“Tu proverai come sa di sale lo pane altrui”
Dante, canto XII del Paradiso
Da noi il pane è senza sale. E lo è a causa di quella rivalità secolare tra Pisa e Firenze. Pare che nel corso dell’anno 1100 i pisani bloccarono il commercio del sale che giungeva nel porto di Pisa per privare i fiorentini di una risorsa fondamentale, in modo da convincerli ad abbandonare le armi. Ma invece di abbandonare le armi, preferirono abbandonare il sale. Secondo un'altra tradizione, il sale era semplicemente troppo costoso, ma direi che la storia legata a Pisa sia la più appetibile e quindi io la prenderò come la vera ragione del pane “sciocco”.
Ogni volta che entro dal mio fornaio, divento matta per tutti i tipi di pane che escono a quelle ceste dietro il bancone.
Ci sono i panini all’olio, con i quali da piccola facevo merenda, perché il fornaio passava alle quattro con la sua ape arancione con un’infornata calda calda dei suddetti panini e di schiacciata all’olio. Quella sì che era una merenda vera! Il pane più sfornato è senz’altro il cosiddetto “pane toscano” . Il “pane toscano” si produce con farina di tipo O, impastata con acqua e lievito di birra; lo si trova di varie forme; la crosta è dorata e croccante, mentre la mollica è bianca.
Un altro prodotto del forno che merita sicuramente di essere citato è la bozza pratese.
Venticinque panificatori della zona di Prato si sono riuniti in un Consorzio per far sì che tale prodotto sia preparato con lievito naturale e con metodologie codificate, atte a conferire i tratti specifici di un prodotto di secolare tradizione. L’impasto è di farina di grano tenero, acqua e lievito naturale appunto. La tipica forma tozza-rettangolare, ovvero la «bozza», deve essere del peso di circa un chilo. La vera «bozza pratese» deve essere cotta nel forno a legna e presentare una crosta di colore scuro imbiancata dalla farina.
Ma anche la provincia di Pisa ci riserva una gradita sorpresa: il pane di Montegemoli.
Da questo piccolo borgo dalla forma caratteristica arriva un pane davvero speciale.
L’impasto è ottenuto con una farina di “tipo 2” che, contenendo le ceneri della macinazione, la fibra e il germe del grano, crea un sapore e una consistenza unica. Il «pane di Montegemoli», venduto il giorno successivo alla sua cottura, è morbido e di colore giallo ocra. Anche il Mugello ha il suo “tesoro” ed è ottenuto grazie al lavoro di tanti soggetti locali e all’uso di un frumento tenero, coltivato da aziende agricole locali e macinato da un mulino a pietra alimentato ad acqua.
E il pan di ramerino? Chi è che non ha mai fatto merenda con questa deliziosa creatura? La ricetta è rimasta pressoché invariata nel tempo e oltre alla farina di grano tenero, lievito e acqua, nell’impasto si trovano foglioline di rosmarino leggermente soffritte in olio d’oliva e uva passa. La forma è grande quanto un «pugno» chiuso e si trova tutto l’anno dal fornaio, anche se una volta era un pane tipico del periodo pasquale.
Un pane goloso, sfizioso e non necessario alla sopravvivenza è la ficattola .
Tipica del Mugello, anche se la si trova in altre zone con altri nomi, questa focaccia è ottenuta mescolando farina di grano tenero, olio d’oliva, lievito, acqua e sale; il composto ottenuto viene successivamente diviso in pezzi di 10-15 cm, sui quali si pratica un taglio longitudinale, che dopo vengono fritti in olio bollente.
Vi sono tanti altri tipi di pane della Garfagnana, del Casentino, di Pontremoli; dolci, salati, fritti; focacce; con rosmarino, salvia, aglio. Ce n’è per tutti i gusti.
Basta avere la curiosità di scoprirli.
Vanessa Bof