A metà strada tra poesia, teatro e musica, La lingua nascosta della luna sarà una giornata-evento dedicata alla poesia, all’eros e al jazz, a cura della Società Musicale ”Michelangiolo Paoli” di Campi Bisenzio (Firenze).
La giornata sarà articolata in due momenti. A “cantare” la luna di fine agosto sul cielo di Firenze saranno prima Alda Merini, la più grande poetessa italiana, poi due attori, Carlo Monni e Valentina Banci, insieme con i venti musicisti della Sunrise Jazz Orchestra diretti da Stefano Rapicavoli.
Si parte alle 18, alla Biblioteca delle Oblate.
Qui Alda Merini parlerà di luna e, inevitabilmente, di poesia. «La poesia non fa più notizia, non ha più il fascino decoroso delle favole e ancor più della preghiera – dice la Merini –. La poesia è scomoda, come è scomoda la verità». Di questa poesia scomoda sarà testimone, questa volta, Andrea Salvatici, 43 anni, fiorentino trapiantato a Milano, che ha appena pubblicato per i tipi de La Meridiana la sua ultima raccolta di poesie, La lingua nascosta della luna, che dà il titolo alla giornata.
«Il nuovo libro di Andrea Salvatici è di una bellezza incomparabile perché la luna ha compiuto un viaggio terrestre attraverso i suoi versi». Sono queste le parole che Alda Merini usa per descrivere la raccolta del poeta fiorentino, di cui ha redatto la prefazione. Il viaggio di cui parla la Merini - per cercare tra parole, suoni ed emozioni la profonda e ancestrale lingua che si fa udire solo da chi la sa ascoltare - continua con la seconda parte di serata, alle 21.30 al Forte Belvedere.
Questa volta saranno due attori e venti musicisti a “cantare” la luna. Tra eros e jazz, Carlo Monni e Valentina Banci leggeranno e interpreteranno le poesie di Salvatici mescolando le loro voci a quelle degli strumenti della Sunrise Jazz Orchestra, formazione di venti elementi diretta da Stefano Rapicavoli. A fare da sottofondo, l’erotismo delle liriche di Salvatici. “Da un ago di pino/la luna/allungherà il naso/e leccherà/il bastone di Pan”, scrive nei primi cinque versi della sua raccolta.
«Nelle poesie di Salvatici - dice la Merini - riconosco la voglia di affidarsi alla vita, al gioco, alla verità, all’eros senza bisogno di nascondersi, con coraggio e libertà». Libertà e coraggio che erompono intensi, fuori da ogni schema, dalle sue liriche, da brevi e folgoranti poesie che si snodano tra “costole scarne, diosperi e lingue moderne… boschi notturni e riparati, selve satiriche, turgori, aghi di pino e schiene inarcate di umani infoiati… Tra il desiderio di prolungamento di amplessi passati e la prefigurazione di quelli a venire” come scrive nella postfazione al volume Francesco Recami.
Un erotismo ancestrale, potente, coinvolgente, totale, senza colpe o intellettualismi, “senza risatine e darsi di gomito” ma vero, squassante, dirompente, tanto naturale quanto necessario, proprio come la voce della luna. Un erotismo che, attraverso la voce antica e virile di Carlo Monni e quella sensuale e profonda di Valentina Banci, salirà confuso e mescolato tra le voci degli strumenti della Sunrise Jazz Orchestra sul cielo di Firenze in cerca della voce della luna, «sperando – sono parole di Alda Merini – che la luna quella sera rinnovi il miracolo e di nuovo compia un viaggio terrestre attraverso i versi di Andrea Salvatici».
ALDA MERINI
La sua poetica, fatta di ardente visionarietà e profonda, ma al tempo stesso sommessa, inquietudine, la colloca tra le maggiori autrici del Novecento.
Nasce a Milano nel 1931, ed è la minore di tre fratelli. Dopo le scuole professionali cerca, senza riuscirci, di superare l’ammissione al Liceo Manzoni. Ma a soli 15 anni, grazie a Giacinto Spagnoletti, scopritore del suo talento, esordisce come autrice. Nel 1951, su suggerimento di Eugenio Montale e della Spaziani, l’editore Scheiwiller stampa due poesie inedite dell’autrice in Poetesse del Novecento.
Tra il 1950 e il 1953 la Merini frequenta per lavoro e per amicizia Salvatore Quasimodo. Nel 1953 sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano. Nello stesso anno esce il primo volume di versi, La presenza di Orfeo, e con esso anche la prima figlia, Emanuela: al medico curante della bambina la Merini dedica la raccolta di versi Tu sei Pietro, pubblicata nel 1961. Inizia un periodo di silenzio e di isolamento, dovuto all’internamento al Paolo Pini, intervallato da alcuni ritorni in famiglia (durante i quali nascono altri tre figli) che dura fino al 1972.
In quell’anno la Merini scrive i suoi testi più intensi, sulla sconvolgente esperienza in manicomio, il primo è La Terra Santa. Muore il marito (1981), due anni dopo sposa il poeta Michele Pierri e va a vivere a Taranto. Torna a Milano nel 1986, dopo aver sperimentato gli orrori del manicomio di Taranto. Segue un periodo molto prolifico, in cui nasceranno Delirio amoroso (1989) e Le parole di Alda Merini e, nel 1993, le viene assegnato il premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la poesia, che la accosta a scrittori come Caproni, Luzi, Zanzotto e Fortini.
Alla fine degli anni Novanta la produzione di aforismi diventa ricca, e nel 1999 vengono raccolti in Aforismi e magie (Rizzoli). Nel 2004 Einaudi pubblica Clinica dell’abbandono, raccolta di versi dalla fine degli anni Novanta in poi. Nel 2004, per i 73 anni, viene eseguito un recital al teatro Strehler di Milano e presentato un disco in cui Milva canta i versi della poetessa. Del 2005 è la raccolta Le biglie d’oro (Scheiwiller), il 2006 vede, invece, un avvicinamento al genere noir, con La nera novella (Rizzoli).
CARLO MONNI
Nato il 23 ottobre 1943 a Campi Bisenzio, Firenze, è stato definito “il diamante grezzo della comicità toscana”.
Il regista Angelo Savelli, con cui ha proposto molti dei lavori teatrali degli ultimi anni, lo chiama “il poeta contadino”. Monni esordisce con spettacoli nei locali e nelle feste paesane della sua zona, dove incontra Roberto Benigni, con cui stringe un lungo sodalizio artistico e umano: nel 1977 fanno il “grande salto” di notorietà insieme, approdando su Rai 2 nel programma di Renzo Arbore L’altra domenica”. Verace, irriverente, anarcoide, bastano forse tre degli oltre cento lavori cinematografici e teatrali a cui Monni ha preso parte a delinearne un ritratto: da Berlinguer ti voglio bene di Bertolucci, con un giovanissimo Benigni, a Utopia di Luca Ronconi, fino allo straordinario successo (ignorato dalla critica) ottenuto con Pinocchio insieme ad Alessandro Paci e Massimo Ceccherini.
Tra le altre pellicole a cui ha preso parte e che ne dimostrano l’eclettismo, basti citare Tu mi turbi (1983) di Roberto Benigni, Non ci resta che piangere (1984) di Roberto Benigni e Massimo Troisi, Speriamo che sia femmina (1985) di Mario Monicelli, Caruso Pascoski di padre polacco (1988) di Francesco Nuti, Tutti giù per terra (1997) di Davide Ferrario, Fughe da fermo (2001) di Edoardo Nesi. Negli ultimi anni la vera passione di Monni, cresciuta in modo sempre più viscerale, è la poesia.
Ed è questa che ripropone in ogni suo spettacolo: da Dante a Cecco Angiolieri, da Cecco da Varlungo a Boccaccio e i Bernascanti, da Pietro Aretino passando per le liriche di Shakespeare.
Oggi vive - con la sofferenza e la ribellione di un vero artista - il disagio di un mondo che si è allontanato dagli schemi e dai valori di una civiltà millenaria, quella della campagna toscana. E continua a trovare un appiglio nella poesia. «La poesia mi appartiene - dice Monni - mi è attaccata come un’amante.
Avvicinarsi alla poesia è un modo per salvarsi e sollevarsi da questo mondo che non dà alcun brivido. Nella poesia si può ancora trovare il brivido. Specie i ragazzi. Ma anche le ragazze: con la poesia gli può crescere l’eros, la grazia, la femminilità. Se cominciano a respirarla quando hanno 17 o 18 anni, a 25 son fenomenali».
Carlo Monni sapientemente, ed in maniera del tutto naturale e involontaria, sa, da una vita, coniugare lo schietto e forte linguaggio da casa del Popolo, la ruralità fiera di generazioni scomparse, la contadinità senza eleganza ma vera, piena, sanguigna, con gli alti versi, con quella cultura alta che a prima vista sembra fare a cazzotti con la foga tutta toscana del Monni nostrano, sempre più Bukowski.
VALENTINA BANCI
Dopo il diploma alla Bottega Teatrale di Vittorio Gassman, a Firenze, frequenta un corso di perfezionamento per attori della Regione Toscana, guidato da A.
Piccardi e Daniela Bonch (1994), e “Teatro e Musica”, un laboratorio per attori, cantanti lirici e registi indetto dall’Accademia Silvio D’Amico di Roma. Del 1992 l’esordio a teatro, con ECUBA di Euripide, per la regia di Claudio Pugliesi. Del 2000 LA NARA, progetto della stessa Banci e Alessia Innocenti (con la regia di Alessia Innocenti), che si aggiudica il Premio Teatro Giovane indetto dal Teatro Stabile della Toscana. Nel 2003 e 2004 la Banci lavora con Carlo Monni in L'AMORE E' QUEL CHE CONTA (di Monni e Casaglieri, Teatro Stabile della Toscana) e SALE (regia di I.
Occhipinti, con Carlo Monni). L’esordio in tv è con DONNA DI PIACERE (1996), ma il suo volto diventa noto al grande pubblico grazie alla serie di Raitre LA SQUADRA (2005) e a UNA DONNA PER AMICO, di Rossella Izzo.
SUNRISE JAZZ ORCHESTRA
Nata nel 1993 come formazione jazz all’interno della Società Musicale Michelangiolo Paoli di Campi Bisenzio - storica associazione della provincia di Firenze fondata nel 1816 - la Sunrise Jazz Orchestra fa della provenienza bandistica di una parte dei suoi musicisti la propria, originale, caratteristica.
Lo stile dell’orchestra è orientato verso la musica jazz d'intrattenimento - dal latin, al blues, al funky. A creare un insieme colorato e coinvolgente contribuisce lo straordinario apporto della cantante italo-canadese Maria Loscerbo, da oltre quattro anni voce della Sunrise. Diretta da Stefano Rapicavoli, l'orchestra ha all'attivo collaborazioni illustri, come quelle con Gianluigi Trovesi, Marco Tamburini, Nico Gori, Stefano "Cocco" Cantini, Rudy Migliardi, Stefano Bollani, Mathias Schubert, Ed Neumester, Pietro Tonolo, Mirko Guerrini, Roy Paci e Fabrizio Bosso.
Oltre a essere una delle protagoniste dell'estate fiorentina, ha tenuto concerti in molti locali della Toscana e dell'Italia Centrale, e organizza il Campi Jazz Festival, giunto alla nona edizione.