Sarà al Bicifi - Florence Bike Festival (1 – 3 Marzo, Fortezza da Basso, Firenze) il primo incontro di Dynamo Bike Challenge col suo pubblico. La prima Gran Fondo italiana organizzata per raccogliere fondi a scopo sociale, patrocinata dalla Federazione Italiana Ciclismo, prevede una due giorni ciclistica fra Firenze e Limestre (dove ha sede Dynamo Camp, primo camp di Terapia Ricreativa in Italia che accoglie gratuitamente per periodi di vacanza e svago bambini affetti da patologie gravi e croniche, per cui si raccolgono i fondi) il 25 e 26 maggio 2013, articolata in una Gran Fondo in due tappe per ciclisti amatoriali e cicloturisti (25 e 26 maggio) e una gara di mountain bike giovanile per ragazzi dai 7 ai 14 anni (26 maggio), inserita nella settima edizione del Trofeo “Rampichino” Fuoristrada 2013. I visitatori di Bicifi potranno incontrare lo staff di Dynamo Bike Challenge presso lo stand della rivista Cicloturismo, nel Padiglione Spadolini, o presso quello del Comitato Organizzatore del Mondiale di Ciclismo Toscana 2013, di cui la corsa e' uno dei prologo ufficiali (parte del tracciato, tra l'altro, coincide con quello della competizione iridata): sarà possibile prendere informazioni o iscriversi alla Gran Fondo benefica. Dynamo Bike Challenge ha il sostegno del Comune di Firenze, della Provincia di Pistoia, del Comune di Montecatini, di quello di Prato e del Comune di San Marcello Pistoiese. Tra gli sportivi che hanno aderito all’iniziativa c’è Jury Chechi del quale riportiamo di seguito un’intervista su questa sua avventura a due ruote. Nella letteratura e al cinema il Signore degli Anelli è il capolavoro di Tolkien ma nello sport questo titolo è indiscutibilmente di Jury Chechi, ginnasta italiano plurimedagliato nella specialità degli anelli. Il suo palmares, tra i tanti titoli, parla di 10 ori fra Europei (5), Mondiali (4) e Olimpiadi (1), manifestazione nella quale è stato il primo azzurro dopo Franco Menichelli (trionfatore nel corpo libero a Tokio 1964) a salire sul gradino più alto del podio (Atlanta 1996) nella ginnastica. Oggi, terminata la carriera agonistica, il campione toscano, che si divide tra la sua attività di imprenditore (ha un agriturismo nelle Marche) e il ruolo di commentatore televisivo, non ha dimenticato la sua passione per lo sport, settore nel quale è impegnato in attività benefiche. Per questo motivo, Jury Chechi ha sposato la causa di Dynamo Bike Challenge, alla quale parteciperà come capitano di una delle squadre che si stanno formando in questi giorni. Perché hai deciso di sostenere Dynamo Bike Challenge? «Questa gara servirà a raccogliere fondi per Dynamo Camp, onlus che ha la sede vicino a dove vivo.
Ho sentito parlare molto bene della loro attività, è una realtà importante che lavora a livello nazionale, aiutando moltissimi bambini». Gareggerai? «Ovviamente e, come faccio da sempre nella mia vita, lo farò per vincere! Il mio obiettivo è battere Antonio Rossi (campione olimpico nel kayak, altro sportivo impegnato nella Dynamo Bike Challenge), un caro amico con il quale mi vedo spesso per lavoro. Il ciclismo è una mia vecchia passione, cercherò di vivere questa sfida con lo spirito ludico e goliardico che si deve avere alla mia età». Qual è stata la tua prima bicicletta? «Quando avevo 6 anni, mio padre me ne regalò una di colore verde che ancora conservo; la fece costruire su misura da un telaista (sono sempre stato piccolo, scherza – ridendo – sula sua statura).
Era un “Aquila”, una marca in gran voga 35 anni fa che oggi non esiste più. Io e mio padre, grande appassionato di questo sport, uscivamo spesso in bici». Il tuo ciclista preferito? «Ne ho avuti tanti, italiani e stranieri. Purtroppo, alcuni mi hanno deluso per le vicende legate al doping. Credo nel futuro di questo sport e spero di non avere ancora conosciuto il mio corridore preferito. Oggi, due ciclisti che ammiro molto sono Paolo Bettini e Massimiliano Lelli, due “toscanacci” come me». Oggi non hai preferenze ma nel derby a due ruote fra Coppi e Bartali chi avresti tifato? «Coppi tutta la vita.
Bartali era della mia regione ma a casa mia siamo cresciuti nel mito del campione piemontese: papà tifava per l’airone». Perché, nonostante questa passione per la bicicletta, hai scelto gli “anelli”? «Al cuor non si comanda! La ginnastica è sempre stata il mio grande amore, il ciclismo è rimasto un piacevole passatempo. Entrambi, però, richiedono tanti sacrifici». A proposito di sacrifici. Sei stato costretto a saltare i Giochi di Barcellona nel 92 per una lesione al tendine d’Achille.
Tutti parlavano di carriera finita ma sei tornato in attività e 4 anni dopo hai conquistato l’alloro olimpico ad Atlanta. «Uscire da qual momento di grande sconforto e reagire fu difficilissimo. Programmi tutto, sei alla vigilia di una olimpiade e poi ti fermi all’improvviso per un infortunio. Purtroppo queste situazioni fanno parte del gioco, devi mettere in agenda anche l’imponderabile. In ogni caso, dopo un infortunio è possibile tornare ad alti livelli, io non sono Superman ma ci sono riuscito lo stesso: in ognuno di noi ci sono le risorse per superare questi scogli». Un’altra soddisfazione sarà sostenere Dynamo Camp.
Gli sportivi, in attività e non, possono essere molto forti nel contribuire a creare attenzione verso una buona causa. «Lo sport può dare un importante contributo a migliorare la vita di tutti noi. Nel mio settore, è ovvio che ci sono atleti e discipline che hanno più impatto nella quotidianità della gente, una maggiore penetrazione nella loro vita, ma credo che tutti gli sportivi dovrebbero cercare di portare un loro contributo. Un personaggio noto deve lavorare per il sociale, credo sia una sua responsabilità.
E’ importante fare del bene agli altri e quando ci riesco sto meglio anche io».