Firenze - Le nigeriane minorenni obbligate a prostituirsi a Castel Volturno, le braccianti romene di Ragusa costrette a prestazioni sessuali ai propri datori di lavori, gli africani schiavi nelle campagne di Calabria, Lazio, Puglia, Basilicata, i mendicanti resi storpi ai semafori delle nostre città, i vu cumprà senegalesi che scappano dalla finanza, i profughi afghani che vivono confinati in inquietanti baraccopoli a Roma e i rifugiati somali sotto i cavalcavia di Firenze, i clochard albanesi, i rom di Milano, i prigionieri dei Cie che scongiurano il rimpatrio, i carcerati autolesionisti, i facchini-servi delle cooperative della logistica del milanese, gli indiani bruciati da bande di bulli italiani, i morti sul lavoro e quelli uccisi da un raffreddore diventato polmonite fulminante per mancanza di cure.
E poi i cadaveri sepolti nel cimitero di Lampedusa, dove avanza il degrado e non ci sono neppure lapidi su cui piangerli. Sono loro i protagonisti di "Sparategli! Nuovi schiavi d'Italia", il libro del giornalista fiorentino Jacopo Storni (Redattore Sociale e Corriere Fiorentino), edito da Editori Riuniti e con la prefazione di Ettore Mo (inviato speciale del Corriere della Sera), in uscita mercoledì 29 giugno, 5 mila copie in Italia.
Il volume di 330 pagine è un viaggio-denuncia nel Terzo Mondo d'Italia alla scoperta delle condizioni più disumane nel quale vivono gli immigrati. Il lungo reportage, formato da 22 capitoli, è suddiviso in sei macroaree, ognuna delle quali rappresenta una drammatica condizione di vita degli immigrati: gli schiavi, i baraccati, i disperati della strada, i perseguitati, i prigionieri, i morti. L'autore, in questo viaggio durato oltre un anno, si sofferma per giornate intere a raccogliere storie e sentimenti, gioie e dolori, speranze e sbagli di ogni immigrato.
Storni dorme con i migranti nei tuguri, vive i loro drammi, li segue passo passo durante le loro giornate, appuntando puntualmente quello che vocifera l'Italia delle città e dei paesini che li ospitano. Ed è proprio attraverso le storie dei nuovi schiavi del nostro secolo, costretti a vivere ai margini di una società che li sfrutta senza riconoscere loro la dignità di esseri umani, che nel volume affiorano a poco a poco le voci d'intolleranza che covano tra gli italiani, dove emerge, spiega l'autore, "il lato oscuro di un'Italia talvolta egoista e arroccata su se stessa, dove ognuno di noi è complice, diretto o indiretto, delle condizioni più drammatiche in cui vivono i migranti".
"In questo viaggio di Storni - ha detto Ettore Mo - ho letto cose davvero forti, crude e inimmaginabili. I racconti, documentati in presa diretta, illustrano i disagi e le sofferenze cui sono sottoposti gli immigrati, ma anche le responsabilità del paese che li ospita". "Se le prostitute esistono - dice l'autore - è anche perché ci sono nove milioni di clienti abituali (italiani). Se le baraccopoli esistono è anche perché non siamo disposti ad investire per i centri d'accoglienza. Se gli schiavi esistono è anche perché il lavoro nero è consuetudine". "Il Terzo mondo d'Italia - si legge nelle conclusioni di Storni - è una vera emergenza umanitaria, eppure resta impalpabile.
È una piaga che, diventando routine, perde la sua essenza emergenziale sconfinando talvolta nell'indifferenza". Jacopo Storni, giornalista di Redattore Sociale, collabora con il Corriere Fiorentino (dorso toscano del Corriere della Sera) e Corriere.it. Ha scritto su Il Manifesto e Carta. Ettore Mo è un giornalista italiano, tra i più famosi corrispondenti di guerra, inviato speciale del Corriere della Sera.