Il presidente della Toscana Enrico Rossi scrive ai prefetti sulla riapertura delle aziende strategiche dell’export, che una nota dei Ministeri competenti ha chiarito ieri, domenica, che possono da subito essere autorizzate a riprendere le attività: quelle almeno orientate in modo prevalente alle esportazioni. In Toscana si calcola che potrebbero essere circa duemila le aziende leader interessate, ma con fornitori e filiera il perimetro si allarga ulteriormente. L’export non è infatti un segmento staccato dal resto dell’economia. Ma come individuare queste aziende?
“Si dovranno considerare – scrive Rossi nella lettera ai prefetti - le imprese per cui almeno il 50 per cento del proprio fatturato , in almeno uno degli ultimi tre anni, è rivolta all’estero”. Imprese e indotto. “E siccome non vi è nessun dato che consenta di cogliere le imprese appartenenti alle filiere – prosegue Rossi – tutto questo deve basarsi su una autocertificazione da parte dell’impresa leader, che, oltre a dichiarare che almeno la metà del proprio fatturato è rivolto all’export, dichiara anche quali sono le imprese della propria filiera”. Una procedura semplice e rapida. Naturalmente le aziende che riapriranno, oltre a darne comunicazione al prefetto, dovranno farlo rispettando le misure di sicurezza e prevenzione previste dal decalogo anti-contagio dell’ordinanza che il presidente della Toscana Enrico Rossi ha firmato il 18 aprile dopo un confronto con le parti sociali e le associazioni di categoria.
Che il settore più vocato ed esposto all’export e alla concorrenza internazionale riaprisse velocemente la Toscana lo avevo chiesto da tempo. E da tempo stava lavorando perché ciò avvenisse in assoluta sicurezza, definendo come ciò sarebbe dovuto avvenire.
“L’export toscano è cresciuto del 70 per cento dal 2008, anno d’inizio della grande recessione – sottolinea Rossi – ed oramai ha superato i 40 miliardi di euro. In tal senso la perdita di posizioni e delle relative quote di mercato nel contesto internazionale costituisce un elemento di rilevanza strategica, in misura ancora più consistente per un territorio come la Toscana che ha una struttura produttiva a base esportativa”.
La Regione, pensando ad una riapertura anticipata, aveva individuato dieci giorni fa tremila aziende toscane che esportano almeno il 25 per cento sui mercati internazionali: imprese che producono macchinari, altre della pelletteria e del cuoio, l’oreficeria di Arezzo e tutto il settore della moda, 90 mila lavoratori diretti ed altri 25 mila nell’indotto che insieme realizzano un terzo del Pil regionale.
La nota dei ministeri, che limita la possibilità di una apertura anticipata prima del 4 maggio alle solo attività produttive “orientate in modo prevalente alle esportazione”, ovvero che esportano per almeno la metà del fatturato, riduce il perimetro. Ma secondo l’Irpet, l’istituto di programmazione economica della Regione, ne rimarrebbero circa duemila. Inoltre considerando che un’impresa può portarsi dietro tutto l’indotto e la rete di fornitori, alla fine le aziende con i requisiti per rimettersi subito in moto sarebbero molte di più.
“La Fase2 è deludente, un Governo senza rotta sta mortificando tante attività produttive e categorie economiche. Il Paese ha bisogno di ripartire pur mantenendo sotto controllo la salute, si può tornare a lavorare in sicurezza. Le aziende che garantiscono le distanze necessarie e l'utilizzo delle protezioni individuali per i propri dipendenti, devono poter riaprire indipendentemente dal codice Ateco. Molte attività rischiano di non riaprire i battenti. Altri Paesi sono già ripartiti” dichiara il Consigliere regionale Paolo Marcheschi.