Firenze, 18 settembre 2007- Per far questo, occorrono investimenti su infrastrutture leggere (come le reti telematiche) ed una governance di sistema che individui azioni condivise sul versante commerciale.
Sono questi i principali suggerimenti che emergono dalla ricerca dell'Osservatorio Regionale Toscano sull'Artigianato, promossa da Unioncamere Toscana in collaborazione con Regione Toscana, federazioni regionali di CNA e Confartigianato Imprese, sigle sindacali CGIL, CISL e UIL; curata dal Professor Lorenzo Zanni dell'Università di Siena assieme ad un gruppo di ricercatori dell'Università di Firenze, dell'Irpet e di Unioncamere Toscana.
Lo studio ha preso in analisi un campione di 160 aziende artigiane, nonché una serie di casi aziendali, dei distretti del TA di Prato ed Empoli, per individuare la loro evoluzione strutturale nel medio- periodo.
Si confermano alcuni tratti, già noti come caratteristici: marcate differenze fra imprese in conto proprio e contoterziste; scarsa diffusione di quelle miste conto terzi/conto proprio; difficoltà nel cambiare ruolo; diffusi rapporti di mono-committenza.
Continuano a scarseggiare i rapporti di subfornitura di secondo livello; prevalgono i rapporti di committenza locali; ed è ridotto lo spessore degli investimenti in innovazione. Rilevante, ma non cruciale, sembra essere la questione della crescita dimensionale. Sul fronte del mercato finale si osserva una tendenza alla frammentazione in numerose nicchie.
Prato ed Empoli: due sistemi locali in trasformazione
Tra il 1981 ed il 2001, le aree pratese ed empolese evidenziano una progressiva terziarizzazione, sebbene resti una forte specializzazione nel manifatturiero.
I sistemi si differenziano nell'evoluzione dei settori di specializzazione: perdono imprese le confezioni Empolesi, a causa della delocalizzazione di parte delle reti di fornitura; tocca solo alcune fasi, nel tessile di Prato (meno filatura e tessitura; più finissaggi, produzioni tessili diverse, tessuti a maglia e articoli in tessuto).
Anche l'impatto sulla componente artigiana appare divergente nei due distretti. Tra il 1991 ed il 2001 aumenta il peso delle imprese artigiane a Empoli (dal 39% al 45%); vi è una diminuzione di addetti artigiani nel tessile pratese (-26%) ma aumentano l'incidenza nelle confezioni (dal 54% al 64% del totale). Nel periodo 2001-2006: a Prato la riduzione di imprese artigiane nel TA appare generalizzata e pesante (-23,2%) e tocca il -22,1% a Empoli.
I processi di internazionalizzazione
Sono poche le imprese, in conto proprio che ammettono fasi/funzioni fatte all'estero e quelle c/terzi che hanno un fatturato significativo con committenti esteri.
La maggior parte degli intervistati ritiene, però, che abbia inciso negativamente lo spostamento delle commesse all'estero da parte di committenti locali L'analisi dei dati export, condotta con un metodo innovativo a livello di singola impresa, evidenzia che i flussi di commercio internazionale della Toscana solo in parte sono riconducibili ad operazioni di imprese toscane. Si stima, infatti, che circa il 40% del valore import e circa il 46% del valore export regionale di TA sia da imputare a imprese italiane che, pur non avendo sede in Toscana, utilizzano la nostra regione come piattaforma produttiva.
Le operazioni di internazionalizzazione produttiva più complesse hanno ancora uno spazio contenuto: circa l'80% dell'export di TA riguarda prodotti realizzati localmente; poche le azioni di delocalizzazione (circa 170 imprese coinvolte).
Per contro, circa 160 imprese toscane intercettano lavorazioni esternalizzate da imprese estere.
Nel tessile-abbigliamento è invece molto alto il ricorso all'importazione di prodotti afferenti a stesse fasi di lavorazione o successive a quelle dell'impresa importatrice, con evidenti conseguenze negative per le imprese terziste: oltre 570 imprese affiancano alla produzione una attività di intermediazione commerciale importando beni finiti o semilavorati (che rappresentano oltre il 50% delle importazioni di TA da parte di imprese del settore).
Si evidenziano, tuttavia, anche flussi governati da logiche opposte con alcune imprese che esportano beni non afferenti alle proprie lavorazioni, ma che si collocano spesso a valle delle loro lavorazioni.
Competenze critiche e relazioni distrettuali
Nelle due aree analizzate cambiano le tipologie di prodotti realizzati e si osservano anche i primi tentativi da parte delle imprese in conto proprio a spostarsi sulla rivendita di articoli prodotti da terzi.
In generale le imprese tendono a spostarsi più a valle per cercare maggiore valore aggiunto, ampliando le produzioni e diversificandosi su più nicchie, secondo due linee di sviluppo: dal tessile alla maglieria; dalle confezioni alla maglieria.
Preoccupa che ancora il 64% delle confezioni e l'84% del tessile dichiari di operare su fasce di bassa o media qualità, nonostante alcuni fenomeni di upgrading di prodotto.
Soffrono meno le imprese in conto proprio rispetto alle contoterziste, soprattutto quelle monofase.
Gli unici terzisti con risultati in crescita o stabilità sono quelle imprese che alle lavorazioni manifatturiere hanno associato fasi a monte e a valle.
Nei rapporti di fornitura, si preferiscono quelli infra-distrettuali e aumenta il peso di subfornitori con pochi committenti o monocommittenza: oltre il 50% ha un committente che impone specifiche di lavorazione; nel 37% il committente, pur definendo le specifiche, accetta la collaborazione; nel 36% si definisce insieme cosa fare.
Quasi il 50% delle imprese contoterziste ha rapporti di tipo collaborativo con i committenti; il resto dei rapporti o è di puro mercato o è di natura gerarchica. L'accresciuta pressione esterna (guerra dei prezzi, allungamento dei tempi di pagamento, moltiplicarsi delle contestazioni) ha reso più difficile il rispetto di alcune regole di comportamento.
Nuovi modelli imprenditoriali: imprese leader, successione imprenditoriale e imprenditorialità cinese
Il problema della successione imprenditoriale è una delle concause delle difficoltà del mondo artigiano, già restio a perseguire strategie di aggregazione e di creazione di reti.
La nuova generazione sta sperimentando un doppio processo formativo (si lavora in azienda e al contempo si studia) creando un gap valoriale ma anche un'occasione di rinnovamento aziendale. Tuttavia, l'attuale sistema di formazione professionale ha difficoltà di dialogo con gli artigiani.
L'emergere di imprenditoria cinese sta modificando il volto del TA nei due distretti: nel 2006 si stima che le imprese individuali con titolare cinese rappresentino il 59,5% a Empoli e il 52,9% a Prato. L'affermazione della comunità cinese (analizzata attraverso 50 interviste a imprese e 2 casi aziendali) è vista come elemento positivo della trasformazione del distretto tessile pratese verso un vero "distretto moda".
Tra le peculiarità delle strategie delle imprese cinesi: segnali di upgrading della qualità, inserimento nella fase di commercializzazione, presidio di alcune forme distributive (ambulantato, negozi in centri storici).
Per le associazioni di categoria e gli enti locali, l'imprenditoria etnica rappresenta un importante interlocutore ma ancora poco si interfaccia con le istituzioni.
Tra i possibili scenari futuri c'è il rischio concreto di perseguire un modello di "distretto nel distretto" con due comunità che non si incontrano.
Per evitare questo rischio le misure di policy dovrebbero proseguire sul versante sociale, per favorire l'integrazione e ridurre la distanza culturale, favorire l'emersione anche con possibili meccanismi premianti nell'accesso alla nazionalità italiana, favorendo un'immigrazione "stanziale" e non di tipo "nomade". Le prospettive evidenziano criticità anche per gli imprenditori cinesi legate a questioni come: successione; futuro delle produzioni Made in Italy; difficoltà di sbocco nei mercati emergenti.
Il punto di vista di Luca Rinfreschi - Vice Presidente di Unioncamere Toscana
"E' una realtà in continuo movimento quelle imprese del comparto tessile e abbigliamento che operano nei distretti di Prato ed Empoli.
Una dinamicità difficile da fotografare e con tante contraddizioni, ma che senza dubbio è il frutto del coraggio di tanti imprenditori che vogliono continuare a lavorare nel campo della moda e che vedono prospettive per le proprie attività. Non possiamo continuare a parlare di crisi facendo il confronto con la realtà che i nostri distretti vivevano prima del 2001; da allora sono successe tante cose, la concorrenza asiatica si è fatta più accesa, tante imprese dei nostri territori hanno chiuso, ma molte altre sono rimaste aperte, mettendo a punto nuove strategie.
La capacità di fare prodotti di alta qualità, di fornire un elevato livello di servizio al cliente, di lavorare su piccole serie introducendo innovazioni continue nelle lavorazioni, sono il frutto di strategie aziendali che credono che questi fattori rappresentino un vantaggio competitivo. Seguendo questa direzione il tessuto produttivo artigiano può giocare un ruolo importante che lo veda protagonista. E' necessario quindi incentivare la crescita qualitativa dei prodotti, sviluppare e accrescere le competenze, non solo manifatturiere, anche nel contoterzismo."