“Fin costassù l'è arrivata l'acqua dell'Arno ni' 1966... ni' 1844... ni' 1333...” I fiorentini indicano quasi con orgoglio, utilizzando un pronome tutto particolare (“costassù”), le piccole lapidi che segnano, sui cantoni di certi edifici del centro storico, i paurosi livelli raggiunti dall'acqua dell'Arno in occasione delle più disastrose alluvioni della Storia. La bottegaia di piazza Duomo, la moglie dell'orafo di Ponte Vecchio, il timido pretino di curia, il pittore dongiovanni, il robivecchi cinico e dolente, il professore gozzaniano di impeccabile cortesia anche di fronte agli evasi delle Murate...
Ma anche l'operaio dell'acquedotto, eroe umile e sfortunato, o l'inquieta ragazza “angelo del fango”, coi suoi sensi di colpa, e la sua difficile, sofferta, ma incrollabile fiducia nell'avvenire... Una foto di gruppo (un po' ovviamente alluvionata, ma inaspettatamente variopinta) della Firenze “anni '60”, che l'alluvione si portò via, lasciando solo un segno scuro di nafta sui muri della città. Proprio dove ora le targhette di marmo indicano che l'acqua, in quella notte parecchio ma parecchio umida, l'arrivò per davvero – ragazzi! – fin costassù...
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