Un film di Danny Boyle. Con Dev Patel, Anil Kapoor, Freida Pinto, Madhur Mittal, Irfan Khan.
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Titolo originale Slumdog Millionaire. Commedia, durata 120 min. - Gran Bretagna, USA 2008.
Bel tipo, Danny Boyle da Manchester. Il cinquantenne di origini irlandesi era partito molto bene con Piccoli Omicidi tra Amici, del 1994, che rivelò al grosso pubblico i nomi di Ewan McGregor e Christopher Eccleston, e lo sguardo birbone e ironico di un regista furbo e scaltro ad evitare le banalità.
Ne è riprova il successivo Trainspotting, diventato ben presto film di culto, dove l’universo della droga è affrontato con la ferocia del sarcasmo e che ne consacra lo status di regista emergente. Tant’è che arriva la chiamata dagli States e il buon Danny incontra i primi flop : Una vita esagerata, con il fido McGregor, e The Beach, dove lui avrebbe voluto portarsi dietro il suo attore feticcio scozzese, ma la produzione gli impose DiCaprio con il quale litigò tutto il tempo. Passa un po’ di tempo e riappare per il superbo 28 giorni dopo, film di “contagio” all’anglosassone dove le zampate di cattiveria si fanno più acide e crudeli ; è il suo rilancio, sul quale non incide più di tanto Sunshine, bel film fantascientifico e citazionista del genere ma con un finale indegno dei registri del nostro, che ne mina un po’ il successo al botteghino.
Ma il colpaccio il simpatico ragazzaccio lo fa con questo Millionaire, quasi fosse una metafora delle vicende del suo protagonista, Malik, diciottenne indiano che si presenta alla versione locale di “chi vuol essere milionario “ (con buona pace di chi si oppone alla globalizzazione mediatica) per amore della bella Latiqa , perché sa che lei lo guarderà e correrà da lui. E alla domanda finale per vincere 20 milioni di rupie è proprio lei, sfuggita alle grinfie di un boss malavitoso locale, a rispondere al telefono per l’ “aiuto da casa”, per testimoniare al ragazzo il proprio affetto a allo spettatore che la storia d’amore avrà un lieto fine.
Anche se non sa neppure lei la risposta.
Il lieto fine avrà un prezzo, la vita del fratello di Malik, attendente del malavitoso, che si sacrifica per far fuggire la ragazza. E il buon Malik verrà torturato dalla polizia, a cui il conduttore del programma lo ha denunciato perché sospettato di barare : come può un nulla, proveniente dagli slums, sapere tutte le risposte ? Semplice, perché ogni domanda , in qualche modo, è legata ad un evento della sua vita.Con questo espediente narrativo, Boyle ci mostra l’altra faccia del boom indiano, ci mostra le baraccopoli, i conflitti religiosi, la crescente microcriminalità di un paese troppo “misticheggiato” dall’occidente.
Un paese dove per avere l’autografo del divo locale si è disposti a ricoprirsi letteralmente di escrementi ; un paese dove i call center si bloccano perché gli stessi operatori tentano di partecipare al quiz milionario e riscattare così la povertà della propria vita. Il quiz come metafora della vita, dunque ? alla fine Boyle sembra suggerirlo, dicendo che la risposta giusta è “Tutto era scritto”. Ma non credeteci ; Danny Boyle è uno furbo. Ha intuito che in questo clima degenerativo mondiale, la nuova moda metacinematografica sarà l’amore, il ritorno ai sentimenti, come sembra testimoniare il successo globale dei vampiretti adolescenti di Twilight.
Dopo le saghe fantasy, dopo la stagione dell’horror torturativo, sembra che ci sia “voglia di sentimento” , come ultimo appiglio , come difesa della speranza. E Danny Boyle ci si è buttato a capofitto, inserendo la sua storia in un mosaico che molto deve al melodramma classico bollywoodiano, come testimonia anche il balletto finale che ironicamente(il lupo perde il pelo, ma non il vizio ) richiama al genere in questione. In effetti, anche Il Millionaire è quasi un musical (altro caposaldo del cinema indiano) ma lo è per l’utilizzo azzeccato e narrativo della colonna sonora, che sorregge e enfatizza a dovere le vicende del giovane concorrente.
Azzeccato il cast , in particolare il protagonista Dev Patel , attore inglese di ovvie origini indiane, visto nei nostri schermi su MTV nella serie “Skins”.
Irffan Khan , già visto in Un treno per Darjeeling e in altre produzioni americane, è il poliziotto che ascolta la storia del ragazzo. Vero e proprio divo in patria è Anil Kappoor, il conduttore dello show, ma che da noi risulta un emerito sconosciuto.
Marco cei