La Colombia è al terzo posto nel mondo per numero di rifugiati interni, subito dopo il Sudan e la Repubblica del Congo. Questo dramma umanitario, quasi completamente ignorato dai media internazionali, è una delle dirette conseguenze del complesso conflitto interno di lunga durata che affligge il Paese. Le popolazioni rurali vivono sotto il fuoco incrociato dei diversi gruppi armati, guerriglieri, paramilitari, esercito e narcotrafficanti che si contendono il controllo dei centri di produzione e del territorio, spesso mossi da interessi economici legati alla realizzazione di grandi infrastrutture, coltivazioni intensive o per l’espansione delle coltivazioni illecite.
Il risultato è il “desplazamiento forzado” interno, di più di 2 milioni di persone, fra cui molte donne sole con figli. Nel tentativo di sfuggire al costante stato di insicurezza generalizzato o a minacce dirette, gli abitanti delle aree più colpite (in particolare la costa pacifica e i dipartimenti centro-meridionali), cercano una nuova vita nelle grandi città come Bogotà, Medellin e Cali, trasformandosi in “desplazados” ossia rifugiati interni. Lo stato di grave povertà, associato alla diversità culturale di cui sono portatori (il 22,76% dei rifugiati interni sono afrocolombiani e il 3,5% indigeni, il 69,73% mestizos), aggrava la condizione di discriminazione ed esclusione di cui sono vittima i rifugiati interni nelle città di arrivo.
Nell’immaginario collettivo i rifugiati vengono percepiti come una fonte di criminalità, occupazione illegale di terre, espansione di periferie sprovviste di servizi pubblici, disoccupazione ed economia informale. Ne consegue che i rifugiati oltre a passare per la tremenda esperienza di espulsione e abbandono delle proprie comunità di origine, una volta giunti nei centri urbani di ricezione diventano oggetto di un grave rifiuto sociale e culturale. Il doppio impatto generato dall’esodo e dal rifiuto si concretizza, in coloro che ne sono vittima, nel diffondersi di una “cultura dello sradicamento” caratterizzata dal sentimento di essere portatori di tratti culturali e linguistici e usanze che all’improvviso risultano inadeguati e privi di valore nel contesto di arrivo. Il gruppo di Teatro La Mascara di Cali aiuta le donne e gli adolescenti desplazados a ritrovare la propria identità attraverso l’espressione teatrale.
La Mascara è un ente senza fini di lucro che si dedica da più di trent’anni alla ricerca, creazione e allestimento di spettacoli teatrali, artistici e culturali, realizzazione di stage e workshop di formazione dedicati a fasce sociali marginali, rivolgendo una particolare attenzione alle tematiche di genere: pari opportunità, tutela dei diritti sessuali e riproduttivi, lotta alla violenza intrafamiliare. Nel 2006, La Mascara entra in contatto con l’associazione Medina, di Borgo San Lorenzo, impegnata da anni nella realizzazione di progetti di cooperazione internazionale allo sviluppo, che si fa promotrice presso la Regione Toscana e l’Unione Europea di due progetti, ideati e coordinati insieme a La Mascara, per la realizzazione di laboratori basati sulla recitazione quale mezzo di apprendimento, socializzazione e recupero psicologico, promuovendo abilità nell'espressione corporale, coordinazione, gestione della voce, creatività, e facilitando la riflessione, la crescita dell’autostima e la costruzione di saperi a partire dalle esperienze di vita, spesso tragiche, di ogni partecipante.
Le attività includono anche la ristrutturazione dell’edificio del Teatro La Mascara. Il progetto finanziato dalla Regione Toscana ha ampliato l’attività de La Mascara anche alle aree di Norte di Santander e Cartagena, mettendo il gruppo in contatto con associazioni teatrali locali. A partire dal prossimo anno, si prevede di proseguire con le attività anche a Medellin, sempre con il supporto della Regione Toscana e dell’Unione Europea. Dal 28 settembre al 3 ottobre, una delegazione colombiana sarà in Italia per raccontare questa esperienza di uso del teatro a fini socio-culturali: due attrici della Fondazione Teatro La Mascara (una della quali, Lucy Bolaños, la direttrice del teatro, è stata premiata dal Centro Colombiano dell'Istituto Internazionale di Teatro - ITI dell'Unesco come una delle donne più rilevanti per lo sviluppo teatrale colombiano), due rappresentanti della Fondazione Mujeres Arte y Vida - Mavi (associazione di Cali che collabora con La Mascara, formata da un'equipe multidisciplinare di psicologhe, educatrici, giornaliste, che realizzano progetti di carattere sociale e comunitario destinati prevalentemente a donne) e, infine, Yolanda, una delle donne afrodiscendenti rifugiate a Cali, e che ha seguito i corsi di teatro con approccio di genere finanziati dal progetto.
Mercoledì 30 settembre alle ore 20 presso Villa Montalvo (Campi Bisenzio) sarà possibile conoscere da vicino l’esperienza de La Mascara, durante una serata a loro dedicata organizzata dal Gruppo Mafalda dell’associazione l’Angolo dell’Avventura, di Firenze.