“Questo è uno dei libri usciti di recente che si inserisce a pieno titolo nella ricerca e nella costruzione di quel ‘pensiero nuovo’ indispensabile e necessario nella sfida culturale e politica aperta in Europa: una battaglia delle idee che, seppur complicatissima, insieme alle altre forze riformiste, socialiste e socialdemocratiche europee, vogliamo vincere”. Così il responsabile della cultura e dell’informazione del Pd, Matteo Orfini, parla di ‘Diversamente ricchi’ (Castelvecchi editore) il libro di Carlo Patrignani uscito il 4 luglio scorso e che sarà presentato il 25 agosto prossimo alla Festa Nazionale della Cultura e dell’Informazione del Pd a Firenze dopo aver fatto la sua apparizione alla Festa dell’unità di Caracalla a Roma il 25 luglio.
‘Diversamente ricchi’ ossia l’Utopia ‘socialista’ di un progetto culturale per un modello di società diverso da quello imposto dal capitalismo finanziario e dal neoliberismo, riprende, approfondisce e sviluppa l’idea di ‘una società più ricca perché diversamente ricca’ di Riccardo Lombardi con molti contributi: da Martin Schulz a Gianni Pittella, da Catherine Trautmann a Stefano Fassina, da Giorgio Ruffolo a Paolo Leon a Bruno Amorso a Riccardo Cappellin, da Susanna Camusso a Guglielmo Epifani.
Ma la novità sta nell’interesse e nell’attenzione che ha suscitato e continua a suscitare nel Pd. “Vogliamo tirare fuori il Paese da una difficile crisi finanziaria ed economica certamente, ma anche culturale – sottolinea Orfini – Essa infatti è figlia di una ideologia che domina da vent’anni: il neoliberismo, il laissez faire il mercato, per cui la società non esiste, la persona neanche. Vogliamo ribaltare questo paradigma culturale per cui prima di tutto viene la persona umana che oltre al lavoro, alla casa, ai beni materiali chiede e pretende anche beni non materiali come la cultura, ossia il sapere e la conoscenza, la qualità della vita”. Quando quarantacinque anni fa Lombardi parlava di “una società più ricca perché diversamente ricca” erano molti a sostenere si trattasse di una idea utopica.
Quelle stesse parole oggi, alla luce della grave crisi finanziaria che sta devastando la fragilissima Unione Europa, diventano, grazie al suo ‘naturale sviluppo’ proposto dagli economisti Anna Pettini e Andrea Ventura all’Università di Firenze il 19 febbraio 2010 in occasione della presentazione di ‘Lombardi e il fenicottero’ (L’Asino d’oro, Roma 2010), nella tesi dello psichiatra Massimo Fagioli sulla distinzione, mai fatta a sinistra, tra ‘bisogni’ ed ‘esigenze’ umane, il progetto culturale per un modello di società diverso. “Siamo interessati a raccogliere e sviluppare la proposta di una società diversamente ricca.
É la risposta giusta, di buon senso alla crisi di oggi, al neoliberismo che è, questo sì, da rottamare. La società diversamente ricca è stata un’intuizione felice, un’idea brillante di Lombardi, che ancora oggi è valida e direi giusta e di straordinaria attualità per la politica economica”, evidenzia nel suo contributo Stefano Fassina, responsabile economico del Pd perché, “se vogliamo assicurare la sostenibilità macroeconomica ed ambientale, è del tutto impensabile proseguire con i modelli di consumo avuti finora.
Qui la modernità dell’idea di consumi ‘diversamente ricchi’, non meno consumi, ma più consumi ‘diversamente ricchi’, cioè che arricchiscono la cittadinanza sociale, la collettività: penso alla ricerca, all’innovazione, alla conoscenza, al tempo libero, alla cultura, ai beni comuni”. Da notare che al pensiero di Lombardi si è richiamato spesso anche il Premier Mario Monti a proposito delle ‘riforme di struttura’ o ‘strutturali’ a sostegno delle liberalizzazioni, privatizzazioni e della revisione delle norme attinenti il mercato del lavoro che costituiscono ‘rigidità’ e ‘posizioni dominanti’ che in quanto tali impediscono investimenti e quindi nuova occupazione.
Come vi è ricorso Mario Draghi, presidente della Bce, per sostenere la necessità di ‘riformare’ il sistema di Welfare State. Ma se per Lombardi le ‘riforme di struttura’ o ‘strutturali’ servivano a riformare, anzi a rovesciare il sistema capitalistico, per Monti e Draghi servono ad altro, come rimarca nel suo contributo Lorenza Antonucci, ricercatrice Phd alla School for Politicy Studies, University of Bristol. “Ci sono alcuni elementi del suo pensiero e del suo ‘stile’ [di Lombardi] che lo portano ad essere un teorico attuale per numerose riflessioni sociali.
Penso alla visione di economia politica, cioè al fatto che le ragioni di efficienza non sono mai separate dagli argomenti di disuguaglianza. Ha supportato fortemente la nazionalizzazione dei servizi pubblici contro gli interessi privati. Se Mario Monti ha difeso nel 2007 il movimento ‘Liberalizzare è di sinistra’ dei Giavazzi e Alesina, dicendo che Lombardi avrebbe supportato tale movimento, questa visione è davvero poco credibile nel momento contemporaneo”. La Antonucci, si riferisce ad un articolo del prof.
Monti in cui, per sostenere le liberalizzazioni che il Governo di centro-sinistra di Romano Prodi voleva introdurre nel 2007, notava sul Corriere della Sera: “[...] Ma forse anche a sinistra si sta cogliendo sempre meglio che la concorrenza aiuta l’equità e la lotta alla rendita, non le ostacola. Del resto, il concetto di ‘riforme strutturali’, o ‘riforme di struttura’, come egli diceva, è stato introdotto nella politica italiana da Riccardo Lombardi nel 1949. Egli si batteva contro le rendite.
Forse anche Lombardi, nel contesto attuale, sosterrebbe non tanto la nazionalizzazione dell’energia elettrica, ma le ‘riforme di struttura’ che combattono i privilegi delle corporazioni e frenano lo sviluppo del Paese”. Concetto che il prof. Monti ribadiva ad un convegno in un intervento che veniva ‘stranamente’ riproposto ben cinque anni dopo dal ‘Riformista’ quando il governo tecnico, da lui presieduto, avviava un vasto programma di liberalizzazioni e la revisione delle norme attinenti il mercato del lavoro: “le riforme di struttura di oggi credo siano nel senso delle liberalizzazioni, non certo per creare il mercato selvaggio ma […] per rivedere la selva dei vincoli; e per verificare che cosa serva davvero per tutelare il consumatore e l’interesse generale”.
La differenza sostanziale sul significato che le ‘riforme di struttura’ o le ‘riforme strutturali’ avevano per Lombardi e hanno invece per il prof. Monti, viene così evidenziata dalla Antonucci: “il dibattito attuale è fortemente permeato da questioni di efficienza, ma manca il metodo Lombardi, nel senso che l’economia non è connessa allo studio delle tematiche di uguaglianza sociale: non a caso nel dibattito non si fa mai riferimento al concetto sostanzioso di uguaglianza e diseguaglianza, ma a quello riduttivo e legalista di equità/inequità.
Quindi manca una visione globale di economia politica, intesa come disciplina che non analizza solo l’aspetto funzionalista dell’economia, ma anche le sue implicazioni politiche e sociali”.