Il Presidente di Confservizi Cispel Toscana Alfredo De Girolamo entra subito in argomento: “In campo idrico quello che serve è un gigantesco piano di investimenti, 60 miliardi di euro in Italia, 3,5 miliardi in Toscana per recuperare il ritardo infrastrutturale e per centrare gli obiettivi di politica ambientale che le Direttive Europee ci impongono. Continuare a discutere sugli affidamenti, sul pubblico e privato nelle gestioni rischia di essere solo demagogico, oltre che produrre un messaggio sbagliato ai cittadini”.
Qualsiasi riferimento a fatti o persone è puramente casuale, dovremmo dire, a meno di non leggere il comunicato diramato dal Comitato promotore dei Referendum sull'acqua pubblica: "516.615 firme raccolte in 25 giorni attraverso i banchetti e le iniziative svolte in tutta Italia - fanno sapere dal Comitato promotore dei Referendum - da qui a luglio lanceremo eventi, feste e spettacoli per coinvolgere sempre più italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli speculatori dall'acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni" “Il Servizio idrico in Italia ha bisogno di un quadro normativo di affidamenti stabile, chiaro e duraturo che consenta alle aziende che operano, a prescindere dallo loro composizione proprietaria, di gestire piani di investimenti di lunga durata – ha affermato De Girolamo - occorre poi un sistema tariffario che, in mancanza di finanziamenti pubblici, consenta la realizzazione degli investimenti o il loro finanziamento, garantendo la copertura dei costi e l’adeguata remunerazione del capitale investito”.
L'intervento non casuale lo ritroviamo subito dopo: “La campagna referendaria in atto - spiega il Presidente De Girolamo - mina esattamente questi due aspetti, mettendo quindi a rischio gli investimenti nel nostro Paese in questi anni, con gli effetti immaginabili: una rete che si deteriora, le perdite che aumentano, il sistema di depurazione incompiuto che infrange le norme comunitarie di tutela dell’ambiente". "Il vero ritardo che abbiamo - continua - non è solo sulle perdite di rete ma è sulla parte di depurazione delle acque reflue, dove potrebbero essere adottati strumenti di riutilizzo e dove soprattutto saremmo obbligati dall’Unione Europea a rispettare standard ambientali molto ambiziosi”. "Se un Sindaco firma il Referendum con la mano destra - aggiunge il presidente di Cispel Toscana - dovrebbe esser pronto con la sinistra a firmare l'assegno per ripubblicizzare l'acqua" In Europa le tariffe dell’acqua, secondo uno studio di Confservizi Toscana che rielabora i dati del Water Global Intellingence, sono molto più alte che in Italia, in Germania si paga mediamente 4 volte di più, in Francia quasi 2 volte e mezzo di più.
L’Italia è il Paese europeo dove l’acqua è meno cara, e questo si ripercuote inevitabilmente sulla capacità di investimento e sulla possibilità di migliorare la rete acquedottistica e quindi il servizio, ma anche la fognatura e la depurazione. In Toscana negli ultimi 9 anni le aziende del servizio idrico hanno investito 1,5 miliardi di euro. “Il dibattito sull’acqua che sta interessando i cittadini - ancora De Girolamo - in queste settimane è parziale e poco fondato, si parla infatti di acqua privata e di gestioni private, ma l’acqua non può essere privatizzata, né tantomeno le reti, gli acquedotti che sono demaniali.
La gestione privata può essere un modello ma non è quello attuato nel nostro Paese, dove operano società miste pubblico-privato o società interamente pubbliche. La campagna referendaria, ovviamente legittima, non deve trasformarsi nell’ennesima occasione per ritardare investimenti improrogabili e i processi di industrializzazione necessari per realizzare una massa di investimenti così consistente”. “Un dibattito sensato sarebbe semmai sul metodo tariffario - ha auspicato De Girolamo - che potrebbe esser aggiornato e perfezionato, e sul funzionamento delle autorità di programmazione e controllo" Ad esempio? L’attuale tariffa idrica potrebbe senz’altro esser migliorata tenendo conto di molte variabili - sottolinea - come la numerosità dei nuclei familiari, lo sgravio per utenti virtuosi, le famiglie indigenti". "Le autorità di ambito oggi esistenti ed in procinto di cessazione a seguito del Decreto Calderoli conclude - dovranno esser sostituite dalle Regioni e ci auguriamo che siano organismi autorevoli, forti ed indipendenti, che abbiano possibilità vera di controllo e tutela degli utenti”.
Interviene anche il presidente di Publiacqua Erasmo D'Angelis: "Oggi in Italia gli investimenti nel settore idrico vengono sostenuti quasi esclusivamente attraverso la tariffa, che non riesce a coprire tutto quello che sarebbe necessario fare, risultato è quello che stiamo impoverendo il patrimonio acquedottistico consegnando alle generazioni successive una rete che va deteriorandosi, l’Italia investe nel servizio idrico troppo poco e anche se la Legge Galli ha promosso la pianificazione degli investimenti necessari essi sono stati inferiori rispetto a quelli effettuati nei principali Paesi Europei". Al termine della discussione interviene anche Fausto Valtriani presidente di Acque Spa: "Di raccolte firme ne ho viste tante, e tante son rimaste nei cassetti - sottolinea - poi quel che interessa ai cittadini è solo che l'acqua arrivi a destinazione, che sia tanta e che sia buona.
Vi porto un esempio su tutti - conclude - se manca l'acqua ci sentiamo telefonare dalla Stazione dei Carabinieri di zona, sollecitati da qualcuno rimasto con il rubinetto a secco, questo per dire quanto sia importante l'erogazione del servizio" Presentato nell'occasione un Vademecum con 20 domande e 20 risposte sul tema dell'Acqua che riportiamo integralmente, in modo tale da offrire, come detto in conferenza stampa dai promotori, "un punto di vista alternativo sull'argomento": 1 - Di chi è l’acqua? E’ stata privatizzata ? In Toscana, come in Italia, tutta l’acqua (sotterranea e superficiale) è per legge pubblica (D.
Lgs 152/06, art 144 ), l’acqua infatti appartiene al demanio dello Stato. ART. 144 (tutela e uso delle risorse idriche) 1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato. La risorsa idrica non è quindi stata privatizzata in Italia. L’acqua è tutta sempre pubblica e il prelievo di acqua dal sottosuolo e dai corsi d’acqua è subordinato ad autorizzazione delle autorità competenti. 2 - Un'acqua privatizzata esiste: quella minerale La sfruttamento di acque minerali e termali è sottoposto a specifiche normative, che consentono alle imprese, a seguito di autorizzazione, di estrarre acqua e venderla, come un qualsiasi altro prodotto, sul mercato, secondo le logiche di domanda offerta.
L’acqua minerale è l’unico caso in Italia di acqua considerata una merce. 3 - Di chi sono le reti acquedottistiche e gli impianti idrici? In Italia gli acquedotti sono demaniali, appartengono pertanto al demanio e sono inalienabili (art 133 del D. Lgs 152/06 e art 822 e 823 del Codice Civile). Reti e impianti idrici in Italia non sono quindi vendibili, né privatizzabili. Gli impianti realizzati direttamente dai gestori sono restituiti gratuitamente agli enti locali a fine concessione.
ART. 143 (proprietà delle infrastrutture) 1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge. 4 - L’acqua potabile è un servizio universale? E il trattamento degli scarichi ? Il servizio idrico è un servizio di interesse generale (Direttiva Europea), che deve essere garantito a tutti i cittadini.
In Italia oltre il 95 % della popolazione è allacciata al servizio acquedotto. Solo l’84,7% è allacciata al servizio fognatura, e il 70,4% dispone di un impianto di depurazione. In Italia a tutta la popolazione è garantito il servizio idrico, in alcune zone del Paese il servizio può essere discontinuo. Il ritardo del nostro Paese non riguarda il “diritto all’acqua”, ma il diritto/dovere a non inquinare. 5 - Chi gestisce i servizi idrici? Il compito di assicurare i servizi idrici in Italia è affidato ai Comuni, che per legge debbono associarsi in Ambiti Territoriali Ottimali.
Con la riforma del 2009 gli Ambiti Territoriali Ottimali possono affidare il servizio in concessione tramite gare (a cui possono partecipare aziende pubbliche e private) oppure costituire un Partenariato Pubblico Privato (PPP), una azienda pubblica che deve selezionare con gara un partner industriale cui cedere almeno il 40 % La Riforma del 2009 ha ridimensionato molto la possibilità di affidare il servizio direttamente ad una azienda pubblica, il cosiddetto affidamento “in house”. 6 - In Italia è stata decisa la privatizzazione del servizio idrico ? La recente legge (L.
166/2009) ha fortemente incentivato il ricorso ad imprese private e ridotto molto la possibilità di utilizzare aziende pubbliche in house, prevedendo la scadenza anticipata al 2011 delle aziende in house e subordinando nuovi affidamenti in house a norme molto rigide. La gestione pubblica dell’acqua può essere comunque garantita sia da parte di una azienda interamente pubblica che partecipa ad una gara e vince , sia attraverso la costituzione di una spa mista a maggioranza pubblica. 7 - Chi sono i gestori dell’acqua in Toscana? I gestori dell’acqua in Toscana sono 7 società per azioni, una di esse interamente pubblica, le altre a maggioranza pubblica.
Sono società beneficiarie di un affidamento diretto da parte dei comuni che costituiscono l’ambito, che hanno contestualmente ceduto parte del capitale (dal 40 al 45 per cento) ad un partner industriale che ha garantito know how tecnico e capitali. Queste società hanno complessivamente 2.400 dipendenti, fatturano 603 milioni di euro all’anno, hanno fatto negli ultimi 9 anni 1,5 miliardi di euro di investimenti per mantenere la rete esistente e per nuovi interventi come il tubone che porta l’acqua da Firenze fino a Prato e Pistoia, impianti dissalatori sulla costa toscana, invasi per assicurare l’acqua alle piane lucchesi, aretine e grossetane, ed altro. ATO Gestore di ambito Durata della concessione Durata piano ATO 1 Toscana Nord GAIA Spa* 20 gen 2005 - gen 2025 ATO 2 Basso Valdarno Acque spa 20 gen 2002 - gen 2022 ATO 3 Medio Valdarno Publiacqua Spa 20 gen 2002 - gen 2022 ATO 4 Alto Valdarno Nuove Acque Spa 20 giu 1998 - giu 2023 ATO 5 Toscana Costa ASA Spa 25 gen 2002 - gen 2027 ATO 6 Ombrone Acquedotto del Fiora Spa 25 gen 2002 - gen 2027 * Il Comune di Lucca è gestito da Geal Spa 8 - La recente legge produce effetti sugli affidamenti in Toscana ? Per i cinque gestori in forma di spa mista no, le concessioni rimarranno valide fino alla loro naturale scadenza.
La legge del 2009 infatti riconosce piena legittimità alle spa miste fatte in Toscana, quindi al “modello toscano”. Nel caso dell’ATO 1 Toscana Nord, l’affidamento in house va a scadenza al 2011 e l’ATO dovrà quindi decidere una nuova forma di gestione legittima: gara per la concessione o spa mista. 9 - Chi decide gli investimenti? L’Autorità di Ambito, composte dai Comuni nel Piano di Ambito. 10 - Quanto si deve investire ? Gli investimenti ne servizio idrico sono stimati in 60-70 miliardi di Euro in Italia nei prossimi 5 anni e in 3-4 miliardi di Euro in Toscana nello stesso periodo.
La Toscana ha già investito nel servizio idrico 1,5 miliardi di Euro da quando sono stati istituiti i gestori di ambito. E’ la regione con il miglior risultato in termini di investimento in Italia. 11 - Quanto investono in Europa ? La Germania, la Francia e il Regno Unito investono, per km di rete, più del doppio dell’Italia. Paese Investimenti all’anno (miliardi di €) Investimenti per acquedotto e fognatura (€/Km/anno) Inghilterra 4,9 7.547 Francia 5 6.774 Germania 6,5 6.592 Italia 2 3.745 12 - Perché si deve investire così tanto ? La rete idrica e gli impianti esistenti devono essere sempre sottoposti a manutenzione, per garantire il funzionamento del servizio e ridurre progressivamente le perdite di rete (oggi al 30-35%). Deve essere completata la rete fognaria e gli impianti di depurazione, per garantire scarichi a norma in tutti i nuclei abitati.
Dobbiamo farlo entro il 2014, altrimenti rischiamo sanzioni dell’Unione Europea. Deve essere potenziato e interconnesso il sistema degli attingimenti di acqua, per garantire acqua a tutti sempre. Le alterazioni climatiche e i fenomeni di inquinamento rendono sempre più difficile disporre di acque idonee al consumo umano. La rete deve essere estesa alle nuove aree edificate. 13 - Quante persone bevono l’acqua del rubinetto in Toscana? Un milione e 400 mila toscani, pari al 40 per cento della popolazione, bevono oggi l’acqua del rubinetto, sono 500.000 in più rispetto a cinque anni fa.
Sommando la percentuale di coloro che bevono l’acqua regolarmente con coloro che la bevono saltuariamente si arriva ad un 71 per cento, risultato che testimonia come sia molto migliorato il servizio e la qualità dell’acqua assicurato dai gestori toscani. 14 - Chi fa gli investimenti?Gli investimenti nei servizi idrici vengono realizzati dal gestore, utilizzando il proprio capitale ed il finanziamento delle banche. La tariffa consente di ripagare nell’arco della concessione gli investimenti, ma i gestori devono sostenere la spesa di investimento, reperendo i capitali necessari.
15 - Chi paga il servizio idrico?Per legge in Italia in servizio idrico è pagato dagli utenti tramite una tariffa, calcolata al metro cubo. L’utente non paga il “valore” dell’acqua, ma esclusivamente i costi del servizio: costi operativi e costi di capitale. L’ammontare di tali costi è definito dall’Autorità pubblica di regolazione, che definisce in Italia la tariffa sulla base di una metodologia omogenea a livello nazionale (Metodo normalizzato). Il gestore non può applicare una tariffa da lui decisa in modo unilaterale. 16 - Quanto è cara la tariffa ? Mediamente il servizio idrico costa in Italia 1,3 Euro a metro cubo.
Poiché un metro cubo corrisponde a mille litri , il costo al litro del servizio idrico è pari a 0,0013 Euro. Una bottiglia di acqua minerale di un litro costa circa mille volte tanto. La tariffa idrica italiana è la più bassa in Europa. In Francia, Germania e Regno unito la tariffa oscilla fra i 3 e il 6 Euro a metro cubo, 2/3 volte più cara che in Italia. 17 - Quanto paga in media ogni anno una famiglia toscana per il servizio idrico?Una famiglia di 3 persone che consuma 150 litri ad abitante al giorno paga fra i 240 e i 300 euro all’anno. 18 - Le famiglie a basso reddito pagano il servizio idrico?Non esistono in Italia provvedimenti nazionali tesi a tutelare le fasce deboli.
I Comuni possono disporre interventi di tutela a favore delle famiglie svantaggiate ma il metodo tariffario non consente un sistema di tariffazione che sia proporzionale al reddito familiare. Negli anni scorsi infatti sia i Comuni, le ATO, che la Regione Toscana hanno stanziato fondi per singoli progetti che hanno aiutato famiglie indigenti o famiglie numerose. 19 - Il servizio idrico viene pagato con le tasse? No. Ormai da anni il costo del servizio idrico integrato viene sostenuto dalla tariffa.
Le condizioni dei conti pubblici italiani non lo consentono, anche se sarebbe corretto che parte gli investimenti più importanti, venissero pagati con la fiscalità generale. La Direttiva comunitaria del 2000 prevede che le tariffe devono consentire il recupero dei costi (anche quelli ambientali) del servizio idrico. Per il servizio fognatura e depurazione vale il principio “chi inquina paga” e non sono ammessi in Europa aiuti di Stato e sussidi pubblici. 20 - I gestori possono fare utili? Il sistema tariffario in vigore in Italia prevede la remunerazione del capitale investito dai soci pubblici o privati dei gestori individuati dagli Ambiti.
Per attrarre capitali in questo settore e finanziare gli ingenti investimenti previsti in Italia il metodo tariffario prevede che possa essere considerata in tariffa, una remunerazione del capitale investito fino al massimo del 7 per cento. Con questa quota di tariffa i gestori pagano gli oneri finanziari derivanti dai prestiti contratti per gli investimenti oppure pagando i dividenti (utili) ai soci che hanno investito capitale proprio nell’azienda di gestione. In assenza della remunerazione del capitale investito in tariffa gli investimenti sarebbero possibili solo con risorse pubbliche a fondo perduto.
di Antonio Lenoci