Firenze, 14 marzo 2011– “Qui si fa l’Italia o si muore”: la frase pronunciata da Garibaldi durante la battaglia di Calatafimi è divenuta ormai leggenda. In realtà, all’ordine di ritirata lanciato da Nino Bixio, l’eroe dei due mondi avrebbe risposto semplicemente “Ma dove ritirarci?”. Il merito di aver smontato un mito così evocativo va attribuito prima a Giuseppe Bandi (1834-1894), che raccontò la vicenda nel capolavoro della letteratura garibaldina I Mille, quindi a Luciano Bianciardi (1922-1971), lo scrittore nato a Grosseto che, affascinato dal lavoro di Bandi, rilesse le vicende del nostro Risorgimento nell’opera storica Da Quarto a Torino.
Breve storia della spedizione dei Mille, uscita nel 1960. A raccontare la genesi e i motivi ispiratori del libro di Bianciardi, che vedeva nelle vicende dell’unità d’Italia aspetti peculiari della realtà a lui contemporanea, è la studiosa Jole Soldateschi, docente di Letteratura italiana all’Università di Firenze e già autrice di importanti saggi sui grandi del nostro Novecento: lo fa nella raccolta di scritti Il tragico quotidiano (Mauro Pagliai Editore, pp. 280, euro 18), incentrata su Bianciardi e su figure come Giovanni Papini, Carlo Cassola e Aldo Palazzeschi.
I capitoli dedicati allo scrittore e giornalista grossetano si concentrano sul suo vivo interesse per l’epopea garibaldina (aveva già curato l’apparato critico di un’edizione de I Mille del 1955), da cui scaturì l’intento di operare una revisione critica del mito risorgimentale, e di raccontare, come scrisse nella prefazione, “la bella avventura che partì da Quarto, senza alcuna specifica preparazione di storico (perché storico non sono)”. Accostandosi con lucidità a fatti e personaggi già trattati da Bandi, con una visione spesso volutamente “partigiana” (un esempio è l’ammirazione per la figura di Garibaldi contrapposta al giudizio negativo verso quella di Cavour), Bianciardi volle sottolineare gli errori e le questioni irrisolte dell’epoca in modo da far riflettere sul suo presente: “raccontando una storia ambientata nel passato della nazione al momento della sua fondazione avventurosa”, spiega Jole Soldateschi, “egli intende contribuire a ristabilire i lineamenti di una identità italiana originaria che si forma e consolida attraverso contraddizioni che saranno determinanti per il futuro del paese”.
Nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’unità italiana, il lavoro della Soldateschi fornisce nuovi spunti su di un’opera ancora capace di far riflettere sugli ideali di libertà e giustizia che animarono il nostro Risorgimento. Gherardo Del Lungo