Una manifestazione simbolica di protesta, senza arrecare disagi alla cittadinanza, ma per ribadire l’urgenza del tema. Trenta aziende del settore spurgo dell’area metropolitana e ben cinquanta mezzi, tutti facenti parte del Consorzio Spurghisti Associati, hanno sfilato ieri mattina all’alba per le strade di Firenze per lanciare ancora una volta l’allarme sull’emergenza liquami.
Il problema è sempre lo stesso: il capoluogo si ritrova senza un impianto di depurazione dei liquami dopo la chiusura dell’Itl di San Donnino, e ora le attività commerciali, gli alberghi, gli uffici pubblici, i condomini e gli ospedali rischiano di non potere più chiedere la vuotatura delle fosse biologiche.
D’altronde al momento Firenze dipende completamente da Prato per il conferimento dei fanghi, appoggiandosi sugli impianti di Gida al Calice e a Baciacavallo che però non bastano per sopperire alle richieste del capoluogo, di Prato stessa e di Pistoia.
Il Csa torna a chiedere, quindi, la riapertura dell’impianto di San Donnino e un suo veloce adeguamento alla nuova normativa regionale. Lo fa con una manifestazione che ha toccato alcuni punti simbolici di Firenze. Gli spurgo associati al Csa hanno manifestato in zona tribunale, poi davanti allo stadio e infine a piazzale Michelangelo. “E’ stato un modo per attirare l’attenzione della cittadinanza sul problema – ribadisce il vicepresidente del Csa, Massimo Durgoni -. Non vogliamo arrecare disagi a nessuno, né bloccare un servizio di prima necessità per la cittadinanza, ma è ora che la politica ci dia risposte. Le chiediamo al sindaco di Firenze, alla Regione e più in generale a tutte le istituzioni. Non vogliamo arrivare allo sciopero generale, ma Firenze deve tornare ad avere un impianto proprio”.
Il Csa comunque tende la mano a Publiacqua, ravvisando già un cambio di passo rispetto alla passata gestione. “Abbiamo chiesto un appuntamento al presidente di Publiacqua Perini, che si è reso disponibile per settembre e col quale vogliamo avviare un dialogo – aggiunge Durgoni -. La speranza è che si riesca a superare l’atteggiamento di chiusura riscontrato in passato con l’ad Saccani che ha impedito che si concludesse l’accordo fatto assieme ai responsabili commerciali di Publiacqua per l’anno 2023 di circa 2,2 milioni di euro. Resta il fatto abbiamo la necessità di risposte immediate dalla politica, già nel mese d’agosto, perché è a rischio la tenuta del sistema”.
A raccontare la quotidianità degli spurgo è anche un altro associato del Csa, Vincenzo Adiletta della Sesto Spurghi. “Tutti i giorni siamo costretti ad andare a conferire i liquami fuori provincia, a volte anche fuori regione – commenta -. Vi rendete conto cosa significhi questo in termini ambientali? E soprattutto la politica ha un’idea di quanto questo aggravi i costi delle aziende? Senza dimenticare il caro benzina. Tutte spese in più che siamo costretti a scaricare a nostra volta sulla cittadinanza. Riaprire San Donnino quindi sarebbe un vantaggio per tutti”.