tavola dove un gruppo di turisti pasteggia a Chianti Classico. Fra spavento e sorpresa, tutto si è risolto per fortuna in pochi secondi. Qualcuno alza la voce, i cinghiali scappano. Ma il problema rimane.
E’ accaduto alla Casina di Lilliano, locanda e ristorante che si trova fra le proprietà di due aziende socie del Consorzio Vino Chianti Classico, Tenuta di Lilliano e Rocca delle Macìe. Un incauto gruppo di cinghiali, notoriamente animali onnivori, forse attratti dal profumo del cibo, si è avventurato fin sotto i tavoli degli ignari commensali, provocando un po’ di scompiglio.
“La situazione è diventata talmente grave da non poter essere più tollerata - dichiara Sergio Zingarelli, Presidente del Consorzio – con danni ai vigneti e alle produzioni che annualmente superano i 10 milioni di euro. Adesso i cinghiali si avvicinano anche pericolosamente agli uomini. Sono anni che chiediamo alle Istituzioni – Provincie e Regione in primis – di adottare tutti i provvedimenti necessari per risolvere il problema, ma oltre allo stucchevole rimpallo di responsabilità nessuna decisione operativa è mai stata presa”.
Le cifre fornite dal Consorzio parlano chiaro. Da un sondaggio svolto su un campione delle oltre 500 aziende associate è emerso che circa il 90% di queste ultime ha ripetutamente subito dei danni dagli ungulati (cinghiali, caprioli e daini); danni che in molti casi, vista l’esiguità dei rimborsi stanziati dalle ATC, non vengono nemmeno denunciati.
E il problema, sostengono ancora al Consorzio, ha acquistato una rilevanza che va oltre i suoi contenuti economici. La proliferazione incontrollata degli ungulati è diventata infatti la principale causa degli incidenti stradali nella provincia di Siena (tra il 70% e l’80% secondo la Provincia) ed è causa di un degrado ambientale (depauperamento dei boschi e scomparsa della piccola selvaggina) che tutti i tecnici conoscono.«Se si continua così ci sarà sicuramente l’estinzione, non del lupo, ma del pastore».
E’ esasperato, affranto, demotivato, Felice Sanna, allevatore di San Giovanni d’Asso, che la scorsa notte ha subito un attacco di un lupo al suo gregge riportando la perdita di 7 pecore ed 1 agnello, oltre ad altri 4 capi di pecore ferite in modo grave. Il gregge si trovava all’interno del recinto ‘anti-lupo’ alto 2,5 metri, ma, nonostante queste precauzioni, l’animale è entrato ed ha ucciso alcuni capi. Il danno economico diretto è di circa duemila euro, ma le conseguenze saranno ancora più ingenti: «Le pecore non vogliono rientrare più nel recinto – spiega Sanna – sono impaurite, ci saranno aborti ed una perdita considerevole di produzione di latte».
«In queste condizioni – sottolinea il presidente della Cia Siena Luca Marcucci – non si può andare avanti: In provincia di Siena ci sono 5 ungulati per ogni agricoltore, a questo dobbiamo aggiungere i lupi che da anni scorrazzano nei nostri allevamenti uccidendo pecore e mettendo sul lastrico i pastori. Situazione non più sostenibile. Il lupo è un dramma per gli allevatori. I fondi a sostegno non ci sono più e le aziende devono far fronte a disagi economici molto ingenti, ed i più piccoli non ce la fanno. E’ urgente difendere il reddito degli agricoltori, messo a rischio da ungulati e predatori; l’agricoltura, l’ambiente ed il paesaggio dalla catastrofe; le imprese ed i consumatori tutelando la produzione agricola; il diritto di tutti ad un agro-eco-sistema equilibrato che tuteli la biodiversità».
«La mia famiglia è qui dal 1973 a fare pastorizia, ogni giorno con grandi sacrifici – prosegue Sanna – ma con una situazione così è dura andare avanti. Sto seriamente pensando di abbandonare la pastorizia se non cambieranno le cose. In estate le pecore dovrebbero mangiare al pascolo anche la sera, invece mi tocca rimetterle nel recinto, avendo così una grossa perdita di produzione. Una decina di anni fa mi sono state uccise 30-40 pecore all’anno ma un minimo di indennizzo c’era e quindi anche se avevo una perdita ce la facevo ad andare avanti. Oggi, a differenza di allora, non sono previsti risarcimenti di nessun tipo. Ci vuole qualche legge che consenta di spostare i lupi da queste zone dove sono stati portati in modo forzato e contro natura. Questo non è il loro luogo naturale, invece si pretende che stiano qui con il costo sia a carico dei pastori anziché dello stato».