Frost/Nixon - Il duello
-Un film di Ron Howard. Con Frank Langella, Michael Sheen, Kevin Bacon, Rebecca Hall, Toby Jones, Matthew MacFadyen, Oliver Platt, Sam Rockwell, Patty McCormack, Andy Milder, Kate Jennings Grant, Gabriel Jarret, Jim Meskimen, Geoffrey Blake, Clint Howard. Genere Drammatico, colore 122 minuti. - Produzione USA 2008.
Ronald William Howard ha ormai 55 anni e i più giovani faticheranno a ricordarsi di lui nei panni del giovane protagonista di American Graffiti di George Lucas.
Certo, poi c’è stata la notorietà mondiale grazie al Richie Cunningham di Happy Days, ma quello che rimane meno evidente ai più è che ormai ci troviamo di fronte ad un regista di blockbusters dalla fama acclarata, almeno una dozzina su una filmografia ormai trentennale: dai timidi esordi di Splash – una Sirena a Manhattan a Cocoon, da Fuoco Assassino a Cuori Ribelli, fino agli ultimi e premiatissimi dal pubblico in sala Apollo 13, EdTv, A Beautiful Mind e Cinderella Man; per non parlare poi del Codice Da Vinci e del suo imminente sequel, Angeli e Demoni.
Desta ancora più curiosità, quindi, che un regista abituato a girare kolossal dal budget di svariati milioni di dollari, si sia “rinchiuso” nelle quattro pareti dell’appartamento dove nel 1977 l’allora misconosciuto, ed adesso Baronetto di sua maestà, David Frost Paradine “inchiodò” alle sue responsabilità il dimissionario presidente degli stati uniti Richard Nixon.
Tratto da un testo teatrale di Peter Morgan, che è sceneggiatore della pellicola, la vicenda narra infatti della mirabolante sfida fra il giornalista e il politico, condotta non su un ring ma su due poltrone, armati non di pistole o armi bianchi ma di telecamere e microfoni. Fino ad allora, l’ex presidente Nixon non aveva mai ammesso pubblicamente le proprie responsabilità nello scandalo Watergate ; fu il brillante anchorman britannico a realizzare l’obiettivo di milioni di americani, ed insieme a quello, lo scoop della sua vita.
Già, perché come ogni film di duellanti, qua in ballo c’è l’onore.
Quello personale di Frost che assume sempre più i connotati personali dell’orgoglio – la sua carriera stenta a riprendersi, confinato in talkshow australiani; non avendo trovato investitori, ha finanziato di suo pugno l’intera operazione delle interviste – e quello del denigrato presidente, il primo nella storia degli Stati Uniti a non aver completato il proprio mandato, e saldamente intenzionato a salvare la propria faccia.
Ma non è tutto solo qui. Come ogni opposto che si attrae, c’è un legame intrinseco fra Frost e Nixon.
A nessuno importa veramente dei motivi etici e politici dell’intervista. David Frost è un playboy dal sorriso mefistofelico che non sa nulla di politica, che cerca solo di rilanciarsi. Cerca una vittoria morale, una revanche, proprio come il vecchio leone della politica, ormai confinato in una casa di cura dopo una trombosi, a cui manca il circo a cui era abituato, le battaglie, le vittorie politiche. Nixon sta morendo interiormente, privato della possibilità di lottare; per questo accetta di buon grado le richieste economiche del giornalista inglese partecipando all’intervista.
Anche per lui è in contemporanea una possibilità di rivincita, e quella di sentirsi scorrere ancora nelle vene l’antico sangue baldanzoso dello statista di successo. Ma come lo stesso presidente ammonisce, “ci sarà un solo vincitore, per lo sconfitto, sarà l’oblio”. Purtroppo per lui, è la sorte che la storia gli destinerà dopo quelle interviste.
Strepitosi gli attori :il Nixon di Langella è un affascinante e ironico gentiluomo vecchio stampo, con i suoi razzismi, cinismi e menzogne.
Lui, l’italoamericano di un metro e novanta che fu Dracula, è il vero sconfitto di questi ultimi recenti Oscar; la sua performance è superlativa, piena di sfumature umanizzanti che ci regalano forse un Nixon diverso da quello reale, ma un personaggio cinematografico dalla statura imponente, che una volta vista in faccia la sconfitta, riesce a mantenere il contegno, strozzando in un attimo il pianto. Ma anche il gallese Sheen (già visto in The Queen, dello stesso Morgan, dove interpretava Tony Blair, e negli schermi adesso anche in UnderWorld – La ribellione dei Lycans ) se la cava egregiamente, con un sorriso che sembra un ghigno satanico a là Nicholson, restituendoci la figura di un giornalista malandrino che sa sedurre non solo le donne ma anche il pubblico, facendoci appassionare alla sua figura e alla sua storia come se fosse in odore di santità.
Dalla manipolazione politica, sembra dire Howard, siamo passati a quella televisiva : forse in quel lontano ’77 sono state gettate le basi per il successo degli odierni reality show e della tv di oggi in generale.
Marco Cei