Firenze, 8 Gennaio 2014. La condanna che il Tribunale di Firenze ha inflitto al consigliere comunale di Scandicci, nonche' proprietario di Radio Studio 54, Guido Gheri, e ad un suo collaboratore, ci lascia perplessi. Si tratta di una condanna per diffamazione e istigazione all'odio razziale. La diffamazione e' stata riconosciuta tale dopo una querela del Sindaco di Firenze, accusato con la sua Giunta, indirettamente e in modo generico, di prendere mazzette. La nostra perplessita' nasce dal fatto in se' e dallo sproposito della condanna.
Quest'ultima e' stata di nove mesi (Gheri) e sei mesi (collaboratore) di galera, e rispettivamente 5.000 e 3.000 euro di danni al Comune. Tutto questo per una frase che rimbalza quotidianamente dalle aule istituzionali rappresentative di ogni livello ai programmi radiotelevisivi, dai comizi ai blog in Internet, dalle pagine di giornale ai manifesti per strada. Frasi che sentiamo -per come e' ridotto il confronto politico nel nostro Paese- sulla bocca, sulla penna e sulla tastiera di personaggi di ogni stazza e levatura. Facciamo solo, tra i tanti, un paio di esempi: il leader del M5S Beppe Grillo e Matteo Salvini, segretario federale Leganord.
Il primo e' “specializzato” nell'insultare e dare di ladro e corrotto a chiunque, mentre il secondo ci aggiunge anche l'odio razziale. Il segretario del Pd, nonche' Sindaco di Firenze, ha per caso querelato uno di questi due? Non ci risulta, o se lo ha fatto non ci risultano ancora sentenze. Probabilmente perche' “pesci troppo grossi”, quindi meglio prendersela col consigliere comunale del paese Scandicci, Guido Gheri, colpendolo li' dove ha anche il proprio megafono, la radio. E a questo aggiungiamo anche la magistratura che, nonostante in tante altre occasioni riesca a meglio distinguere tra accuse da querela e confronto politico (pur nel misero livello linguistico -e non solo- a cui e' oggi), nel caso di Gheri abbia voluto procedere con mano pesante. Questo tipo di fatti, secondo noi, non dovrebbero essere reati ma illeciti da sanzionare civilisticamente e solo in quei casi che non prefigurino una lesione delle liberta' d'opinione e di espressione.
Ma su questo il nostro Parlamento sembra non avere orecchie, e tutte le timide proposte che ogni tanto vengono presentate, rimangono nei cassetti piu' segreti. Per cui continua l'italico metodo di sbarazzarsi dell'avversario col supporto del codice penale e di chi lo applica, piuttosto che confutarlo sul piano di quel consenso che si riesce ad avere motivando e dimostrando politicamente le proprie ragioni. Il nostro, purtroppo, non e' un sistema liberaldemocratico e non sono tali neanche i nostri codici...
e per questo che non molliamo! Vincenzo Donvito, presidente Aduc