La “Japonaise” di Alberto Magnelli è una delle opere più significative della mostra “Giapponismo. Suggestioni dell'Estremo Oriente dai Macchiaioli agli Anni Trenta” in corso alla Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti. L'opera, dipinta nel 1914, dopo un breve ma fecondo soggiorno a Parigi dell'artista fiorentino, è considerata importante nel percorso artistico di Magnelli, perché si colloca in quella svolta della sua carriera che lo condurrà al passaggio verso quell'astrattismo, di cui l'artista sarà un maestro riconosciuto.
Il dipinto rivela un'attenzione alla Xilografia giapponese, che è una sorta di miscela di campiture di colori piatti entro contorni lineari con accostamenti squillanti ed eleganti come nell'opera dell'artista fiorentino. L'opera di Magnelli è un esempio della qualità e raffinatezza della mostra che presenta una scelta significativa di opere in parte inedite che evidenziano le suggestioni che molti artisti italiani trassero dalla cultura giapponese. Si tratta di un nucleo di opere realizzate tra gli anni Settanta dell’Ottocento e i Quaranta del Novecento da protagonisti assoluti dell’arte italiana, come Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini, Mario Cavaglieri solo per citarne alcuni, nelle quali si avverte netta l’influenza dell’arte giapponese.
Anche gli artisti italiani non rimasero immuni al fascino per quel paese tanto lontano e misterioso che solo da pochi decenni si era aperto al mondo dopo oltre due secoli di isolamento. Dopo lo stupore iniziale gli artisti , prima intuirono, poi compresero, infine si fecero influenzare da quell’arte per loro fino ad allora assolutamente sconosciuta, attraverso l' uso calligrafico della linea, l’ accostamento di colori vivaci, il taglio dinamico delle scene, le novità dei temi, soprattutto ispirati al mondo della natura.
Così le opere subirono l' incanto di tonalità chiare evidenziate da una luce nuova attraverso l'uso orizzontale della prospettiva, grazie anche al dilatarsi delle campiture cromatiche. Sempre più frequentemente oggetti di arte giapponese si inserivano nelle composizioni grazie ad un nuovo lessico condotto attraverso eleganza della linea e ampie zone piatte di colore. Il Giapponismo non è solo ripresa di uno stile di terre lontane, ma ricerca di un cambiamento formale che avrebbe lasciato segno indelebile nelle arti italiane tra Otto e Novecento.
In mostra è particolarmente importante il settore che indaga la diffusione del Giapponismo in Toscana. In tale ambito troviamo opere di Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Ulvi Liegi, Francesco Gioli, Plinio Nomellini, Galileo Chini e Renato Natali. Artisti , dei quali è evidenziata un'attenzione tutt'altro che superficiale verso la cultura del Giappone, grazie all'accurata lettura storico critica di Vincenzo Farinella e Francesco Morena ,curatori di questa bella e intrigante mostra.
Il Giapponismo, inoltre, fu particolarmente influenzato dalla moda del Sol levante come testimoniano i ventagli e la decorazione condotta con minuta perfezione nelle sete per i kimono. Significativa a questo proposito l'incisione di Thayat (Ernesto Michahelles ) “Japonika”. L'artista ,uno dei più originali futuristi fiorentini , fu pittore ,incisore e scultore e inventò intorno al 1920 la "Tuta", quell'abito universale che ha qualche analogia con la funzionalità del kimono giapponese.
Dedicò parte della sua intensa attività anche alla moda collaborando con la stilista francese Madeleine Vionnet, come attesta questa incisione che rappresenta una signora dai tratti orientali in abito da sera, dove l'artista predilige una funzionalità lineare e una accentuata bidimensionalità,accentuata dall'uso della tecnica del “pochoir “che ben si accorda con gli esempi della grafica giapponese. La mostra corredata da un bel catalogo, edito da Sillabe, evidenzia, in modo ampio e documentato l'influenza del Giapponismo nella cultura toscana, e rimarrà aperta sino al primo luglio. Alessandro Lazzeri