di Nicola Novelli FIRENZE- Strano paese il nostro. Paese in cui un reato viene prima previsto pubblicamente, poi messo in atto senza che alcuno lo impedisca, poi perseguito penalmente, suscitando solo allora il clamore mediatico che avrebbe meritato sin dall'inizio. E' il caso dello smaltimento dello smarino, il materiale estratto dagli scavi, del sottoattraversamento ferroviario di Firenze. Negli ultimi mesi migliaia di tonnellate di rifiuti sarebbero state smaltite abusivamente.
Dagli accertamenti svolti su incarico della Procura di Firenze è emerso che l’attività di smaltimento viene gestita con modalità che fanno sospettare infiltrazioni mafiose. Eppure chi ha seguito sin dall'inizio la vicenda della ferrovia più cara del mondo non sarà sorpreso dalle notizie di oggi. Il problema dello smaltimento dello smarino era noto e la sua soluzione evidentemente controversa da anni. Derogare le norme sullo smaltimento dello smarino derivante dal sottoattraversamento fu l'invito rivolto, faccia a faccia, una sera del luglio 2008 al ministro Altero Matteoli da Riccardo Conti, nella doppia veste di Assessore al Territorio della Regione Toscana e promotore dell'associazione Romano Viviani.
Il Ministro dei Trasporti era venuto al Teatro dell'Affratellamento, in una calda serata fiorentina, affollata di pubblico e di amministratori. Quasi cinque anni fa l'esponente del PD, padrone di casa, lanciò un appello a Matteoli (AN): "Stiamo progettando di riempire le ex cave di lignite di Santa Barbara (nel comune di Cavriglia) con il terreno di risulta estratto dallo scavo del tunnel della ferrovia AV che sottoattraverserà per sette chilometri la città di Firenze. Ma i tempi stretti di spostamento imposti dai vincoli di legge rendono molto difficile muovere questa enorme massa di smarino senza correre il rischio di far dichiarare il materiale come rifiuto pericoloso, rendendolo inutilizzabile a Cavriglia".
Un invito piuttosto esplicito al ministro toscano a "sporcarsi le mani", ridimensionando i vincoli di legge, per evitare che chi avrebbe gestito il progetto TAV incorresse in sanzioni di legge. Poiché l'interessato invito dell'ex assessore Conti non ottenne soddisfazione né in sede governativa, né in sede legislativa, era chiaro che il problema dello smaltimento difficilmente avrebbe trovato una soluzione “legalizzata”. Per anni associazioni ambientaliste, esponenti politici di opposizione e pure gli amministratori pubblici dei territori oggetto dello “sversamento” pericoloso lanciarono allarmi inascoltati da un'opinione pubblica pigra e distratta.
Adesso quelle denunce sembrano trovare conferma nell'inchiesta giudiziaria portata avanti dal Corpo forestale dello Stato su ordine della Procura di Firenze. Oggi sia il Gruppo FS, sia la Regione Toscana, gestori e controllori del progetto ferroviario, hanno garantito la massima collaborazione agli organi inquirenti, ma hanno pure chiesto che l'indagine non blocchi i cantieri, definiti essenziali per il futuro dell'Italia. Non una parola sui carenti controlli che hanno reso possibile il verificarsi delle condotte oggetto di indagine.
Non una parola sulle modalità con cui, all'eventuale dissequestro dei cantieri, si procederebbe allo smaltimento dello smarino senza evadere la normativa europea sui rifiuti speciali. Nessuno che si periti di dare una risposta seria, e possibilmente legale, alla domanda posta dall'allora assessore Conti cinque anni fa: "Lo smarino sennò dove si butta?".