Nonostante la sentenza dell'Aquila, i terremoti si possono prevedere?. “Anche se ad oggi non ci sono strumenti che possano indicare con precisione certa quando e dove si verificherà un terremoto, questo non vuol dire che le previsioni non vengano di fatto effettuate. Ma solo che la forma di queste previsioni è quella di un giudizio di maggiore o minore verosimiglianza (probabilità) riguardo ad una serie di scenari possibili”. Lo ha detto Dario Albarello, docente di Geofisica all'Università di Siena e direttore del progetto di previsione a breve termine dei terremoti, durante il convegno “La previsione degli eventi sismici” che si è tenuto a Firenze e organizzato dall'Ordine e dalla Fondazione dei Geologi della Toscana.
“L'obiettivo della previsione non è direttamente quello di evitare vittime (per questo basta costruire “bene”) quanto piuttosto quello di supportare scelte politiche volte agli investimenti finalizzati alla riduzione dei danni (e quindi delle vittime) attesi. Quello che occorre quindi sono meccanismi decisionali che sappiano utilizzare le previsioni che siamo in grado di produrre”. Secondo Albarello il “problema è politico. L'Aquila ha dimostrato che in Italia non abbiamo protocolli decisionali per fare delle scelte.
La previsione di un terremoto è di natura probabilistica. Ma quando dico che ho il 98% che un sisma non si verifichi, chi è quel sindaco che prende la decisione di evacuare una città”?. Anche per Mauro Chessa, presidente della Fondazione Geologi della Toscana, “all'Aquila non ci sono state responsabilità di solo ordine tecnico”. Un concetto espresso dallo stesso Vittorio D'Oriano vicepresidente nazionale dell'Ordine dei Geologi intevenuto a Firenze. “Dobbiamo ancora vedere la motivazione, ma è una sentenza di condanna che lascia qualche perplessità, sembra che il giudice abbia voluto dare un esempio.
Di certo credo che al momento della pubblicazione della motivazione, la comunità scientifica farà sentire la propria voce. All'estero ci hanno riso dietro”. Per Maria Teresa Fagioli, presidente dell'Ordine dei Geologi della Toscana, “con la condanna della Commissione Grandi Rischi si è spostata l'attenzione dal vero problema, quello del perché siano venute giù abitazioni e costruzioni che dovevano rimanere in piedi. Sul perché non sia messa in sicurezza L'Aquila. E' più facile punire i tecnici, come molte altre volte è successo in Italia”.
“Una sentenza che probabilmente – continua Fagioli – ha voluto blandire la popolazione che ha perso tutto e che adesso vede la ricostruzione precedere troppo lentamente. Una sentenza contro la Commissione che, forse, ha voluto tranquillizzare in maniera eccessiva la popolazione”. Secondo la presidente Fagioli, “quello che occorre è una seria politica di prenvenzione, in Italia il 50% delle scuole non ha agibilità sotto il profilo antisismico. Solo adesso si prevedono fondi per la microzonazione”.