Il Cimitero Monumentale delle Porte Sante - Basilica di S. Miniato, Firenze, l’Assessorato alle politiche sociali del comune di Firenze, i Monaci benedettini di S. Miniato a Monte, con il contributo del Comune di Bagno a Ripoli, presentano: Archètipo - Antologia di Edgar Lee Masters. Regia Riccardo Massai.
Con: Maria Cassi, Fulvio Cauteruccio, Italo dall’Orto, Marco Zannoni, Carlo Monni, Alberto Severi, Massimo Salvianti, Riccardo Ventrella, Stefania Stefanin, Giusi Merli, Massimo Grigò, Marcellina Ruocco, Daniel Dwerryhouse, Paolo Felicetti.
Domenica 7 ottobre 2007, dalle ore 16.30, il Cimitero Monumentale delle Porte Sante, che dalla metà del sec.
XIX circonda la Basilica e il Monastero di San Miniato al Monte, ospiterà una quarantina di attori che da altrettante postazioni fisse leggeranno ininterrottamente fino al tramonto le più belle epigrafi dell’Antologia di Spoon River (Spoon River Anthology), la celebre raccolta di poesie che il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicò tra il 1914 e il 1915 sul "Mirror" di St. Louis. Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un piccolo paesino della provincia americana.
Lo spettacolo è realizzato dalla Compagnia teatrale Archètipo per la regia di Riccardo Massai.
Il biglietto di ingresso costerà 10 Euro e sarà in vendita il 7 ottobre all'ingresso del Cimitero e in prevendita presso il Circuito Box Office e il Teatro Comunale di Antella. L'evento è stato voluto e organizzato dall'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Firenze, dalla Direzione dell'Unità Operativa Cimiteri Comunali (Signora Laura Tacconi) e dalla Comunità monastica.
Perché leggere Spoon River anche alle Porte Sante? Benché in proporzione infinitesimale molto e molto più piccolo di Trespiano, il cimitero delle Porte Sante, per la sua posizione, è davvero il Cimitero della comunità cittadina di Firenze: il dialogo visivo fra la città dei vivi e la sua necropoli è infatti costante ed evidentissimo.
Chi legge e ammira le epigrafi e i monumenti sepolcrali attorno alla millenaria basilica romanica di San Miniato al Monte, alzando lo sguardo vola dalla regione della memoria e della fantasia struggente al nostro presente che, nel bene e nel male, di quelle vicende sepolte dal tempo è in qualche modo esito e avanzamento.
«Fare uno spettacolo in un cimitero significa rivivere i luoghi della città riscoprendone l´essenza, il significato intrinseco. Dà serenità attraversare le lapidi, non c´è nessun senso di disagio.
Soffermandosi ad ascoltare una poesia di Spoon River sarà un modo per assaporare lo scorrere del tempo insieme a chi non c´è più: concezione anglosassone che riscopre il valore del silenzio e dove le liriche diventano preghiere laiche. Credo che l’Antologia di Spoon River sia uno spettacolo rigoroso, mistico. Diventerà un evento dove l´uomo potrà confrontarsi e misurarsi. Osservando lo spettacolo i visitatori spettatori forse chiederanno scusa a chi non c´è più del proprio vivere, abbracciando con pìetas l´incognito» (Riccardo Massai).
Il cimitero nasce alla metà dell'800 in luogo delle antiche coltivazioni agricole dei benedettini olivetani di San Miniato: già abbandonato il monastero dai monaci per i voleri bellici di Cosimo il Grande, il luogo perde la sua configurazione religiosa quasi del tutto.
La recupera in qualche modo in forza della riforma napoleonica delle sepolture: quei campi assieme ad alcune porzioni del monastero demolite diventano la necropoli di prestigio della Firenze di metà ‘800, la Firenze Capitale che inizia a seppellire qui alcuni dei suoi artisti e intellettuali di prestigio, dai Fratelli Alinari a Vamba Bertelli, da Collodi a Pellegrino Artusi, dagli scultori Romanelli a Vittorio Colcos, da Ida Baccini all'architetto Giacomo Roster, e ancora dal commerciante Francesco Pineider a illustri generali e burocrati del nuovo Stato unitario.
La tradizione continua per tutto il ‘900: Giovanni Spadolini, Pietro Annigoni, Vasco Pratolini, Giovanni Papini, Alessandro Bonsanti, Ottone Rosai, Odoardo Spadaro, Bruno Cicognani e, recentissimamente, il musicista Clemente Terni, il dantista Francesco Mazzoni e lo storico Giovanni Ferrara.
Il tutto in un contesto architettonico che mescola, come tipico nell'800, gli stili più vari, in un eclettismo fiabesco e quasi surreale: cappelle bizantine accanto a improbabili edifici vagamente assiri, da leziose edicole liberty a possenti chiesuole in stile neoromanico o neogotico.
Una corona immensa di scuri cipressi pare ergere una palizzata che difende il silenzio e la pace di una seconda città, nascosta e segreta, eppure visibilissima allo sguardo distratto della città dei vivi: è la città della memoria, la città monumento ove la morte si fa speranza di trasmissione e di sopravvivenza attraverso il ricordo di gesti più o meno eroici e di imprese (anche commerciali o industriali) più o meno grandiose. Non è così difficile dunque scorgere il legame almeno ideale con la celebre antologia poetica che sarà letta sulle terrazze delle Porte Sante, quelle terrazze che Mario Luzi ha magnificamente definito «gli spalti di pace di San Miniato», dove la memoria degli antichissimi martiri sepolti vicino alla Porta Santa della Basilica, forse il sito delle più antiche sepolture cristiane di Firenze, si salda con la memoria e la speranza del nostro presente invitato a salire alle Porte Sante, domenica 7 ottobre 2007, per tornare a confrontarsi, attraverso un capolavoro poetica della letteratura americana e attraverso la bellezza delle architetture e la magia di un'aura davvero suggestiva e quasi unica al mondo, col mistero della morte e la brama di futuro propria della nostra memoria.