Firenze, 19 Dicembre 2007- La proposta di legge regionale sulla partecipazione (Pdl 214) è arrivata all’esame dell’Aula. Si propone come uno strumento innovativo per incentivare e diffondere nuove forme e nuovi metodi di partecipazione, attraverso la costruzione di nuovi istituti partecipativi, percorsi e regole condivise, tempi definiti in una fase preliminare che precede la vera e propria decisione. Si ispira agli ideali della democrazia deliberativa. La legge è costruita intorno a tre pilastri:
1.
istituzione dell'Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione: favorirà il Dibattito pubblico regionale sui grandi interventi, opere pubbliche o questioni di rilevante impatto ambientale e sociale. Il dibattito potrà essere promosso anche da chi realizza l’intervento, dagli enti locali interessati, dallo 0,5% dei cittadini residenti con più di sedici anni: fino a sei mesi di tempo (con possibilità di proroga motivata fino ad un massimo di tre mesi) per un confronto pubblico articolato su regole precise, nell’ottica della massima trasparenza, organizzato e condotto sotto la responsabilità di un organo “terzo”, indipendente e “neutrale”, l’Autorità, appunto.
Questa consisterà in un organo monocratico (costituito da una sola persona), eletto dal Consiglio regionale, con sede presso il Consiglio, ma possibilità di avvalersi del lavoro degli uffici della Giunta.
2. azione di sostegno e di supporto ai processi locali di partecipazione, siano essi promossi dagli enti locali che dai cittadini, o da altri soggetti. Possibilità per un ente locale, un gruppo di cittadini, un’associazione, un istituto scolastico o un’impresa, di presentare un progetto di processo partecipativo, intorno ad un oggetto ben definito e circoscritto, della durata massima di sei mesi.
L’Autorità regionale valuterà l’ammissione dei progetti presentati, sulla base di una serie di condizioni e requisiti indicati dalla legge. Il sostegno regionale ad un progetto può essere di tipo finanziario − sono già previsti stanziamenti per un milione di euro nel 2008 e un milione di euro nel 2009 −, metodologico (assistenza, consulenza, ecc.) o anche logistico (ad es., supporti informatici).
3. rafforzamento ed estensione, tramite una serie di modifiche alla legislazione regionale vigente, dei numerosi momenti di “partecipazione” che sono già previsti nelle politiche regionali e nelle procedure della programmazione della Regione Toscana.
La nuova legge fissa la propria durata in cinque anni, dal gennaio 2008 al gennaio 2013, la promozione e i contenuti di un Protocollo di intesa Regione-enti locali.
Il raccordo con la legge istitutiva dei referendum consultivi regionali: qualora sia stata ammessa una proposta di dibattito pubblico sui grandi interventi, non sarà ammesso referendum consultivo previsto dall’art. 76 dello Statuto che abbia oggetto anche in parte coincidente.
«So che l’assessore Fragai avrebbe avuto piacere che io e An fossimo convinti della bontà di questa legge. Non ne siamo invece affatto convinti». «Questa legge ha un bel papillon che apprezzo, e che è la durata a termine: se fosse così in tutte le leggi che facciamo, forse sarebbe molto meglio che avere una messe di leggi desuete».
«I problemi che questa legge si pone sono quelli di dare dignità e forma al processo di partecipazione cercando di disciplinarlo. Da un punto di vista strettamente istituzionale, nutro più di qualche perplessità sull’impostazione. Badate che la partecipazione è propedeutica alla rappresentatività elettiva, ma non la si può istituzionalizzare. Per altro, sotto il profilo della rappresentanza delle assemblee elettive di primo e secondo grado siamo ben forniti, ed è un sistema che o funziona o non funziona».
«Ma la partecipazione è un altro problema, ed è curato principalmente dalle assemblee elettive di livello più vicino al territorio, come le circoscrizioni. In questo senso il processo partecipativo si incentiva dandogli strumenti, non istituzionalizzandolo, perché così si crea un percorso parallelo che depotenzia la democrazia elettiva mettendo in piedi una cosa ontologicamente non corretta. Noi in questo equivoco ci siamo già caduti con il Consiglio per le autonomie, che non ha svolto ciò che doveva.
E’ stato un tentativo di istituzionalizzare le organizzazioni sindacali, e invece ci siamo trovati a litigare di qui e di là. Ci siamo già passati». «Insomma, dare strumenti alla partecipazione è un conto, irregimentarla in percorsi obbligati, invece, è un altro. Il che, per di più, fa male all’efficienza perché ritarda di nove mesi il processo amministrativo decisionale. E l’efficacia di questo processo? Ha potere di parere vincolante? Di interazione? No». «Allora, mi pare che questa sia una legge piena di buona volontà ma che non centra obiettivi corretti.
Mi pare il tentativo di evitare il comitatismo, che però non si evita così: il comitatismo si evita solo se i partiti politici fanno il loro lavoro. E in questa società frammentata sono i partiti in deficit in questo senso. Basti pensare a cosa accade quando si strutturano le liste per i consigli comunali: si prende Tizio che rappresenta l’Arci, Caio perché rappresenta i sindacati, un altro per i pensionati… insomma: invece di diventare sintesi di interessi, andiamo a cercare i gruppi di interesse».